Recensione EU 013 - L'ultima frontiera

Viaggio nel cuore del tema immigrazione e della dura realtà dei C.i.e.

Recensione EU 013 - L'ultima frontiera
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Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.


È sulle parole di un verso tratto dalla poesia Gli Emigranti (1882) di Edmondo De Amicis che si apre il documentario di Alessio Genovese dal titolo L'ultima frontiera. Un'opera importante sin dalle premesse, in quanto segna la prima volta di una troupe cinematografica all'interno dei C.i.e. (centri di Identificazione ed Espulsione), luoghi che ogni anno (r)accolgono al loro interno circa 8.000 stranieri privi del permesso si soggiorno e ivi costretti a ‘sostare' per 18 mesi prima di ricevere un foglio di via che li costringe a uscire dal territorio nazionale italiano entro pochi giorni. Un rimpatrio che di solito non avviene in quanto questi stranieri divenuti ben presto anche apolidi non vengono più accolti dai loro consolati e nello stesso tempo non possono restare in Italia per la mancanza di un'adeguata documentazione. Molti di loro si ritrovano dunque a transitare da un C.i.e. all'altro, da una situazione di stand by all'altra perdendo ogni giorno che passa la speranza di poter essere considerati persone anziché numeri all'interno di un sistema che li ignora o li rifiuta, e infilando un ciclo vizioso scandito unicamente da un'attesa a poco a poco sempre più estenuante. Eppure, quello raccontato da Alessio Genovese (classe 1981 e sin da subito interessato al duplice processo di migrazione/immigrazione) è il sistema standard di ‘controllo e regolazione' dei flussi migratori all'interno dell'area Schengen; un sistema che mostra falle sotto più di un punto di vista e che sottolinea (suo malgrado) le controverse politiche europee sull'immigrazione e la loro sostanziale tendenza ad abbandonare ‘l'altro' al suo destino se non a relegarlo in luoghi di confino che sempre più e con sempre maggiore fermezza marcano la differenza tra ricchi e poveri, fortunati e svantaggiati.

La voce negletta 'dell'altro'

Scritto e realizzato dallo stesso regista assieme a Raffaella Cosentino, il documentario di Alessio Genovese segue il filo delle storie che in 60 minuti l'occhio della camera intercetta e tenta di raccontare. Sono storie di uomini (e donne) intrappolate in un luogo ibrido (tutti gli 'ospiti' dei C.i.e. sono trattenuti senza processo e senza condanna, ma solamente per via di una detenzione amministrativa) che è rappresentativo della loro sostanziale condizione di ‘non appartenenza'. Privati dei loro documenti, della possibilità di procurarsi un lavoro, e di gettare le basi di una nuova esistenza, gli stranieri raggruppati nei C.i.e. sono l'ultima frontiera di una politica d'integrazione che non può (a discapito del suo nome) fare a meno di perpetrare le discriminazioni. Un sistema sbagliato che innesca un meccanismo perverso, ovvero quello dello straniero giunto da luoghi di fame, guerra, morte e che pensa di trovare in Europa la sua ancora di salvezza, ma che viene invece  messo subito spalle al muro, privato dei suoi diritti e costretto a delinquere pur di sopravvivere. Genovese si fa carico di ascoltare i pensieri, le parole inascoltate di queste persone senza alcuna voce. Una testimonianza importante dalla quale bisognerebbe ripartire per mettere a punto meccanismi più funzionali e democratici di accoglienza dell'altro perché sia (infine) una risorsa anziché (sempre e solo) un vuoto a perdere.

EU 013 - L'ultima frontiera Il documentario di Alessio Genovese L’ultima frontiera porta sul grande schermo la realtà (poco nota o, anzi, ben nascosta) dei C.i.e. (centri di identificazione ed espulsione) che nonostante la loro vocazione di centri d’accoglienza rappresentano in realtà dei veri e propri centri di smarrimento, l’anticamera di un’attesa di vita forse destinata a non concretizzarsi mai. Un lavoro (quello di Genovese) che ha il grande pregio di dare una voce a queste esistenze neglette che una voce non hanno o forse non hanno mai avuto. Uno spunto di riflessione sulla nostra Europa, sui motivi e i meccanismi che la tengono unita e sulla regole controverse del suo senso di appartenenza, che spesso e volentieri tendono a escludere ciò che (suo malgrado) risulta essere ‘non conforme’.

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