Recensione Il ricatto

Elijah Wood in un thriller iberico a sfondo musicale

Recensione Il ricatto
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Visto l’anno scorso nel sorprendente remake di Maniac, Elijah Wood torna al Torino Film Festival con Grand Piano, il film dello spagnolo Eugenio Mira scelto per chiudere questa trentunesima edizione. Al suo fianco (si fa per dire, dato che recita quasi solo con la voce) John Cusack, suo antagonista in un teso thriller dalle atmosfere hitchcockiane. Wood interpreta Tom Selznick, il più grande pianista della sua generazione, almeno fino alla notte in cui si è bloccato sul palco senza riuscire più a suonare. A causare l’incidente fu La Cinquette, difficilissimo solo per pianoforte non a caso soprannominato “il brano impossibile”. Oggi, a cinque anni da quel concerto, Tom torna ad esibirsi per ricordare il suo amico e mentore Patrick, scomparso di recente, ma anche e soprattutto per affrontare finalmente il suo demone. Una volta sul palco però il rischio di una nuova gaffe sarà l’ultimo dei suoi pensieri, considerato che nello spartito troverà il messaggio di un pazzo assassino che lo tiene di mira nascosto da qualche parte nel teatro, minacciando di ucciderlo se non farà esattamente quello che gli dice.

La Cinquette

Finanziata dall’iberica Nostromo Pictures e prodotta da Rodrigo Cortés - il regista dell’interessante Buried ma anche del fiacco Red Lights - Grand Piano è la classica produzione di genere dal cast internazionale cui ci sta abituando negli ultimi anni il cinema spagnolo. Ovvero quel tipo di film popolari che purtroppo noi non sembriamo più capaci di fare.
Tuttavia non tutto funziona nel film di Mira. Sorretto da un’altra ottima prova di Wood (che suona per davvero sul set dopo mesi di lezioni), Grand Piano scorre veloce e diretto per i suoi scarsi novanta minuti, tenendo sulle spine lo spettatore con un gran ritmo e qualche dosata spruzzata di ironia. Del resto il rischio noia era dietro l’angolo, con un film tutto incentrato su di un pianista in azione durante un concerto.

Mira invece riesce a rendere dinamica la visione, con un abbondare un po’ barocco di carrelli e dolly avvolgenti e un’escalation dell’azione che trasforma il duello a distanza in scontro diretto, una chiusura efficace ma molto prevedibile. Tuttavia a pagare il prezzo di un ritmo così dinamico è il punto di partenza, l’immobilità del protagonista, che Mira cerca sempre di negare muovendo costantemente la macchina da presa attorno e sopra il pianoforte, senza concedersi qualche costruzione più ricercata se non uno split-screen con lenta zoomata alla De Palma. Resta poco così della celebre sequenza del concerto in L’uomo che sapeva troppo, uno dei più grandi momenti di tensione hitchockiana cui Mira guarda inevitabilmente. Ma ancor più di questo, a lasciare in bocca il sapore dell’occasione sprecata è soprattutto la sceneggiatura, che mal nasconde buchi grossi come crateri.

Scritto da Damine Chazelle, cui si deve il non troppo mirabile seguito di The Last Exorcism, Grand Piano può esser letto come una grande metafora sul talento e sulla paura che può comportare esibirlo. Il personaggio di Wood infatti è bloccato da anni su La Cinquette, e solo quel brano potrà aiutarlo in quest’assurda circostanza. Ma a determinare tutto il meccanismo narrativo Chazelle pone un evento scatenante che non ha davvero alcun senso, forzatura inverosimile che serve solo a giustificare malamente la situazione di partenza del film. Premesso che pretendere l’assoluta verosimiglianza nel cinema è quanto di più noioso e sbagliato si possa fare, Grand Piano sembra davvero aspettarsi troppo dalla nostra sospensione dell’incredulità, specie considerato cosa ci offre in cambio.

Il Ricatto Interpretato da un ottimo Elijah Wood, il film di Eugenio Mira è un divertente esercizio di suspense, dotato di un buon ritmo e di un’intrigante situazione di partenza. Peccato che a giustificarla vi sia una motivazione davvero troppo inverosimile da mandare giù, che lascia a fine visione il forte sapore dell’occasione sprecata.

6

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