Recensione Ho ucciso Napoleone

I cinici arrampicatori sociali di Giorgia Farina arrivano al cinema

Recensione Ho ucciso Napoleone
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Il lungometraggio d'esordio fu l'Amiche da morire che, nel 2013, vide Cristiana Capotondi, Claudia Gerini e Sabrina Impacciatore nei panni di tre donne tanto diverse tra loro quanto costrette a far fronte comune per salvarsi la pelle su un'isoletta del sud Italia, dove, in estate, le loro vite si complicavano prima a causa di un accidentale avvenimento, poi con l'arrivo di un fiero e brusco commissario di polizia Nico Malachia, incarnato da Vinicio Marchioni.
Una commedia non poco nera e, se vogliamo, quasi pulp, che, sfruttando dichiaratamente un umorismo di derivazione inglese, provvide a far conoscere a pubblico e critica la regista Giorgia Farina; la quale, a due anni di distanza, torna dietro la macchina da presa con Ho ucciso Napoleone, destinato a prendere il via dalle ventiquattro ore nel corso delle quali la vita della single e brillante manager in carriera Anita, ovvero Micaela Ramazzotti, viene spazzata via dall'uragano di guai comprendenti la perdita dell'amore, del lavoro e, di conseguenza, di un futuro.
Una situazione che la porta a ritrovarsi, seduta sull'altalena di un parco giochi, licenziata in tronco e incinta del suo capo Paride alias Adriano Giannini, sposato padre di famiglia di cui è amante clandestina, ma anche che la conduce con glaciale freddezza a pretendere che tutto torni come prima, inclusa la libertà di non impegnata sentimentalmente senza figli.

Giovane, cattiva e disoccupata

Perché, proprio mentre apprendiamo sia che non sono stupide le donne con le tette grosse ma che sono queste ultime a rendere stupidi gli uomini, sia che, secondo lei, la famiglia rappresenta un punto debole e soltanto la solitudine è la scalata verso il successo, è un piano di raffinata vendetta senza scrupoli quello che si accinge a mettere in atto con la complicità del timido e goffo avvocato Biagio, cui concede anima e corpo il difficilmente disprezzabile Libero De Rienzo.
Piano che fa addirittura finire il giovane alle prese con l'arrampicata su una rupe in compagnia del già citato Paride, nel corso di una sequenza che non fatica affatto ad assumere i connotati di una vera e propria allegoria visiva relativa alla scalata sociale, argomento portante dell'intera operazione.
Scalata sociale che, coinvolgendo nel cast, tra gli altri, Iaia"I buchi neri"Forte, una romanesca Elena Sofia Ricci, la cantante Thony e, in un piccolissimo ruolo, la ex pornostar Luce Caponegro (meglio conosciuta come Selen), non sembra affatto lasciare spazio a personaggi pienamente positivi; evitando, oltretutto, i banali schieramenti tipici di un certo cinema "leggero" italiano volto a rendere vittoriosa la lotta femminista o, al contrario, lo sguardo sentimental-mascolino.
E, con ogni probabilità, è dovuta proprio all'intenzione di raccontare su celluloide un altamente cinico e tutt'altro che roseo universo lavorativo-società la scelta di privilegiare una fotografia tendente a toni cupi e contrasti da dramma noir.
Man mano che una regia dal taglio internazionale conduce ai titoli di coda - accompagnati dalla sempreverde Surfin' bird dei Trashmen - di un veloce elaborato penalizzato forse dalle poche situazioni di cui si costituisce la sua parte centrale, ma che non manca, in ogni caso, di testimoniare ancora una volta la capacità di essere originale e le lodevoli doti di narratrice da schermo della Farina.

Ho ucciso Napoleone Una vendicativa Micaela Ramazzotti fredda, cinica ed ex manager in carriera è la protagonista di Ho ucciso Napoleone (2015), secondo lungometraggio cinematografico diretto dalla Giorgia Farina autrice dell’Amiche da morire (2013) interpretato da Cristiana Capotondi, Sabrina Impacciatore e Claudia Gerini. È difficile stabilire se questa seconda prova sia meno o più riuscita della già lodevole prima, ma, al di là del fatto che rischi in parte di perdersi nel corso della fase centrale, manifesta molti più pregi che difetti; dal non disprezzabile cast al taglio registico dal sapore internazionale... per non parlare della coraggiosa scelta di concepire nell’Italia d’inizio XXI secolo una black comedy tutt’altro che consolatoria.

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