Recensione Human Traffic

Cinque amici dalle esistenze più disparate sono pronti a scatenarsi all'arrivo del weekend in Human Traffic, sorta di copia accattivante ma a tratti sin troppo urlata del film cult di Danny Boyle.

Recensione Human Traffic
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Cinque amici inseparabili aspettano con ansia l'arrivo del weekend, dove poter dimenticare la noia della loro quotidianità. Jip è il leader del gruppo, lavora in un negozio di vestiti, soffre di ansia sessuale ed è segretamente innamorato della bionda Lulu, quest'ultima appena reduce dalla rottura col suo fidanzato. Nella banda vi sono anche la coppia formata da Koop, dj di colore, e Nina, da poco licenziatasi da cameriera del Mc Donald's poiché vittima di molestie; chiude la lista Moff, un fannullone disoccupato in perenne lite con i genitori e dedito all'uso di droghe. L'arrivo dell'imminente fine settimana è forse destinato a cambiare per sempre le loro esistenze.

Tutto e niente

Definito alla sua uscita come il Trainspotting gallese, Human Traffic è salito anch'esso in breve tempo, seppur con impatto minore sul grande pubblico, a rango di cult movie. Già dai primi minuti, che si aprono con l'auto-introduzione dei cinque protagonisti rivolti allo schermo e i successivi titoli di testa accompagnati da Build it up, tear it down dei Fatboy Slim, si evince come il film dell'esordiente Justin Kerrigan non nasconda la sua palese ispirazione al classico di Danny Boyle (il cui titolo è citato anche in uno scambio di battute), che si protrae con lo scorrere dei minuti nei quali i "nostri" si impegnato a passare uno scatenato weekend a base di sex, drugs & rock'n roll. Rock'n roll che però è qui sostituito da un invasivo (soprattutto nella prima parte) impiego di basi elettroniche e pezzi hip/hop, atto a rappresentare la gioventù più sovversiva degli anni '90, tra disco-club psichedelici e ville adibite al consumo e spaccio di droghe. Ma a differenza del prototipo, in questo emulo le forzature narrative si fanno sin troppo ridondanti, in un'esasperazione costantemente urlata che finisce per svilire le altrimenti solide caratterizzazioni dei personaggi. I dialoghi infatti, quando si evita di scadere nella ricerca del gratuito ad effetto, hanno un sapore profondamente realistico, così come i pensieri (narrati in voice-over) dell'eterogeneo gruppo di personaggi, nei quali si rispecchiano esperienze autobiografiche dello stesso cineasta. Human Traffic è, nella sua mancata coesione di fondo, un film che infastidisce e affascina a fasi alterne, che esalta le droghe per poi quasi demonizzarle, spruzzando il tutto con un pizzico di romanticismo che stona in parte col contesto globale. L'inventiva registica di Kerrigan è comunque viva e pulsante, con un'estrema ricerca dell'originalità che a tratti funziona, soprattutto nelle scene immaginate dalla banda di amici che non corrispondono a quanto stia in realtà accadendo.

Human Traffic Le atmosfere di Trainspotting sbarcano in Galles in questo semi-clone del film di Danny Boyle, girato con una discreta inventiva stilistica ma non sempre supportato da felici scelte narrative. Se infatti è da lodare l'ottima caratterizzazione dei cinque personaggi protagonisti, con pensieri e dialoghi verosimili, salta subito all'occhio come in Human Traffic convivano il tutto e il contrario di tutto, in un meltin' pot discordante ambientato in locali notturni tra musica hip-hop - elettronica, fiumi di alcool, droghe a profusione e un pizzico di "sesso romantico".

6

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