Il Grande Match, recensione del film con la coppia Stallone-De Niro

Gli invecchiati (bene) Rocky Balboa e Jake LaMotta nel film Il Grande Match, con Robert De Niro e Sylvester Stallone.

Il Grande Match, recensione del film con la coppia Stallone-De Niro
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Ne sono trascorsi di anni, ring e, soprattutto, cazzotti, da quel giorno in cui, nel lontano 1976, l'allora poco conosciuto Sylvester Stallone indossò i calzoncini e i guantoni del pugile di Filadelfia Rocky Balboa, protagonista del Rocky di John G. Avildsen che gli fece anche ottenere una duplice candidatura al premio Oscar per l'interpretazione e la sceneggiatura.
Il Rocky Balboa tornato a menare le mani in ben cinque sequel - tutti diretti dallo stesso Stallone, ad eccezione di Rocky V, girato da Avildsen - realizzati tra il 1979 e il 2006, i quali hanno contribuito a trasformare il personaggio in una vera leggenda dello sport da grande schermo.
Ma non è poco neppure il tempo trascorso dal 1980, anno in cui, sotto la regia del grande Martin Scorsese, Robert De Niro incarnò nel biografico Toro scatenato il brusco pugile peso medio Jake LaMotta, ruolo che gli permise di aggiudicarsi l'ambita statuetta grazie a quella che è rimasta una delle più intense interpretazioni della storia della Settima arte.
Con ogni probabilità, quindi, tutt'altro che piccola sarà stata la fetta di fan e spettatori che, nel frattempo, ha nutrito più o meno in segreto il sogno di vederli l'uno contro l'altro nel corso di quello che, senza alcun dubbio, non potrebbe essere giudicato altro che un grande match.

Tori ancora scatenati

Grande match che, su sceneggiatura dei televisivi Rodney Rothman e Tim Kelleher, provvede a concretizzare su celluloide il Peter Segal regista, tra l'altro di Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale con Leslie Nielsen e L'altra sporca ultima meta con Adam Sandler.
Infatti, pur non riprendendo, ovviamente, i rispettivi personaggi storici di cui sopra, nel suo Grudge match (come s'intitola in patria il film) la coppia di colossi cinematografici da vita a due pugili di Pittsburgh che, finiti sotto i riflettori dell'intera nazione a causa della loro accanita rivalità, non faticano ad apparirne quale diretta evoluzione.
Uno, con le fattezze di De Niro, si chiama Billy"The Kid"McDonnen, mentre l'altro, con il volto di Stallone, è Henry"Razor"Sharp, il quale, dopo che ognuno di loro aveva vinto un match ai tempi d'oro, nel 1983, alla vigilia del terzo e decisivo incontro annunciò il proprio ritiro, rifiutandosi di spiegare il perché ed assestando un colpo definitivo alla carriera di entrambi.
Almeno fino al momento in cui, vedendo la possibilità di fare soldi, il promoter di pugilato Dante Slate Jr. alias Kevin Hart propone ai due di rimettere piede sul ring al fine di regolare i conti una volta per tutte.

Per un pugno di risate

Ed è una grottesca rissa tra i due che finisce in rete diventando virale a fomentare l'attesa nei confronti del loro ritorno ai guantoni e al paradenti, costruita in maniera tutt'altro che seriosa da Segal, il quale osserva: "Ho sempre amato il pugilato e sono sempre stato attratto dalle storie che parlavano di una seconda occasione. L'aspetto più importante è la seconda occasione che viene offerta ai personaggi per recuperare le relazioni che hanno distrutto trent'anni prima, in sostanza la boxe diventa una metafora del non mollare mai".
Quindi, l'oltre ora e cinquanta di visione viene costruita giocando in particolar modo sull'invecchiamento e sul rallentamento di riflessi di Sharp e McDonnen, il primo impegnato a far rotolare pneumatici, trascinare grossi rimorchi e immergere le mani nell'urina di cavallo (!!!) come vuole il suo ex allenatore Louis"Lightning"Conlon, tornato al suo fianco e interpretato da un Alan Arkin da Oscar, il secondo consigliato dal figlio ritrovato BJ alias Jon Bernthal.
Mentre è la veterana Kim Basinger a vestire i panni di Sally, donna che cambiò la vita ad entrambi, man mano che, tra battute azzeccate e divertenti situazioni, le occasioni per ridere non risultano affatto assenti e non ci si annoia affatto.
Con una spruzzata di indispensabile malinconia ed evidenti citazioni-omaggi ai succitati super classici dello sport su pellicola, fino alle ultime esilaranti scene poste nei titoli di coda di quella che possiamo tranquillamente definire come una delle migliori prove segaliane dietro la macchina da presa.

Il grande match Chiaramente in aria di nostalgia, Peter Segal - regista di 50 volte il primo bacio (2004) e Agente Smart - Casino totale (2008) - riunisce in un unico lungometraggio Sylvester Stallone e Robert De Niro per fargli interpretare due pugili che, a trent’anni dall’ultimo match, tornano sul ring per un incontro decisivo. Ma, sebbene nella testa di chiunque, alla lettura di una notizia del genere, le immagini che prendono forma non possano essere altro che quelle relative a una scazzottata tra Rocky e il Jake LaMotta di Toro scatenato (1980), il tenore dell’insieme - comunque infarcito di omaggi ai due citati prototipi - punta a rimanere più dalle parti della commedia che del dramma di carattere sportivo. E, per merito anche di un cast in stato di grazia comprendente, oltre ai due protagonisti, il giovane Jon Bernthal della serie tv The walking dead e i veterani Alan Arkin, LL Cool J e Kim Basinger, ci si diverte più che sufficientemente... con una spruzzata di malinconia.

6.5

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