Recensione Honeymoon

Piccolo ma efficace horror indipendente con la Ygritte di Game of Thrones

Recensione Honeymoon
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Paul e Bea sono una coppia di giovani sposi, freschi di matrimonio e totalmente presi l'uno dall'altra. Dopo una dichiarazione d'amore in salotto, sotto un finto cielo stellato in una tenda montata davanti al divano, è tempo di partire per la luna di miele. Destinazione, quella casa nel bosco. Ad una crociera o un viaggio esotico i due infatti preferiscono rintanarsi nella cascina di legno della famiglia di Bea, immersa nella foresta e vicina ad uno splendido lago di montagna. Il posto ideale per nascondersi e godere dei primi giorni di fuoco del matrimonio, se non fosse per alcuni elementi di disturbo che lentamente crescono attorno alla coppia. Prima un amico d'infanzia di Bea, ritrovato in un deserto ristorante sul lago, che si comporta molto stranamente con la moglie. Poi suoni e luci nei boschi, cui seguono alcuni attacchi di sonnambulismo della ragazza. Nel frattempo la tensione tra Paul e Bea cresce, montano i sospetti, le bugie e la paranoia. Quando possiamo dire di conoscere veramente la persona che abbiamo al nostro fianco? Da questa domanda nasce Honeymoon, riuscito horror indipendente che segna l'esordio alla regia della giovane Leigh Janiak.

Quella casa nel bosco

Spesso quando si parla di cinema di genere si sottolinea il difetto della prevedibilità, della poca fantasia di un film. Lecito, tuttavia a volte ci si dimentica come anche l'assoluta e forzata ricerca di originalità possa essere un problema, un falso mito da raggiungere ad ogni costo. Il bello del cinema è la sua capacità di raccontare la stessa storia un'infinità di volte e renderla sempre e comunque interessante, purché ci sia talento, sguardo. E' lo stile infatti a fare la differenza, è lo stile a poter rendere la storia più banale del mondo un horror efficace e disturbante, anche se non ci dice nulla di nuovo, anche se gioca con uno dei cliché più famosi del genere - la casa nel bosco - per costruire una storia semplice ma di grande impatto. Il segreto e il motivo di successo di un film apparentemente banale come Honeymoon sta proprio in questo, nella capacità della Janiak di infondere verità ed emozione ai suoi due protagonisti, con il quali lo spettatore finirà facilmente per identificarsi. La forte empatia suscitata (dovuta anche alla bravura dei due, Harry Treadaway di Penny Dreadful e Rose Leslie di Game of Thrones) permette alla giovane regista di calare lo spettatore in un clima di crescente paranoia, una tensione ossessiva fatta di suggestioni e vaghe paure, alimentate dal nodo centrale di ogni relazione, l'effettiva conoscenza del partner. Attorno a questo tema Janiak costruisce una narrazione a spirale che accelera nel suo percorso di follia fino ad arrivare ad una scena lunga e sconvolgente, in cui tutta la passione e i riferimenti per il body horror accennati dalla regista nel corso della storia esplodono in una sequenza cronenberghiana di grandissimo impatto, ancor più indimenticabile per via del background emotivo con cui Janiak è riuscita a portarci fin lì. Dopo di quella solo la conclusione, forse prevedibile ma assolutamente coerente con l'identità del film. In definitiva Honeymoon è una piccola perla, un horror che si prende il suo tempo per funzionare e apparentemente gira a vuoto per la sua prima metà, mentre in realtà costruisce quell'attaccamento emotivo così efficace nella seconda parte. Ad aiutare c'è poi l'occhio della Janiak, che nonostante la sua giovane età si rivela una buona regista, a partire dall'ottima direzione degli attori.

Honeymoon Piccola perla del cinema horror indipendente, Honeymoon è uno di quei film che si prende il suo tempo per funzionare, chiede allo spettatore fiducia ma ricompensa alla fine con una seconda parte di grande impatto. Latita l’originalità, ma lo stile della giovane regista dimostra che a volte basta il talento per poter raccontare al meglio anche le storie più semplici.

7

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