Recensione I segreti di Osage County

Cast stellare al servizio di un affresco di decostruzione famigliare non particolarmente illuminante

Recensione I segreti di Osage County
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Indiscussa matriarca di una famiglia tutta al femminile (quattro donne e un solo uomo), la granitica Violet Weston (Meryl Streep) è sempre più malata e schiava dei dolori nonché delle numerose pillole che ogni giorno (da troppi anni) ingoia per far fronte alla sofferenza di una vita vissuta sempre in lotta (con gli altri e con sé stessa) e che si accinge (inesorabilmente) al suo capolinea. Di fianco a lei il saggio Beverly (uomo di grande carisma nonché apprezzato poeta) tenta con ogni mezzo di rallentare il passo celere di quella decadenza: assumendo un'indiana (Johanna) affinché badi alle instabilità della moglie, e arrivando perfino a oscurare i vetri che nel transitare di luce dal giorno alla notte scandiscono il passare di quel miserabile tempo. Al dolore di una vecchiaia vissuta in una solitudine amplificata dall'afosa e desolante distesa delle pianure di Osage County (in Oklahoma), si aggiunge quella di tre figlie sempre più lontane e meno presenti, ormai adulte estraniate nelle problematiche delle loro vite. Un carosello di esistenze femminili (che ben presto oscureranno l'esigua e indolente presenza maschile) che include (oltre alla tagliente e inflessibile Violet) le tre figlie delle donna: la sexy e svampita Karen (da sempre intenta a inseguire il suo ‘sogno d'apparenza'), la solitaria Ivy (rimasta troppo a lungo nell'ombra e desiderosa di essere finalmente amata) e la determinata Barbara (Julia Roberts) - detta Barb - la più volitiva e talentata delle sorelle Weston, quella predestinata a calcare le orme della combattiva genitrice. All'improvvisa scomparsa del capofamiglia Beverly, il variegato trio di figlie con famiglie (o compagnie) al seguito giungerà nella ‘vecchia' e isolata casa per fare i conti con i rispettivi segreti, tormenti, fallimenti sempre più pesantemente ancorati alle loro vite, ma soprattutto per confrontarsi con la figura di una madre protagonista indiscussa della propria (e altrui) vita che ora fatica ad accettare quella necessaria uscita di scena.

Eccedere negli eccessi

Life is very long affermava T. S. Eliot in The Hollow Men. Life is very long when you are lonely cantavano invece I The Smiths in The Queen is Dead. Due verità parziali che sembrano confluire in quel diktat assoluto che è poi il nerbo narrativo di August: Osage County (titolo originale), piece teatrale di Tracy Letts premiata con il Pulitzer nel 2008 e divenuta ora film grazie all'adattamento dello stesso Letts e alla regia di John Wells. Al centro vi è infatti l'imperante solitudine, la cattiveria, il quasi sadismo di un tempo che scorre negando ostinatamente serenità ed elargendo invece una lunga serie di croniche ferite al cuore. Una sorta di perversione sentimentale perpetrata di generazione in generazione che non accenna a ridursi, e che si muove all'interno di un paesaggio dalla calura opprimente e così sconfinato da inghiottire quasi le vite che vi transitano. Un mega cast dove Meryl Streep e Julia Roberts (sempre brave ma in questo caso troppo intente a dimostrarlo) primeggiano a suon di attacchi verbali (e non) e si confrontano, seguendo il filo rosso delle terribili verità e drammatiche confessioni di una deflagrante famiglia della periferia americana. Lo stato di continua deflagrazione è infatti e senza dubbio proprio il cuore pulsante di un film in cui a dettare tempi e modi sono gli isterismi, i litigi, i tic nervosi, il crescendo dei toni, e una deriva che è spesso e volentieri in bilico tra il drammatico e il grottesco. A turno e in sequenza ogni personaggio ha infatti il tempo e il modo per essere messo alla berlina, insultato, psicologicamente e verbalmente (forse non solo) violentato. Delle aberrazioni e di questo carnage famigliare il regista John Wells inquadra soprattutto la dimensione ‘attoriale', quel fiume di parole che avvolge i protagonisti nel loro seguire (imperterriti) la deriva. Eppure, troppe e troppo complesse le tematiche affrontate (violenze, incesto, tradimenti, umiliazioni, abuso di droghe e di alcol) in blocco e attraverso una evidente sovraesposizione recitativa, I segreti di Osage County fallisce proprio nel tentativo di trovare un suo registro (cinematografico). Sballottato tra un dramma che non ha mai tempo di svilupparsi e un'ispirazione grottesca che non riesce mai a essere realmente tale, il film di Wells perde fin troppo presto l'appeal promesso su carta (cast stellare al servizio di un'opera Premio Pulitzer), generando a un tempo una seriosità poco credibile e un sarcasmo mai sufficientemente sincero.

I segreti di Osage County Troppo concentrata su sé stessa, I segreti di Osage County appare infine come un'opera che perde facilmente di vista il suo fine e il suo interlocutore, mancando di adoperarsi per costruire l’empatia necessaria con i personaggi e/o la storia. Qualora ne avessimo avuto bisogno, l’ennesima riprova di come un (soprattutto ottimo) testo teatrale faccia spesso e volentieri fatica a trovare una sua dimensione al cinema, a meno che non si faccia la doverosa scelta di concentrarsi sull’importanza del fine piuttosto che esclusivamente sul potenziale espresso dai mezzi.

5.5

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