Recensione Detonator - Gioco mortale

Sonni Griffith, agente sotto copertura della CIA, si trova in Romania come infiltrato in una banda di trafficanti d'armi per impedire la vendita di un ordigno nucleare. Riuscito senza problemi nell'operazione l'uomo si vede affidare una nuova missione, quella di proteggere la bella Nadia, donna russa ricercata proprio dalla fitta di rete di trafficanti in quanto a conoscenza del luogo dove si trovano 30 milioni di dollari, necessari ai criminali per comprare una nuova potentissima bomba. Griffith però non dovrà vedersela soltanto coi malviventi poiché anche ai piani alti della CIA qualcuno sta cercando di eliminarlo...

Noia mortale

Che Wesley Snipes abbia seguito la carriera di basso profilo di altri suoi illustri precedessori è ormai un dato di fatto almeno dall'inizio del nuovo millennio: l'attore dal volto d'ebano è infatti impegnato da più di una decade in produzioni b/z-movie riservate per la maggior parte al mercato home video. Alla categoria appartiene anche Detonator - Gioco mortale, film girato dal Nostro nel 2006 per la regia del sino-britannico Po-Chih Leong, onesto mestierante (ma nulla più) del cinema di Hong Kong negli anni '80 e '90. Ambientata in Romania per ragioni prettamente riguardanti il risparmio economico e le sovvenzioni statali, la pellicola non aggiunge nulla di nuovo al filone, denotando inoltre diverse negligenze tecniche che rendono la visione più faticosa del previsto. A cominciare da una messa in scena che si rifà agli stilemi delle peggiori operazioni televisive di quindici anni fa, i novanta minuti di visione si adagiano su una narrazione telefonata (tanto che al "finto" colpo di scena finale non ci credeva proprio nessuno) costruita su un un susseguirsi di eventi improbabili, tra forzati tradimenti / doppigiochi e una sequela di dialoghi imbarazzanti che sfiorano il ridicolo involontario. Snipes si cala con poca convinzione, sfoggiando qua e là risatine alla Eddie Murphy e flirtando platonicamente per tutto il minutaggio con la dark lady di Silvia Colloca, costantemente in abiti succinti dalla prima all'ultima inquadratura nella quale è presente. E poi ancora inseguimenti automobilistici fuori dai canoni moderni, la lunga sequenza dello stadio fine a sé stessa con tanto di improvvisate similitudini tra il match e le sparatorie e un senso generale di monotonia affossano totalmente il senso dello spettacolo action.