Recensione Hitman: Agent 47

L'agente 47, protagonista della seguitissima saga videoludica di Hitman, torna al cinema con Hitman: Agent 47, atteso reboot cinematografico del personaggio ad opera di Aleksander Bach.

Recensione Hitman: Agent 47
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Sul finire degli anni '60 il professor Litvenko, luminare della genetica sperimentale, diede vita effettiva a un progetto a lungo fantasticato e volto a creare delle superspie: uomini con sensi e abilità fisiche sovrumane, liberi da freni inibitori come rimorsi ed empatia. Questi soggetti, denominati "Agenti" vennero presi in custodia dalla ICA (International Contracts Agency) quando il Programma Agenti venne chiuso sia per la sua pericolosità che per la fuga del suo creatore che, preso da un rimorso di coscienza, si è dato alla macchia lasciando libera, ma al contempo sola, anche la sua giovane figlia, Katia. Molti anni sono passati da allora, e molte organizzazioni segrete hanno cercato di replicare i risultati del progetto, con alterni risultati. Antoine Leclerq, a capo del misterioso Sindacato, è disposto a tutto per scovare Litvenko, e la chiave di tutto potrebbe essere sua figlia, che si nasconde a Berlino. Sulle sue tracce si trovano quindi i suoi uomini più fidati, ma anche il misterioso Agente 47, infallibile e letale retaggio del vecchio progetto con una missione ben specifica da compiere...

L'assassino

Non era un obiettivo facile, quello di rebootare il franchise cinematografico relativo a Hitman, notissimo videogioco IO Interactive pubblicato da Eidos prima e Square Enix dopo. I film tratti dai videogiochi spesso incappano in problemi di vario tipo, fallendo nel rappresentare efficacemente sugli schermi cinematografici gli stilemi e i personaggi che li hanno resi famosi. Hitman, poi, per sua natura è un progetto atipico, con protagonista un antieroe che, per quanto possibile, preferisce agire nell'ombra. Una sfida che, tuttavia, Aleksander Bach riesce a vincere, anche grazie alla sceneggiatura di Skip Woods, noto per pellicole come Codice: Swordfish e già autore dello script del precedente Hitman: L'assassino. Limando alcuni aspetti del primo film, Woods è riuscito a equilibrare il gusto per lo spettacolo tipico del cinema con le aspettative degli appassionati della saga. Realizzare un lungometraggio interamente composto di uccisioni stealth sarebbe risultato, effettivamente, anche un po' noioso, vista la mancanza dell'interazione che rende "gustoso" il genere videoludico. L'importante era che il modus operandi dell'Agente 47 restasse quello 'tipico' e che l'azione fosse innescata dall'esterno, quando serviva di movimentare la scena. La componente stealth difatti non manca, tra telecamere eluse, travestimenti e assassinii alle spalle. La storia, seppur completamente originale e non ispirata in particolare a un capitolo della saga videoludica, è ricca di riferimenti che non sfuggiranno ai fan, e Rupert Friend dona un volto 'fresco' e infine convincente al protagonista, donandogli anche un notevole tocco di ambiguità, rendendolo tutt'altro che bidimensionale senza, tuttavia, discostarsi dal personaggio originale.

Hitman: Agent 47 A otto anni da Hitman: L'assassino, l'Agente 47 riparte da zero e torna sul grande schermo come perno di un complotto volto alla creazione di un esercito di super-soldati. Mediando l'impronta stealth del videogioco originale con il giusto tocco di spettacolarità cinematografica, Hitman: Agent 47 è un buon tentativo di portare il mondo dei videogiochi al cinema, con criterio, tramite un film chiaramente sopra le righe ma con una sua coerenza interna e realizzato in maniera forse non particolarmente originale, ma sicuramente godibile.

6

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