Recensione Gli ultimi fuochi

Robert De Niro guida un cast di grandi stelle, passate e future, ne Gli ultimi fuochi, ultimo film del maestro Elia Kazan tratto dal romanzo di F. Scott Ftizgerald e ispirata opera di Cinema sul Cinema.

Recensione Gli ultimi fuochi
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L'essenza del cinema è contenuta in un semplice nichelino. Affermazione certamente metaforica, ma di grande potenza, che risiede in una delle scene clou (ripetuta nell'intenso finale) de Gli ultimi fuochi, ultima opera su grande schermo del maestro Elia Kazan. Il film, riproposto negli scorsi giorni alla Festa del Cinema di Roma nella categoria I 10 film della nostra vita, è una trasposizione (adattata da un altro big come Harold Pinter) del romanzo incompiuto (a causa della morte) del noto scrittore F. Scott Fitzgerald e segna la seconda collaborazione del regista col produttore Sam Spiegel, a distanza di ventun'anni da quella fortunatissima per un capolavoro immortale come Fronte del porto. E se qui non è stato richiamato Marlon Brando, protagonista di quel titolo seminale, gli appassionati della Hollywood classica non possono certo lamentarsi: fanno infatti parte della partita interpreti leggendari come Robert Mitchum, Tony Curtis, Jeanne Moreau, Dana Andrews e Ray Milland. Protagonista assoluto del racconto, ispirato alla figura reale del produttore della MGM Irving Thalberg, è però un allora 33enne Robert De Niro (già star conclamata dopo Il padrino e Taxi Driver), circondato, oltre che dalle vecchie glorie sopraccitate, da star contemporanee e future quali Theresa Russell, Jack Nicholson e Anjelica Huston, in uno dei più bei cast di tutti i tempi.

The last tycoon

Monroe Stahr è un giovane e rampante produttore di Hollywood negli anni '30. Le sue giornate scorrono indaffarate tra discussioni con registi, attori e sceneggiatori affinché ogni film porti il giusto riscontro economico, non disdegnando però la qualità. Una sera, in seguito ad una scossa di terremoto, Stahr si imbatte per caso in Kathleen, una ragazza che gli ricorda l'amatissima moglie, diva del grande schermo scomparsa prematuramente. L'uomo finisce per innamorarsene perdutamente, ma la ragazza, che pur sembra ricambiare il sentimento, gli dice che la loro relazione non potrà avere seguito. Questo rischia di mandare a monte la carriera di Stahr che sul lavoro si dimostra sempre più scostante, non accorgendosi inoltre dell'amore della bella Cecilia, figlia dell'amministratore e suo socio più anziano Pat Brady.

"Che succede poi? Non lo so. Stavo solo facendo del cinema"

Tre minuti per un susseguirsi frenetico di inquadrature per raccontare la semplice descrizione di una donna che appoggia un paio di guanti, accende un fiammifero e fa cadere un nichelino. Elia Kazan usa con genialità il corpo di De Niro per mostrarci quanto per il pubblico sia più importante l'azione rispetto al reale scopo della vicenda mostrata. Colpo di classe che si ripete nel quasi metacinematografico epilogo, nel quale Stahr ripropone la stessa scena guardando verso lo schermo, e che permette di inquadrare sin da subito l'intento prezioso e ambizioso di Gli ultimi fuochi. E se di certo non ci troviamo davanti alla prima opera che si propone di raccontare la Settima Arte dal di dentro, dal mondo dorato di Hollywood in particolar modo, va dato atto al film di farlo in maniera secca e a tratti sprezzante, come nella sequenza del terremoto: prima evocato da una studentessa in visita agli studi cinematografici che chiedeva "come realizzate un terremoto?" ad una guida ed in seguito espresso sul serio nella vera narrazione filmica. Un gioco semplice ed ispirato che permette allo spettatore di entrare in diretta comunione con la storia, ricca di fascino (im)morale nonostante alcune lungaggini di troppo, in particolare nella parte centrale nella quale domina la tormentata love-story di Stahr e della sua innamorata, perfetti esempi di figure melodrammatiche adattati ad un contesto credibile. La vicenda, che sfrutta nel migliore dei modi l'incompiutezza della fonte originale, non segue una linea sempre logica e coesa nel succedersi di eventi, ma ha il merito di scardinare i vari scheletri negli armadi della Mecca del Cinema, con riferimenti politici e omofobi che ben si contestualizzavano nel periodo in cui la pellicola è ambientata. Kazan gioca con le inquadrature sublimando il fascino magnetico di riprese evocative, sia in interni che in esterni, e omaggiando a modo suo il cinema che fu, con scene di film in bianco e nero prodotti dallo studio girate ad hoc che guardano a classici come Casablanca. Al resto pensa la magnifica sintonia attoriale di interpreti che, in ruoli principali o secondari, hanno (chi prima e chi dopo) segnato indelebilmente la mitologia della celluloide.

Gli ultimi fuochi Sin dal titolo Gli ultimi fuochi si rivela film rivelatore: non a caso è questa l'ultima vibrante fiamma su grande schermo di un grande maestro come Elia Kazan. Cinema sul Cinema che si rincorre in una narrazione instabile ma affascinante accompagnandoci nelle stanze produttive di Hollywood e dando risposte, più o meno condivisibili ma assai ragionate, della pura essenza della Settima Arte stessa. Un viaggio contorto, ricco di personaggi memorabili (interpretati da leggende passate e future) e scosso dalla melodrammatica love-story che vede per protagonisti De Niro e la "meteora" Ingrid Boulting per un'opera non semplice ma in grado di mettere insieme quel che fu con quel che sarà con un atto di devoto amore-odio verso la dorata fabbrica dei sogni.

8.5

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