Recensione Hercules - Il guerriero

L'uomo più forte della mitologia secondo la visione di Brett Ratner e Dwayne Johnson

Recensione Hercules - Il guerriero
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Mentre la famigerata Asylum - specializzata in varianti a basso costo di blockbuster hollywoodiani - si è sbrigata a confezionare in fretta e furia un Hercules reborn di Nick Lyon, con il wrestler John Hennigan impegnato a ricoprire il ruolo del colosso del titolo, alla concorrente Millennium Films sono arrivati addirittura prima, sfornando quell'Hercules - La leggenda ha inizio che, diretto dallo shooter Renny"Die hard 2"Harlin e con protagonista il Kellan Lutz della saga Twilight e de I mercenari 3 - The expendables, ha visto la luce delle sale cinematografiche italiane nel Gennaio 2014.
Anticipando di circa sette mesi, dunque, l'uscita italiana della pellicola di cui intendeva cavalcare il successo: questo Hercules - Il guerriero che, sotto la regia del Brett Ratner cui si devono, tra gli altri, X-Men - Conflitto finale e la saga action Rush hour, pone nei panni (pochissimi, ovviamente) del semidio tutto muscoli più forzuto della mitologia nientemeno che il Dwayne Johnson meglio conosciuto come The Rock, il quale osserva: "È un personaggio che è stato di ispirazione a tanti, me compreso. Questa volta abbiamo voluto dare agli spettatori un Hercules mai visto prima. All'inizio del film, Hercules è un esule pieno di rimpianti e che lotta solo per l'oro. Per tornare ad essere quello che la gente vuole che lui sia dovrà trovare il coraggio di sconfiggere i propri demoni".

Non c'è Dwayne... senza Tracia!

Personaggio nato con la forza di un dio ma con i sentimenti e le emozioni di un essere umano, che, tormentato dal proprio passato e celebre per le sue straordinarie prodezze, comprendenti anche le famigerate dodici fatiche, ha finito per diventare un mercenario errante che vive grazie alla fama della sua leggenda, al comando di un gruppo di insolenti e fedeli seguaci.
Gruppo che include, tra gli altri, il nipote Iolaus, l'indovino Amphiaraus, Atalanta, arciere in possesso della famosa forza femminile di una amazzone, e lo stratega Autolycus, rispettivamente con le fattezze del Reece Ritchie di Prince of Persia - Le sabbie del tempo, dello Ian McShane di Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare, della Ingrid Bolsø Berdal di Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe e di Rufus"Tristano & Isotta"Sewell.
Tutti al servizio di una temeraria campagna per porre fine alla sanguinosa guerra civile che sconvolge la Tracia e volta a far ritornare sul trono il legittimo re; in quanto la nuova immagine di Hercules pare abbia preso ispirazione dalla serie di fumetti dei Radical Studios intitolata Hercules, le guerre della Tracia, tramite cui lo scrittore inglese Steve Moore ha provveduto a diffondere la storia di un eroe caduto e pieno di dubbi, alla ricerca della propria redenzione, e nei confronti della quale è sempre Johnson a raccontare: "Il fumetto offriva una singolare interpretazione di Hercules che attirò la nostra attenzione; avevano preso tutte le strane leggende che avevano a che fare con Hercules e le avevano ritoccate in modo da dare alla storia una dimensione assolutamente contemporanea. Era un Hercules sconosciuto al pubblico".

Le fatiche di Johnson

Perché, sebbene, tra uccisione della serpentina Idra di Lerna, combattimento con il cinghiale di Erimanto ed annientamento del leone di Nemea, le fatiche di cui sopra siano immediatamente presenti nel prologo della quasi ora e quaranta di visione, l'aspetto interessante dell'elaborato è individuabile nella scelta di rileggere in chiave realistica le avventure che hanno provveduto ad alimentare la mitologia dell'uomo dalla forza sovrannaturale, tanto da metterne in discussione la sua leggendaria fama e da mostrarlo, in fin dei conti, come un comune mortale.
Un comune mortale perseguitato dallo sterminio della sua famiglia e che, comunque, troviamo impegnato ad affrontare pericolose battaglie tempestate di muri di scudi, frecce infuocate e, ovviamente, abbondanza di scontri corpo a corpo; man mano che si convince del fatto che, per essere considerato un eroe, non occorre essere un semidio, ma basta crederlo.
Ma anche man mano che troviamo in scena, tra gli altri, John"Alien"Hurt, il Joseph Fiennes di Shakespeare in love ed il norvegese Aksel Hennie, atti ad arricchire ulteriormente il già corposo cast di un'operazione che, in fin dei conti, non sembra distaccarsi, nella sua filosofia di fondo, proprio da quella attraverso cui vengono messe in piedi le succitate, decisamente più povere produzioni asylumiane.
Del resto, al di là del fatto che, in questo caso, il ritmo narrativo risulti decisamente più curato, tanto da rendere non poco veloce la fruizione, come per buona parte dei titoli concepiti dalla label di David Michael Latt abbiamo un ristretto numero di situazioni da sfoggio di effetti speciali (oltretutto molto meno maestose rispetto ad altre viste in analoghi lavori hollywoodiani) su cui far puntare l'esile sceneggiatura mirata al facile intrattenimento.
Senza regalare sequenze particolarmente memorabili... ma anche senza annoiare minimamente.

Hercules - Il guerriero “Quello che del nostro Hercules è differente è che lui è un uomo normale che ha ripudiato il fatto di essere il figlio di un dio greco. Tutte le leggende partono da una storia vera e, quando ho letto il copione tratto dal fumetto di Hercules, le guerre della Tracia, quello che mi ha colpito di più era che era impostato su una realtà assolutamente concreta. E questo è quello che ho voluto portare sullo schermo”. A parlare è Brett Ratner, autore della saga action Rush hour interpretata da Jackie Chan e Chris Tucker, il quale sintetizza con queste parole le intenzioni del suo lungometraggio incentrato su uno dei più epici eroi d’azione di tutti i tempi, qui con i connotati di Dwayne Johnson e in versione umanizzata. Perché è proprio quest’ultimo aspetto volto a porre continuamente le sue avventure tra leggenda e realtà a rappresentare l’ingrediente più interessante ed innovativo dell’insieme, destinato a ribadire che, per essere un eroe, è sufficiente crederlo e non vi è alcun bisogno di appartenere alla categoria dei semidei. Maestose sequenze di battaglia e sfoggio di effetti visivi fanno il resto per poter rendere il più godibile possibile un prodotto d’intrattenimento non eccelso, ma divertente a sufficienza e difficilmente capace di permettere allo spettatore di chiudere occhio.

6

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