Recensione Era d'estate

Fiorella Infascelli racconta in Era d'estate la vacanza obbligata cui furono costretti nel 1985 i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme ai loro familiari, in quanto finiti in serio pericolo.

Recensione Era d'estate
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Il titolo Era d'estate è lo stesso di una delle più famose poesie in musica dell'indimenticabile Sergio Endrigo, ma, mentre lì si parlava malinconicamente di un amore passato, nel lungometraggio diretto da Fiorella Infascelli - cui si devono, tra gli altri, Zuppa di pesce e Il vestito da sposa - viene messo in scena l'isolamento con rispettive famiglie al seguito al quale, nel 1985, furono costretti all'Asinara i compianti giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Infatti, la regista spiega: "Tutto è cominciato all'Asinara, dove, qualche anno fa, stavo girando un documentario, Pugni chiusi. Ero all'interno del vecchio carcere, dove gli operai del Petrolchimico si erano autoreclusi per protesta. Un pomeriggio uno di loro mi portò a vedere una casa rossa sul mare e mi disse che lì Falcone e Borsellino, nel 1985, avevano scritto parte dell'ordinanza del maxi processo. Dopo qualche giorno, cercando altre notizie lessi un articolo di Caponnetto che ribaltava completamente quella versione: il vero motivo di quella strana e improvvisa vacanza era una soffiata arrivata da alcuni detenuti dell'Ucciardone. Si stava preparando un attentato ai due giudici e alle loro famiglie. Beppe Montana e Ninni Cassarà erano stati appena uccisi. Nel giro di poche ore Caponnetto diede ordine ai servizi di portare Falcone e Borsellino in un luogo sicuro. E il più sicuro di tutti sembrò l'isola dell'Asinara, dove all'epoca c'era il supercarcere di massima sicurezza. Sempre Caponnetto raccontava che i due giudici non avevano con loro le carte del processo e che, quindi, per molti giorni non poterono lavorare".

Giovanni e Paolo

Ed è nella piccola foresteria di Cala D'Oliva che troviamo Giuseppe Fiorello nei panni di un Borsellino che non esita a definire nichilista il proprio amico collega, cui concede anima e corpo il Massimo Popolizio di Romanzo criminale; man mano che i rapporti con i figli e con le mogli incarnate da Claudia Potenza e Valeria Solarino diventano sempre più intimi e che la vacanza obbligata trascorre tra notti insonni, pensieri, sorrisi e scherzi.
Perché, in attesa che il ministero fornisca ai due protagonisti le carte per continuare la stesura dell'ordinanza-sentenza del maxi processo entrato nella storia d'Italia, l'ironia non sembra affatto risultare assente e, in generale, il tono del racconto cerca in più occasioni di apparire scanzonato, probabilmente in modo da testimoniare come, nonostante la drammatica atmosfera che fece da preludio ai tragici attentati del 1992, i magistrati avevano ancora piena fiducia nel proprio operato - il cui interesse era quello di dimostrare l'esistenza di "Cosa Nostra" - e nelle persone che li appoggiavano.
Ma, con un Falcone che non si fida di nessuno e un Borsellino che intende affondare ancora più il colpo per arrivare a toccare i politici, l'unico pregio della circa ora e quaranta di visione finisce per essere individuato esclusivamente nelle prove sfoderate dal cast (comprendente anche Lidia Vitale e il Giovanni Anzaldo de Il capitale umano), in quanto, ammorbati da lentissimi ritmi di narrazione e dall'abbondanza di paesaggi da cartolina mirati in maniera evidente a giustificare il sostegno della Sardegna Film Commission, lo spessore non si distacca affatto da quello di una noiosissima (e inutile) fiction destinata al piccolo schermo.

Era d'estate Una pagina della storia dell’amicizia tra i magistrati Paolo Borsellino (di destra) e Giovanni Falcone (di sinistra), rispettivamente con le fattezze di Beppe Fiorello e Massimo Popolizio, sette anni prima degli attentati che li portarono alla morte. Una pagina che, attraverso Era d’estate, Fiorella Infascelli - affiancata in fase di sceneggiatura da Antonio Leotti - porta sul grande schermo senza riuscire, però, a coinvolgere in alcun modo lo spettatore, il quale non fatica a provare l’impressione di trovarsi dinanzi ad una soporifera fiction televisiva.

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