Recensione I Figli degli Uomini

L'estinzione non è mai stata così silenziosa

Recensione I Figli degli Uomini
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Il fascino dell’estinzione

L’adattabilità a quasi tutti gli ambienti terrestri e la nostra straordinaria intelligenza ci consentono di occupare una posizione di assoluto privilegio nel pianeta. Pertanto, risulta difficile associare la parola "estinzione" alla nostra specie.
Tuttavia, o anzi forse proprio per questo, da sempre il cinema si è occupato del tema "specie umane in via di estinzione", articolando una serie di trame in cui l’umanità rischia di venire interamente sterminata a causa dei più svariati motivi. La maggior parte di questi film tende a puntare su una paura inconscia dell’uomo (la perdita della propria posizione di dominio) e quasi sempre si ottiene l’effetto di incutere una certa inquietudine, mista ad una strana sensazione di dubbio che fa continuamente rimbalzare in testa la domanda "e se fosse successo davvero?".
I motivi per cui l’umanità rischia di estinguersi sono tra i più svariati, e vanno da quelli più rumorosi e caotici (invasioni aliene e fenomeni naturali) a quelli più silenziosi e degeneranti per la psiche umana ( epidemie, o i casi in cui l’estinzione è lenta ed inesorabile).
I Figli degli Uomini appartiene ampiamente alla seconda categoria, e sfrutta un fattore tanto banale quanto folle. L’umanità si estingue perché non ci sono più bambini.

Un mondo senza figli è un mondo senza futuro

Londra, 2027. I bollettini di tutto il mondo divulgano una sola notizia: è morto Little Diego, l’uomo più giovane del pianeta. E la notizia appare ancora più sconfortante se si pensa che sono più di diciotto anni che l'umanità non assiste ad una nuova nascita.
Da quando non si riescono ad avere più figli, l’umanità sembra essersi imbarcata in una sorta di follia collettiva, nella quale gli immigrati vengono visti come nemici e ingabbiati come animali. In questo clima di rassegnazione e pazzia, vive Theo, ex attivista che oggi vive una vita fatta di alcool, sigarette e ricordi. Tornando dal lavoro, Theo viene catturato e scortato nel covo di un gruppo rivoluzionario noto come I Pesci, a cui fa capo Julian, ex compagna di Theo che, a differenza di lui, non ha abbandonato l’attivismo. Dopo un iniziale diffidenza, Julian propone a Theo di scortare una ragazza fino ad un altro covo in cambio di denaro. In un primo momento rimane interdetto: i ricordi per lui sono ancora molto vivi e tornare al passato non servirà certo a migliorare la sua vita. Tuttavia accetta, ed il giorno dopo Theo insieme a Julian, alla ragazza da scortare ed ad un'altra appartenente all'organizzazione con una curiosa acconciatura rasta, inizia il viaggio. Purtroppo tale compito si rivelerà più difficile del previsto, in quanto a metà tragitto l’auto su cui viaggiano i nostri protagonisti viene attaccata da una banda di motociclisti che, sebbene non riescano a rapire la ragazza, uccidono Julian gettando Theo in un ulteriore sconforto.
Arrivati al covo segreto dei Pesci la situazione non migliora. L’attentato in cui ha perso la vita Julian si scopre essere stato organizzato da una fazione ribelle dei Pesci, che intende a tutti i costi rapire la ragazza per strumentalizzarla per i propri fini politici. Theo è confuso e non riesce a capacitarsi del perché una ragazzina possa essere così importante per un gruppo di rivoluzionari senza scrupoli. La verità viene presto a galla, ed è una verità talmente forte da cambiare il destino di un uomo, o forse dell'uomo... La ragazza è infatti incinta di otto mesi ed ormai prossima a partorire.
Vista la posta in gioco, Theo si fa carico di una grossa responsabilità: scortare l’unica donna incinta alla sua meta finale (la nave Domani) attraverso un mondo ormai in declino.


Follia e razionalità, antico e moderno

Il film è tratto dal libro di P.D. James, del quale - fin dalle prime sequenze - Cuaron riesce a cogliere perfettamente l'atmosfera, presentandoci un mondo grigio e buio, pieno di contraddizioni ed ipocrisie.
La Londra del futuro non è futuristica, ma è qualcosa di molto più vicino ad una città tra il post atomico ed il pre industriale, dove si mischiano alta tecnologia e rottami ovunque, annunci di propaganda xenofoba e kit per suicidarsi, rassegnazione e guerra. La già dilagante sensazione di disturbo è accentuata dal fatto che ovunque si possono scorgere i segni della catastrofe. La gente, infatti, conserva i giocattoli come se fossero una sorta di feticci (molto significativa è la scena in cui si vede un ufficio sui cui scaffali sono allineati decine di ninnoli) e contemporaneamente tende a ridicolizzare i simboli classici della natalità (in telefilm in cui si vede un contadino che mangia le cicogne).
Gli stessi protagonisti risultano impauriti e deboli, con dei nervi facilmente suscettibili e sempre sull'attenti. Theo (interpretato da uno straordinario Clive Owen) non è per nulla il classico eroe senza macchia e si dimostra una persona estremamente fragile ed insicura che annega le sue pene nel whiskey in una assurda fuga dalla realtà.
La stessa ragazza incinta è profondamente diversa dal classico stereotipo di "ragazza santa" (alla quale si potrebbe facilmente ricondurre, in quanto formale salvatrice dell'umanità) e si dimostra molto "sveglia" soprattutto grazie a velati atteggiamenti che sfiorano la ninfomania (il che è comprensibilissimo visto che ormai il sesso è visto come un semplice divertimento).
Il film, inoltre, è impregnato di una quantità esagerata di simbolismi ed allusioni che in alcuni casi sono spaventosamente diretti, mentre in alcuni risultano più velati e intrisi di una sottile malinconia.

In un ambientazione del genere, la regia tende ad essere estremamente flessibile ed in linea con le situazioni. Infatti, se nelle prime sequenze si fa uso di una regia compassata e attenta ai dettagli (le inquadrature sugli atricoli di giornale sono parecchie), durante la narrazione si lascia spazio ad una direzione frenetica, in cui la telecamera segue Owen come se fosse un inviato di guerra, dando l’impressione di assistere più ad un documentario dai toni claustrofobici più che ad un film.
Tutto ciò risulta estremamente appagante per lo spettatore che si trova davanti una pellicola rude, senza mezzi termini, che descrive magistralmente la follia collettiva di un umanità condannata, ma anche la speranza in un futuro che non è mai del singolo individuo ma globale.

Di grande effetto le musiche, che risultano volutamente anacronistiche e ricalcano i maggiori successi londinesi degli anni '60 e '70, tra cui spicca la mitica Tomorrow Never Knows interpretata dal Junior Parker.

Menzione speciale per Michael Caine, che in questo film interpreta un hippy nostalgico, che con la sua ostinata ma lucida allegria riesce a rendere alcune scene meno drammatiche ma non per questo meno incisive.

I Figli degli Uomini I Figli degli Uomini è un film superbo, e nella sua ambientazione miscela magistralmente azione e sentimento, alternando momenti riflessivi e simbolismi con scene dirette ed esplicite. Consigliato a chiunque sia in cerca di un film che offra parecchi spunti di riflessione, senza rinunciare all'azione.

8.0

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