Recensione Il sangue dei Vinti

Francesco Dogliani ha deciso di condurre la propria, personale guerra

Recensione Il sangue dei Vinti
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Ritorno al passato

Una piega divenuta realtà. Magari, il cinema italiano non è ancora tornato a brillare di luce propria e, con ogni probabilità, il più medio della media degli spettatori non avrà nulla da ridire a riguardo. Bisogna però ammettere che le pellicole tricolore stanno prendendo, a giudicare dagli ultimi anni, una direzione (forse piacevolmente) ben definita, riscoprendsi nell'attraversare nuovamente le vie insidiose del cinema storico e sociale, lo stesso che tanto ha avuto modo di dare alla settima arte in tempi non sospetti.
L'ultimo ad affrontare l'arduo percorso è stato il redivivo e sempre eccellente Michele Soavi ( Dellamore Dellamorte, La setta), tornato a sfondare il grande schermo dopo due anni di assenza e ad impugnare cineprese come fossero mitra letali.
Tratto dal libro omonimo di Giampaolo Pansa, sceneggiato dal leggendario Dardano Sacchetti (già collaboratore di Soavi) e da Massimo Sebastiani, Il sangue dei vinti è un'opera atipica nel panorama italiano nonostante il suo essere un prodotto classico e per certi aspetti ridondante.

Una storia..

Roma, 1943: Francesco Dogliani (Michele Placido) è un poliziotto senza macchia, costretto a vivere un'epoca che non riesce a riconoscere come propria e di cui sente il peso schiacciante. Poco prima del bombardamento al quartiere romano di San Lorenzo, Dogliani scopre il cadavere di una prostituta legato e giustiziato nel proprio appartamento.
Proprio mentre si accinge ad esaminare il corpo della donna iniziano a cadere le bombe e Dogliani, prendendo con se la piccola figlia della donna, riesce a fuggire dall'abitazione, lasciando il cadavere sepolto dalle macerie.
L'uomo giura giustizia mentre una guerra senza onore continua ad incalzare, costretto a vedere la propria famiglia scissa da convinzioni ed ideali politici fatti di pargiani e fascisti, entrambi carichi di odio ma nel profondo accomunati dagli stessi metodi barbari. Inizia così un intenso percorso storico e drammatico che segue le vicende di Dogliani dal bombardamento di San Lorenzo agli anni '70, anni in cui, finalmente, riesce a trovare gradualmente la propria e meritata pace dei sensi.

La linea di confine

Quella rappresentata da Il sangue dei vinti è una splendida occasione. Vuoi per riflettere sull'effettiva posizione del movimento partigiano, vuoi per offrire un'interessante drammatizzazione degli eventi che hanno toccato così da vicino la nostra nazione, il film si pone sopra le parti, avvicinandosi forse più alla mera narrazione che all'effettivo resoconto storico. Nulla da rimproverare agli sceneggiatori però, posto in essere che fosse proprio loro intenzione (per loro stessa ammissione) quella riportare il racconto e lasciare lo sfondo storico, seppur presentissimo, appunto uno sfondo.
La storia è toccante, la trama avvincente ed i colpi di scena piacevolissimi nonostante la loro - a tratti - squisita semplicità. Il punto debole però, spiace dirlo, è l'annullamento pressochè totale della linea di confine tra cinema e sceneggiato televisivo (pecca che ormai è divenuta costante del cinema italico, colpa forse di produttori o di spettatori, in ogni caso triste realtà dei fatti). Michele Soavi è uno dei registi affermati di maggior talento presenti sulla penisola, reduce di apprezzatissimi lungometraggi e storico collaboratore di Argento, Gilliam e Joe D'Amato. Un professionista che conosce alla perfezione il suo lavoro e che sa bene come svolgerlo, ma che, purtroppo, in questo caso ha lasciato che scelte - forse esterne - prendessero il sopravvento sul prodotto finale. Il sangue dei vinti rimane, nonostante ciò, un film pregevolissimo, girato benissimo, seppur in maniera molto meno 'Soavi' di quanto ci si chiaramente aspetti, pago di una fotografia scura, nitidissima e saturata. Una fotografia dove lo stesso sangue perde di umanità.
Ottima la prova dell'attore protagonista (Placido), nella realtà rosso come pochi altri e nel film costretto a vestire le nere vesti fasciste.

Il sangue dei Vinti Un film piacevole, forse a tratti pedante ma senza sbavature eccessive. Sofferente di una somiglianza eccessiva al target televisivo, ma che, nonostante ciò, mantiene la propria personalità quasi intonsa. A prescindere da ciò una vera e propria goduria per gli occhi.

6

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