Collateral Beauty, la recensione del film con Will Smith

Arriva al cinema il film con Will Smith, Keira Knightley ed Edward Norton. Un' intimista commedia corale che accende i riflettori sul senso della vita.

Collateral Beauty, la recensione del film con Will Smith
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Collateral Beauty, presentato in anteprima al Dubai International Film Festival dello scorso dicembre, si basa sull'assunto che tutti noi essere umani siamo legati da gioie e dolori, ambizioni e delusioni. Howard (Will Smith) è un pubblicitario di successo, un leader geniale che traina con il proprio entusiasmo un team di creativi sempre sulla cresta dell'onda. Sa spronarli con discorsi visionari, oltre che con l'esempio, e tirare fuori il meglio di loro. I clienti lo adorano, anzi lo venerano perché, diciamocelo pure, è una macchina da soldi inarrestabile. La vita, però, gli fa lo sgambetto e dopo aver perso la figlia di sei anni si raggomitola in un ostinato mutismo, si aggira in modalità zombie in ufficio e dorme in un minuscolo e spoglio appartamento, senza tv, cellulare o connessione a internet. Rifiuta il mondo e si accanisce contro le tre astrazioni che tanto aveva ammirato: l'Amore, il Tempo e la Morte. Ha sempre detto che sono i motori dell'esistenza, i legami più forti tra individui. D'altronde chi non anela all'amore, vorrebbe avere più tempo e teme la morte? Quando i colleghi scoprono che di nascosto scrive a queste entità delle lettere, decidono di spronarlo a reagire facendo leva proprio sulle sue illusioni. Il socio e miglior amico Whit (Edward Norton) con l'aiuto di Claire (Kate Winslet) e Simon (Michael Pena) assoldano tre attori per interpretare le astrazioni a riportaree Howard alla realtà. Brigitte, stravagante e istrionica, è la Morte (Helen Mirren, divina come sempre) mentre Keira Knightley, volubile ed eterea, dà il volto ad Aimee/l'Amore e il ribelle e scontroso Raffi (Jacob Latimore) incarna il Tempo.

Il Canto (stonato) di Will

L'idea ha il suo fascino, forse perché ricalca i fantasmi del Canto di Natale di Charles Dickens, ma non riesce a colpire nel segno. La critica americana ha massacrato il film, quella nostrana non si è ancora espressa del tutto ma una cosa è certa: le potenzialità di questa storia sono rimaste inespresse, spesso soffocate dalla retorica e dai virtuosismi di una sceneggiatura troppo "astratta". La pungente poesia di Howard non trova una risposta altrettanto efficace, tranne forse in alcuni isolati dialoghi come quello in cui Helen Mirren dice che: "La Morte non ha molti ammiratori e non capisco perché: è una liberazione". Lo sceneggiatore di Collateral Beauty, Allan Loeb, ex giocatore d'azzardo, ha sperimentato sulla propria pelle la sensazione di smarrimento e rinascita, ma non è riuscito a trasmettere fino in fondo tutte le sfumature emotive che una perdita comporta. Si è come fermato al livello più superficiale del lutto senza indagare alcuna transizione o fase, come se la perdita di una persona cara fosse solo un interruttore che spegne la luce e che prima o poi si riaccende toccando il tasto giusto. Una semplificazione del genere, racchiusa nel concetto di "bellezza collaterale" che dà il titolo al film, a dispetto del cast stellare e delle ambientazioni di forte impatto, non riesce a coinvolgere il pubblico fino in fondo. L'ambizione iniziale di lanciare un messaggio significativo, anche se attraverso una saggezza un po' new age, cede a tratti in Collateral Beauty il passo alla banalità. E non basta neppure la maestria interpretativa di Helen Mirren o la toccante delicatezza di Kate Winslet a risollevare le sorti di una pellicola piena di buone intenzioni, anche se spesso disattese.?

Collateral Beauty Cast stellare, idea brillante anche se non originalissima. Eppure non basta la manipolazione emotiva (neppure sotto le feste) per promuovere a pieni voti Collateral Beauty, un film corale un po’ troppo retorico.

6

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