Recensione Fargo

Finalmente in DVD il cult dei fratelli Coen.

Recensione Fargo
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A city called Fargo...

E' il 1996 quando vede la luce Fargo, divenuto puro culto nella produzione dei fratelli terribili. Un film di grande fascino, surreale a tratti nello svolgimento della storia e altrettanto macabro nel delinearne i passaggi più cupi, ricco di un'ironia nera che diverte e spaventa allo stesso tempo. Ispirato a una storia vera, avvenuta nel 1989, dalla quale i Coen hanno tratto ben poco, reinventandola quasi per intero (nonostante prima dei titoli di testa sembrino far capire il contrario), offre uno spaccato cinico e lucido di una certa America, andando con piccoli tocchi di classe a sferzare l'American way of life. Ma quali sono i punti che decretano l'entrata di Fargo nel filone dei grandi classici dell'era recente? Si parte da una trama piena di colpi di scena...

"Sei mai stato a Minneapolis?"

Jerome 'Jerry' Lundegaard (William H. Macy), in ristrettezze economiche, assolda Carl (Steve Buscemi) e Gaear (Peter Stormare), due malviventi, affinchè rapiscano sua moglie. Il piano è dividere insieme a loro il riscatto di 80.000 dollari chiesti al ricco suocero. Va tutti in frantumi, però quando, dopo il rapimento, fermati per un semplice controllo stradale, Gaear uccide un poliziotto e due testimoni. Le indagini vengono affidate a Marge Gunnerson (Frances McDormand), al settimo mese di gravidanza, che si trova a viaggiare da Fargo (il nome del paesino che da il titolo al film e nel quale è avvenuta la tragedia) fino a Minneapolis alla ricerca di due assassini, ignorando ancora del diabolico progetto di rapimento.

Senza targa.

La sceneggiatura non sbaglia un colpo e regala novanta minuti di assoluta estasi cinefila. Come un puzzle nel quale i tasselli si vanno a incastrare, sempre nel verso "sbagliato", si arriva alla scritta the end ammaliati e rapiti dallo svolgersi degli avvenimenti. La neve che cade copiosa si rende protagonista reale del film, come un freddo lancinante e perpetuo che sembra colpire le anime dei protagonisti, spietati e cinici anche nelle situazioni pià drammatiche. Vedere la poliziotta incinta che, come nulla fosse, osserva i cadaveri delle vittime regalando anche qualche sprezzante battuta, è un vero colpo di genialità, non l'unico di una pellicola che fa dei dialoghi e dei personaggi uno dei suoi maggiori punti di forza. E' proprio la caratterizzazione di quest'ultimi ad essere vincente e tagliente, plasmando delle figure di rara ispirazione. Carl e Gaear, due criminali da quattro soldi, trovano nei volti di Buscemi e Stormare l'incarnazione perfetta: logorroico e paranoico il primo, silenzioso e psicolabile l'altro, formano una coppia indimenticabile. Lo stesso si può dire per Jerry, che William H. Macy delinea saggiamente e in maniera sobria, giocando soprattutto su piccoli movimenti facciali che mostrano le debolezze di un uomo alla deriva. La McDormand (sposata a Joel Coen) è invece assolutamente perfetta, e anche l'Academy se ne rese conto conferendogli l'Oscar come miglior attrice protagonista. La violenza, presente soprattutto nell'ultima parte, è sempre colma di un forte dark humour, che smussa un pò la brutalità delle azioni compiute, rendendo il tutto, con un'aria sibilamente grottesca, più "easy" e "divertente". Perchè fanno molto più paura certe scelte morali che l'atto nella sua ferale esecuzione, e questo viene trasmesso anche attraverso la presenza di personaggi più o meno secondari, ottimamente sfaccettati e altrettanto paurosi nel loro essere "umani".  In più di un' occasione fanno capolina le atmosfere di Blood Simple, prima opera dei fratelli terribili, ma qui lo sferzante alone tragicomico rende il tutto più drammaticamente leggero. La vittoria del premio come miglior regia a Cannes conferma la loro abilità (pur risultando solo Joel alla regia, i due lavorano a stretto contatto) , qui a livello registico i Coen mantengono uno stile volutamente farsesco, non disdegnando inquadrature ad ampio raggio e osservando la bianca sconfinatezza dei paesaggi, grazie anche alla splendida fotografia del fidato Roger Deakins. Le musiche hanno un sapore quasi epico, sontuose e magniloquenti e accompagnano al meglio con la loro affranta malinconia la missione dell'agente Gunnerson. Il pensiero più prodondo, affidato proprio a lei negli istanti finali, è sintomo della disillusione e della tristezza afflitta all'uomo :"perchè fare tutto questo per quattro pezzi di carta?": il denaro è il simbolo, l'obiettivo portante e cardine di tutto, capace di trasformare chiunque in un mostro assetato. E così, con atmosfere da noir rurale, laddove il giorno è molto più oscuro della notte, i fratelli Coen consegnano alla Settima Arte un riuscito apologo sulla fame, di soldi o di potere.

Edizione Dvd

La prima cosa che si nota dell'edizione dvd di Fargo è la povertà di contenuti. Il video è un 1.85:1 in anamorfico, nonostante la copertina affermi sia in letterbox. La qualità è altalenante, con una pulizia dell'immagine di bassa qualità, salvata in parte da una buona cromatura, ma si poteva comunque fare qualche sforzo in più.L'audio, in Dolby Digital 2.0 , italiano e inglese , è invece più che apprezzabile, con un suono pulito seppur non si raggiunga mai la perfezione, ma in un film del genere non è essenziale.Sottotitoli in italiano ed inglese.Extra nulli, e questa è forse l'unica grande pecca di un prodotto più che sufficiente.

Fargo Ancora una volta i soldi danno adito alle debolezze più spaventose dell'uomo: i Coen firmano con Fargo una delle loro opere più riuscite, riempendolo di personaggi e situazioni assolutamente irresistibili. La stessa ambientazione è il miglior luogo per rappresentare un gelo fisico e morale che attanaglia i protagonisti. Peccato per un'uscita dvd cui va il grande merito di aver recuperato una pellicola "semi-dimenticata" dall'home video, ma cui non avrebbe guastato la presenza di contenuti speciali.

7

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