Recensione Imago Mortis

Una favola nera tutta italiana... o quasi.

Recensione Imago Mortis
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Paura, morte, destino, verità sono parte dei temi affrontati da Stefano Bessoni in questo suo primo omaggio al cinema di genere; dopo il sentito ritorno di Pupi Avati con Il nascondiglio e in parallelo alla rinascita del cinema horror di matrice spagnola. Guarda caso uno degli sceneggiatori del film - oltre al regista - è Luis Berdejo, che collaborò con Paco Plaza e Jaume Balagueró alla stesura dello script di Rec. Ma non solo, Bessoni è anche un talentuoso illustratore - il suo stile scheletrico-dark si avvicina molto a quello di Tim Burton; dal 1998 al 2001 ha inoltre collaborato con Avati e dal 2000 è docente di regia cinematografica presso la NUCT (Nuova Università del Cinema e della Televisione) a Cinecittà. Un autore insomma che sa il fatto suo. Imago Mortis rispecchia tanto le ambizioni del regista quanto la sua personalità: si tratta di una co-produzione italo-spagnola-irlandese recitata in lingua inglese (per agevolare una copertura internazionale); ma è anche una ghost story originale e visivamente evocativa. Un progetto decisamente importante per il nostro cinema, relegato per lo più ai cinepanettoni e ai drammi esistenziali-giovanilistici.

La storia

Nel 1600, molto tempo prima dell’invenzione della fotografia, uno scienziato di nome Girolamo Fumagalli (Franco Pistoni) era ossessionato dall’idea di riprodurre le immagini. Nel corso dei suoi esperimenti scoprì la “Thanatografia”, una macabra tecnica per mezzo della quale, uccidendo una persona e rimuovendo poi i suoi bulbi oculari, era possibile riprodurre su un supporto sensibile l’ultima immagine fissata sulla retina della vittima. Un macabro rituale che si intensificò col tempo fino a quando, scoperto, Fumagalli venne condannato a morte e giustiziato.
Oggi, Bruno (Alberto Amarilla), studente spagnolo di regia presso la scuola internazionale di cinema Murnau (altro sottile riferimento al cinema gotico) ha delle orrende visioni che lo allontanano sempre più spesso dalla realtà. Deriso dai suoi compagni di studio e dal temuto professore Gustav Olinski - soprannominato Caligari a causa della sua fissazione per il cinema espressionista - cerca e trova l'appoggio della bella Arianna (Oona Chaplin). Grazie a sconcertanti rivelazioni di personaggi chiave, Bruno troverà finalmente un nesso logico tra passato e presente, anche se la verità costerà la vita a molte persone a lui care.

Catturare la morte attraverso gli occhi

Imago Mortis è un film semioticamente interessante che si disfà di un genere unico e rappresentativo: inizia il suo percorso riesumando il thriller gotico, poi ammicca ai torture-porn americani e alle ghost story europee fino a raggiungere nelle fasi finali il “complottismo” alla Roman Polanski. E' anche citazionistico giacché le atmosfere richiamano i classici dell'espressionismo tedesco, i film anni cinquanta della Hammer e il cinema italiano dominato da Bava, Fulci, Freda e Avati. Da questo punto di vista la fotografia di Arnaldo Catinari si conferma un tassello fondamentale alla creazione della condizione umana destabilizzante vissuta dal protagonista. Bruno è infatti preda delle immagini elaborate dalla sua mente, nonché avaro collezionista di attimi (in primis i suoi, catturati ogni mattina al suono della sveglia). Un'ossessione, quella per la fotografia, che si rende evidente in alcuni momenti utopici, quando Bruno, durante le lezioni, invece di prendere appunti preferisce realizzare uno schizzo dell'oggetto in questione.

Il cast, di tutto rispetto, si comporta egregiamente, specie la famiglia Chaplin - Geraldine e la figlia Oona, per la prima volta riunite sotto lo stesso tetto. Il non dare spazio all'idea commerciale di bellezza (che sia umana o scenografica) è un'altra scelta coraggiosa adottata dal regista: Oona infatti, nonostante buchi lo schermo, ha sempre i capelli raccolti e un'aria sbarazzina, in linea col peggioramento via via sempre più decadente del compagno. La scelta di Alberto Amarilla nel ruolo del protagonista si è dimostrata anch'essa una scelta azzeccata: la barba incolta, gli occhi lucidi e l'aspetto trasandato collimano con i suoi stati febbricitanti e paranoici. Tutti i personaggi, in genere, spiccano per eccentricità e un finto lassismo.
Purtroppo dove la pellicola cade è nel mantenimento del ritmo, nel creare paura e nell'organizzazione della tensione. Che poi il lavoro più grosso, nei saltuari momenti di panico, venga affidato al suono e non alle immagini, è un chiaro segnale di allarme.

Imago Mortis Imago Mortis è un film che gioca sul tema dell'ossessione: per la cinematografia, per la fotografia, per la paura, per il successo. Argomenti, come detto in apertura, dei quali il regista si fregia per poi tramutarli in materie d'esame per gli studenti nel film - creando sempre più stratificazioni interpretative che ne arricchiscono i contenuti. Peccato che, alla fine, tutte queste buone idee non si incastrino perfettamente al girato, finendo per tediare lo spettatore con immagini fotocopie, un andamento generalmente lento e fin troppo didascalico per coinvolgere a 360°. A dispetto del trailer, un film poco commerciale e impressionante, di certo adatto ai cinefili che antepongono l'atmosfera al fattore sorpresa.

6

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