Recensione Dead Rising: Watchtower

Dal popolare videogame Capcom un live action senza infamia e senza lode, che ripercorre con fedeltà citazionista tutti gli stereotipi del genere zombesco, tra splatter e ironia nera.

Recensione Dead Rising: Watchtower
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Dopo Resident Evil è probabilmente la saga zombesca più popolare sulle piattaforme videoludiche. Il franchise di Capcom, giunto al terzo capitolo digitale, ha beneficiato qualche mese orsono anche della sua prima trasposizione cinematografica con Dead Rising: Watchtower, titolo distribuito oltreoceano esclusivamente sulla piattaforma Crackle e in formato home video, che ha ottenuto un discreto successo di click tale da essersi assicurato un seguito previsto per l'anno prossimo. Con in cabina di produzione nientemeno che il Lorenzo Bonaventura di Transformers e dietro la macchina da presa Zach Lipovsky (suo il mediocre Leprechaun: Origins), questo live action vede come protagonisti volti più o meno conosciuti come Jesse Metcalfe (Desperate Housewives) e la bella Meghan Ory (Once upon a time), oltre a navigati caratteristi quali Virginia Madsen e Dennis Haybert.

Chop Till You Drop

Ambientata tra il secondo e il terzo capitolo dei videogame, la storia vede il reporter Chase Carter e la cameraman Jordon investigare in una zona posta sotto-quarantena dell'Oregon, dove il governo sta cercando di contenere un virus che trasforma le persone in famelici morti viventi. Le autorità stanno somministrando agli infetti un antidoto che però sembra non rivelarsi più efficace; quando alcuni pazienti divengono zombi si scatena il panico e durante la fuga le strade di Chase e di Carter si dividono. Così il ragazzo si ritrova a scappare in compagnia della bella e combattiva Crystal (la quale nasconde un segreto) e di Maggie, una madre che ha appena dovuto uccidere il figlio vittima dell'epidemia.

More of the same

Se è pur vero che non ci si annoia, e che gli amanti del videogioco coglieranno numerose citazioni, non si può certo dire che Dead Rising: Watchtower brilli per originalità. Nei 110 minuti (troppi) di visione si assiste infatti ad un vero e proprio ABC del genere, con situazioni reiterate che vedono i nostri eroi alle prese con tutti i luoghi comuni del filone morti viventi. Il supermercato, i rozzi e spietati biker umani, le motoseghe: non manca nulla del classico immaginario inaugurato da George A. Romero, con tanto di imminente bombardamento di massa sulla zona di quarantena. Il tutto va ovviamente inquadrato nella già citazionista essenza della fonte di ispirazione, che omaggiava per l'appunto tutti i leit-motiv del cinema di zombi: visto in quest'ottica è più facile perdonare le ingenuità narrative, forzate anche dal fatto di dover collegare i due capitoli della saga. Ed è altrettanto ovvio lo stile registico che, mescolando ironia e azione con efficaci ma mai disturbanti effetti splatter, non si fa notare mai più del dovuto e non si dilunga troppo nella componente introspettiva / drammatica. In questa voluta e, come detto, in parte giustificata fiera del già visto, a far storcere maggiormente il naso è la scelta del protagonista: Jesse Metcalfe non dimostra mai il giusto carisma, sfoggiato invece dalla tenace "bad-girl" di Meghan Ory.

Dead Rising: Watchtower Visione sicuramente gustosa per gli amanti del videogame, Dead Rising: Watchtower può divertire anche i neofiti se le aspettative non sono troppo alte. Le quasi due ore di visione infatti sfruttano sì un buon ritmo e discreti effetti speciali, ma vivono eccessivamente sui classici binari del genere tanto che del 99 % delle situazioni è facile prevedere lo sviluppo. Un action/horror b-movie pregno di un'ironia a tratti riuscita e di personaggi monodimensionali, che si lascia vedere senza troppa fatica ma che si dimentica in fretta.

5.5

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