Recensione Full contact

L'olandese David Verbeek racconta tramite Full contact la surreale odissea onirica di un pilota di droni alle prese con le personali conseguenze di un accidentale bombardamento da lui messo in atto.

Recensione Full contact
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"Il protagonista del film è un cacciatore ipermoderno, in cima alla scala tecnologica, che guarda dall'alto le sue vittime come un voyeur onnipotente. Decidendo sulla vita e sulla morte con un click, si trova a vivere un vero e proprio tumulto interiore. Le vite che ha preso, in qualche modo entrano a far parte del suo inconscio. Non importa quanto cerchi di dire a se stesso che ciò che ha visto sullo schermo non gli appartiene. Il senso di colpa è pungente. Che cosa è la realtà per lui? Possono gli uomini sullo schermo rimanere un'astrazione perché non li ha mai realmente affrontati? O c'è qualcosa di inevitabilmente reale nell'atto di uccidere?
In Full contact trascendiamo il confine tra realtà e finzione. Ciò che realmente accade e ciò che è parte della fantasia del protagonista diviene indistinguibile e si potrebbe anche dire inestricabile. Non vi è alcuna sequenza corretta di tempo, nessuna causa e conseguenza, non un prima e un dopo la vita e la morte, solo una battuta di caccia. Una caccia sempre più vicina alla sua essenza; quel momento in cui il cacciatore tocca la sua preda. All'interno di quel momento la connessione è assoluta e senza dubbio, per entrambi, reale".

Ivan il terribile

Laureatosi alla Netherlands Film Academy nel 2005, il cineasta classe 1980 di Amsterdam David Verbeek, già regista di un lungometraggio (Beat) realizzato con un budget di soli cinquecento euro durante i suoi studi e presentato poi al Festival Internazionale die Rotterdam e in seguito autore di Shangai trance, R U there - che ha partecipato alla sezione Un Certain Regard di Cannes - e How to describe a cloud, sintetizza così la sua sesta fatica, concepita dopo Dead & beautiful.
Nell'arco di oltre un'ora e quaranta di visione, tre episodi gravitanti intorno alla vita di Ivan, ovvero il Grégoire Colin di Prima della pioggia, individuo che ha accidentalmente bombardato una scuola con un drone comandato a distanza, in quanto non è mai stato nei paesi verso i quali indirizza i suoi attacchi e non ha neppure mai pilotato l'aeroplano che utilizza per uccidere.
Individuo che, sempre al sicuro e totalmente separato dalle sue vittime grazie alla moderna tipologia di guerra, comincia a disconnettersi da tutto e da tutti proprio in seguito all'incidente, permettendo alla macchina da presa di intraprendere un viaggio nelle sue fantasie e nei propri incubi.
Un viaggio prevalentemente onirico che, immerso nelle ossessioni e nelle fobie della sua figura centrale, finisce per rivelarsi, però, non poco confuso nello sviluppo della narrazione.
Tanto che, nonostante l'atmosfera quasi horror e momenti che sembrano addirittura sfiorare il genere western almeno per quanto riguarda l'ambientazione, lo spettatore non possa fare a meno di chiedersi in continuazione quale sia l'effettivo plot di un insieme di cui, paradossalmente, sembra essere più facilmente comprensibile l'allegoria relativa al sempre più pericoloso distacco dai rapporti umani quale conseguenza dell'eccessiva invadenza della tecnologia nell'ambito del quotidiano vivere.

Full contact Un sempre più alienato pilota di droni alle prese con le personali conseguenze dell’accidentale bombardamento di una scuola è il protagonista di Full contact, sesto lungometraggio a firma dell’olandese David Verbeek. Lungometraggio dai toni non poco surreali che, volto chiaramente a fornire un’esperienza onirica da schermo finalizzata a denunciare le conseguenze del sempre più massiccio ricorso alla tecnologia, appare, però, di non poco difficile comprensione, perdendosi oltretutto in eccessi di silenzi e lentezza narrativa che non possono fare a meno di renderlo un’esperienza altamente soporifera.

4.5

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