Recensione Dalla Cina con furore

Il film che ha reso Bruce Lee una leggenda

Recensione Dalla Cina con furore
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E' nel 1972 che ha inizio una leggenda. In quell'anno infatti giunge il successo planetario per Bruce Lee, indimenticata e indimenticabile star dei kung-fu movie capace grazie alla sua immagine di esportare un genere perlopiù limitato ai confini cinesi in tutto il resto del mondo. Ma Dalla Cina con furore, il film per l'appunto dell'esplosione di notorietà dell'attore/atleta, non è stata la prima incursione di Lee nel cinema di Hong Kong. Nell'ex colonia inglese infatti Lee, dopo la partecipazione hollywoodiana alla serie tv The Green Hornet, aveva esordito davanti la macchina da presa già l'anno prima con Il furore della Cina colpisce ancora (titolo creato ad hoc dai distributori italiani per sfruttarne la scia di marketing), pellicola che però vide un'uscita posteriore alla successiva in praticamente tutti gli altri paesi occidentali, Stati Uniti inclusi. Fattore assai curioso proprio riguardo alla distribuzione nella terra dello zio Sam, è stato quello dello scambio tra le traduzioni dei due sovracitati titoli, tale che Dalla Cina con furore venne tradotto con The Chinese Connection (riprendendo il titolo originale de Il braccio violento della legge, The French connection) mentre Il furore della Cina colpisce ancora con Fists of fury, non impedendo comunque l'assalto ai botteghini. Dalla Cina con furore è stato inoltre oggetto di vari sequel remake, tra i quali ci preme di segnalare il sequel ufficiale, New Fist of Fury, con un giovane Jackie Chan (qui offertosi come controfigura del maestro giapponese Suzuki in una delle rocambolesche e pericolose scene del finale), Fist of Fury: the Sequel diretto e interpretato da Donnie Yen, e Fists of Legend con protagonista Jet Li. Tre star di epoche successive che, a loro modo, hanno reso degnamente omaggio alla leggenda.

Fists of fury

Shanghai, 1910. Chen fa ritorno alla sua scuola di arti marziali e scopre che il venerando maestro è morto in seguito a circostanze misteriose. Durante il funerale del vecchio fanno irruzione i rappresentati della scuola giapponese di karate, portando con loro un cartello offensivo con scritto "marionette dell'Asia". Chen, che sin da subito covava dei sospetti nei loro confronti, decide di reagire alla mancanza di rispetto recandosi al dojo nipponico e sfidandone i membri, battendoli tutti quanti con un'irrisoria semplicità. Questa dimostrazione di forza attira le ire dei piani alti del Sol Levante (ai tempi la Cina era per l'appunto vittima della dominazione straniera) che decidono di usare anche la propria polizia per catturare Chen, e continuando a vessare gli altri membri della sua scuola. Ma l'intento di vendetta del ragazzo, che intanto ha scoperto i reali mandanti dell'omicidio del suo maestro, è appena all'inizio...

The Legend

Rival schools: così erano chiamati i film di kung-fu che vedevano opporsi diverse scuole di allievi / studenti. Sottogenere che trova proprio qui il suo più famoso esponente, un film che ha segnato diverse generazioni e ha contribuito alla diffusione della suddetta arte marziale nelle palestre di tutto il globo. Dalla Cina con furore, pur non privo di una buona base narrativa, vive, è inutile dirlo, soprattutto del carisma fisico e interpretativo del suo protagonista. Chen non è un combattente solitario in cerca di una vendetta personale, ma si trasforma nell'eroe simbolo di un popolo pronto a lottare contro le ingiustizie dell'invasore straniero. I giapponesi, come è ben nota la rivalità / ostilità tra i due Paesi, sono anche in questo caso crudeli e subdoli all'eccesso e si pongono così come vittime perfette della ricerca di giustizia di Chen. Un uomo pronto a seguire i suoi ideali di libertà che però non esita a sacrificarsi per il bene dei suoi compagni, conscio che il popolo cinese avrà sempre nuovi eroi da mettere in campo per far valere i propri diritti. La trama pur nella sua semplicità non è mai forzata e riesce a inserire le numerose sequenze di combattimento con una certa naturalezza, rendendole quasi sempre giustificate e lasciando modo al suo interprete di sfogare nel migliore dei modi la sua incredibile fisicità. Kung-fu all'ennesima potenza, tra calci volanti e urla ruggenti, in cui fa la comparsa, per la prima volta su grande schermo, anche l'uso del nunchaku, arma in realtà di prevalente uso nipponico ma qui usata da Lee con mirabile dovizia. Un Lee che oltre a darle a destra e a manca si offre anche ad un mimetismo attoriale assai gustoso, con diversi travestimenti e sotterfugi atti a ingannare il nemico e che misero in mostra anche l'attore dentro l'atleta. Ricco di scene culto, dalla lotta tra Chen e decine di allievi giapponesi (preceduta dalla frase di sfida iconica "solo tu, o tutti insieme?") sino alla "moltiplicazione" visiva delle braccia nel combattimento finale col russo, Dalla Cina con furore coinvolge e appassiona per 100 minuti epici e avvincenti.

Dalla Cina con furore Dalla Cina con furore ha offerto, con una storia semplice ma non priva di passione e orgoglio nazionale, il trampolino di lancio per il successo planetario di Bruce Lee, qui maestoso nelle performance fisiche ma anche in grado di mostrare tutto il suo carisma attoriale. Nonostante gli stereotipi (volendo in parte anche giustificabili) nei confronti degli stranieri, invasori giapponesi in primis, il film ha sua forza possente e genuina che ruggisce rabbiosa come il suo protagonista.

8.5

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