Recensione Come non detto

Gradevole commedia sulle difficoltà di fare "coming out"

Recensione Come non detto
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Essere gay e non riuscire a dirlo alla propria famiglia.
Il cinema italiano racconta l’omosessualità. Non è la prima volta e, ci scommettiamo, non sarà di certo l’ultima.
Lo ha fatto, in più occasioni, sfruttando proprio l’espediente della commedia, attraverso storie e personaggi che hanno saputo coniugare in modo più che discreto un tema sempre scomodo e attuale ai più classici stilemi del genere; Mine vaganti (2010) di Ferzan Özpetek ne è senz’altro l’esempio più significativo.
E allo spumeggiante teatrino di equivoci, risate e sentimenti partecipa anche il romano Ivan Silvestrini con il suo film d’esordio Come non detto, che si presenta sulla carta - e, in parte, anche nei fatti - come l’ennesimo tentativo volto a proseguire il cammino intrapreso dal sopraccitato Mine vaganti e su cui molte altre pellicole, con risultati alterni, si sono già imbattute.
Protagonista è Mattia (Josafat Vagni), ragazzo poco più che ventenne in procinto di trasferirsi in Spagna per raggiungere il fidanzato Eduard (Josè Dammert), con cui ha da poco iniziato una storia d’amore.
I genitori sono del tutto all’oscuro della loro relazione e del fatto che Mattia sia omosessuale, e, a primo impatto, non sembrano certo il tipo di persone ben disposte a condividere una simile scelta da parte del proprio figlio.
Non volendo però deludere il fidanzato, Mattia gli fa comunque credere che i suoi hanno accettato la situazione e che sono ansiosi di conoscerlo.
Nel momento in cui Eduard annuncia a Mattia il suo imminente arrivo a Roma, per il giovane iniziano i problemi; la sfida più dura sarà proprio quella di rivelare ai familiari la sua vera “natura"...

COME AS YOU ARE

Farà discutere, Come non detto. E’ una commedia, sì. E’ semplice, leggera, garbata, sottile. Ma nelle intenzioni del regista e, ancor più, dello sceneggiatore Roberto Proia - la pellicola è tra l’altro ispirata al suo romanzo omonimo - c’è forse, anzi, quasi certamente qualcosa di ben più profondo, che va al di là delle battute, delle gag e dei luoghi comuni triti e ritriti.
Silvestrini e Proia sembrano infatti aver capito che, spesso e volentieri, la continua imitazione dei modelli del passato non porta a nulla se non all’autodistruzione del proprio lavoro, e farlo qui in Italia è oltretutto assai rischioso, perché se fai un film sui gay citando Brokeback Mountain e lo vai pure a dire, altro non sei che uno svogliato copione in cerca di applausi, mentre in America saresti, al contrario, il nuovo Ang Lee.
E allora, con un pizzico di provocazione adeguatamente dosato, Come non detto prova a essere quanto di più originale e genuino ci si possa aspettare dal cinema italiano della nuova era; lo fa partendo da uno spunto che nulla vuole essere fuorché un banalissimo trampolino di lancio, per poi abbracciare, oltre all’argomento “omosessualità”, altre importanti tematiche quali la famiglia, i giovani e l’amore.
In effetti, la trama, come detto, è scontata, l’intreccio risaputo, i personaggi stereotipati e molte situazioni prevedibili, ma si avverte però anche molta freschezza, onestà e un costante impegno nell’esplorare a fondo ogni frangente del racconto.
Il film dosa bene risate e momenti di riflessione, e deve gran parte della sua riuscita a un cast unito e affiatato, che trova i suoi massimi esponenti, più che nel protagonista Josafat Vagni, nei vari comprimari interpretati dall’ex Libanese Francesco Montanari, insolito ma gradevole nelle doppie vesti del gay Giacomo e della drag-queen Alba Paillettes, Andrea Rivera, Lucia Guzzardi, una sempre fantastica Monica Guerritore e un impeccabile Ninni Bruschetta.
Non sarà alla fine tutto questo granché l’opera prima di Ivan Silvestrini, non sarà una rivoluzione e nemmeno una clamorosa novità, ma, lo ripetiamo, non mancherà senz’altro di accendere gli animi e di farsi apprezzare per la sua mai ostentata, mai superba e mai troppo orgogliosa autenticità.

Come non detto Dal romanzo omonimo di Roberto Proia, anche sceneggiatore, il romano Ivan Silvestrini trae ispirazione per una commedia fresca e gradevole con piacevoli momenti di riflessione e un ottimo cast di comprimari. Lungi dall’essere un capolavoro, causa molte situazioni già viste e un impianto narrativo prevedibile, si tratta comunque di un prodotto che scorre via senza particolari intoppi e che si lascia guardare con interesse, regalando un’ora e mezza di sano, genuino divertimento.

6.5

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