Recensione Davanti agli occhi

Un thriller onirico per Uma Thurman.

Recensione Davanti agli occhi
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"Criminali si diventa, non si nasce"

“Criminals are made, not born” è la celebre frase che Andrew Kehoe intagliò nello steccato della sua fattoria prima dell'attentato alla Bath School nel 1927. Un'affermazione che lasciò trapelare uno stato di disperazione e disagio socio-emotivo a cui molti serial killer sono legittimamente legati.
Difficile analizzare la seconda opera dell'ucraino Vadim Perelman senza svelarne importanti retroscena. Fondamentalmente perché la sua prospettiva drammaturgica mira a eclissarne le caratteristiche sociali puntando il focus su due personalità, poste in spazi e luoghi temporali differenti, delle quali bisognerebbe indagare. Il tragico sfondo che motiva la narrazione riprende gli omicidi consumati all'interno di importanti istituti scolastici americani. In particolar modo si rifà alla tragedia del Columbine High School del 1999 in cui due ragazzi appena maggiorenni si intrufolarono nell'istituto massacrando 13 persone e ferendone 24. Al termine del loro gioco, privi ormai di qualsivoglia scarica di adrenalina, si suicidarono in una stanza già piena di cadaveri.

La scelta

Briar Hill, Connecticut.
Diana (Evan Rachel Wood) e Maureen (Eva Amurri) si incontrano nei corridoi della scuola diventando in meno di un anno amiche per la pelle. Non ancora maggiorenni, fanno molte esperienze ai limiti, tra le quali saltare la scuola, fare il bagno di nascosto nella piscina dei vicini, fumare spinelli e avere rapporti sessuali con ragazzi più grandi. Ma tra le due è Diane la trasgressiva, mentre Maureen si limita a seguire l'amica senza strafare, bloccata dalla sua timidezza e devozione al credo cristiano. Un giorno, apparentemente come tanti, nell'istituto succede qualcosa. Urla, poi degli spari e pianti. Un trambusto tale da allarmare le due amiche chiuse in bagno in uno dei loro momenti di relax. Non fanno in tempo a rendersi conto della situazione che un ragazzo, sfondando la porta con in mano una mitraglietta, pone loro una scelta: chiede a entrambe di scegliere a chi dovrà sparare. Alla fine del gioco soltanto una avrà salva la vita... Quindici anni dopo ritroviamo Diana (Uma Thurman) sposata, madre di una splendida bambina e con un marito adorabile. Una vita praticamente perfetta compromessa da quel terribile ricordo, portato nuovamente alla luce dall'anniversario della tragedia. Eppure, nonostante l'apparente benessere, la sua vita non sembra poi così perfetta...

Il velo dell'introspezione

Marcus, il ragazzo che intima alle ragazzine di scegliere chi delle due dovrà morire, ricorda proprio Dylan Klebold, uno dei due giovani assassini che sconvolsero la cittadina di Littleton in Colorado nell'aprile del 1999. Una similitudine che ne accende il valore sociale, portando alla mente una tragedia che nel 2007 si è riproposta al Virginia Tech segnando 33 morti e 29 feriti. Un argomento scottante, del quale si è detto molto ma si è approfondito poco. Perlman non si preoccupa neppure per un istante di seguire il point of view dell'assassino, quanto quello delle vittime, lasciando fino alla fine il dubbio. Così i flashback e continui riferimenti al passato di Diane valgono come pezzi di un puzzle mnemonico del quale si conoscono a malapena i nessi. I movimenti di camera rallentano mentre la musica avvolge i corpi muoversi nell'acqua; la fotografia la riscalda. Il microcosmo aiuta l'ipnosi, creando dei momenti di elegante catarsi, discutibili leit motiv del film - che si scopriranno essere un “repeat” sensato nonostante se ne faccia un uso eccessivo.
Bravissima Evan Rachel Wood nei panni della giovane Diana - spalleggiata dalla figlia di Susan Sarandon, Eva Amurri - determinata nell'argomentare un momento di profondo cambiamento - ruolo che in Thriteen - 13 anni le donò parecchia notorietà. Uma Thurman nel ruolo della madre apprensiva e ossessionata dalla violenza è invece il suo opposto, quella persona che sarebbe voluta diventare dopo le trasgressive esperienze giovanili. Ma anche questa considerazione risulta relativa alla luce dei fatti, poiché l'obbiettivo del regista è dar sfogo all'immaginazione, in un gioco di specchi fatto di parole e fatti che cambiano continuamente di significato.
Davanti agli occhi si inserisce nella difficile tipologia di film che non puo' e non deve subire classificazioni di alcun genere. E' una pellicola forte, capace di far riflettere e confondere allo stesso tempo. Paga la sua insistente pretesa di natura immaginifica nella struttura fallace, vittima di ripetizioni e frustrazioni oniriche che diluiscono senza motivo un plot sicuramente interessante. Lo stupore finale non manca, ma è fin troppo debole. Dispiace infine criticare aspramente il doppiaggio in italiano, nello specifico la voce italiana attribuita a Uma Thurman, totalmente fuori parte. Per questo motivo si consiglia la visione in lingua originale.

Davanti agli occhi Uno spunto interessante indebolito da una regia pedante, ripetitiva seppur aderente alla narrazione. Discutibile anche la scelta della doppiatrice della Thurman, completamente fuori parte. Ma al di là delle critiche, Davanti agli occhi appare senza ombra di dubbio interessante sotto molteplici punti di vista, gli stessi che, guarda caso, non gli permettono di sopraelevarsi oltre la formula, canonica, del racconto onirico. Un film insomma che non accetta compromessi, in estrema coerenza con l'approccio registico di Perelman, già autore del fulminante La casa di sabbia e nebbia.

6.5

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