Recensione Danza macabra

Al Festival del Cinema di Roma l'horror cult di Antonio Margheriti con Barbara Steele

Recensione Danza macabra
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Il giornalista Alan Foster conosce in un pub il grande scrittore Edgar Allan Poe, di cui è un grande ammiratore. Poe confessa al suo nuovo interlocutore che le storie che egli racconta sono realmente accadute, ma Foster si rifiuta categoricamente di credere al paranormale. Al tavolo siede anche Lord Blackwood, che propone al giornalista una scommessa: se riuscirà a passare una notte in un vecchio castello di sua proprietà, avrà vinta la somma di 100 sterline. Leggenda narra che chiunque abbia tentato in passato l'impresa sia misteriosamente scomparso nel nulla. Foster, incurante delle dicerie, accetta la scommessa ma ben presto si accorge che nella magione vi è davvero qualcosa di strano e di non essere solo come pensava...Nel 1963 l'horror gotico italiano annovera un altro dei suoi tasselli fondamentali con Danza macabra (ripresentato in versione restaurata in questi giorni al Festival del Cinema di Roma), film diretto da Anthonio Margheriti (che si firmò con l'abituale pseudonimo Anthony M. Dawson) che subentrò in corsa all'altrettanto noto Sergio Corbucci, anche autore della sceneggiatura. Un'opera diventata ben presto di culto non solo sul suolo italico e che può vantare la presenza della ormai onnipresente star del filone Barbara Steele, lanciata pochi anni prima da La maschera del demonio di Mario Bava.

Danza di spettri

Un castello, un giornalista scettico e un gruppo di inquieti fantasmi: la ricetta è servita su un piatto d'argento. E se il plot può apparire non proprio originalissimo, lo svolgimento è senza dubbio di grande effetto poiché il racconto si sviluppa abilmente tramite flashback chiarificatori integrati nella contemporaneità della narrazione che svelano pian piano il passato della dimora e dei suoi abitanti. Un luogo infestato che si trasforma ben presto in una prigione dalla quale è impossibile fuggire e nella quale si intersecano storie d'amore tormentate e tragici delitti sempre e comunque legati dalla passione. Ed è proprio il sottile erotismo che pervade i rapporti tra i protagonisti una costante fascinosa che ben si interseca con l'ottima caratterizzazione dei personaggi. Le inquadrature, lente e sempre controllate visivamente sul filo di una fotografia oscura che lascia molto spazio a giochi di luci e ombre e ad improvvise apparizioni, riescono a ricreare una costante atmosfera di pregnante inquetudine che dopo il breve prologo pervade praticamente ogni minuto di visione, deflagrando in un epilogo tanto dolceamaro quanto beffardo. Nonostante Danza macabra regga ancor oggi benissimo il peso del tempo il regista lo trovava "datato", al punto da girarne egli stesso un remake a colori nel 1971 dal titolo Nella stretta morsa del ragno che, seppure godibile, risulta comunque incapace di eguagliare la bellezza dell'originale.

Danza macabra Danza macabra è una ghost story dalla narrazione classica che si sviluppa attraverso flashback intersecati al continuum del racconto e che mantiene una costante tensione fino all'epilogo. Grazie all'ottima fotografia e ad una regia placidamente ragionata Margheriti crea un'opera suggestiva sorretta anche dall'ottima caratterizzazione dei personaggi, con la presenza ormai costante nelle produzioni di genere della sensuale Barbara Steele.

8

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