Recensione Cinque Tequila

Il messicano Jack Zagha Kababie dirige Cinque Tequila, on the road "zoppicante" ma pieno di senso di tre vecchietti con un sogno da realizzare.

Recensione Cinque Tequila
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Un'ultima Tequila (o, meglio, Cinque Tequila) insieme nello stesso bar e riuniti attorno al tavolino di sempre, segnerà la dipartita di un caro amico, compagno indimenticato delle sfide a domino, e per i tre amici ottantenni (Emiliano, Augustin, e Benito) s'innescherà la voglia di portare a compimento l'ultimo desiderio espresso in fin di vita dall'amico scomparso. Ovvero far giungere presso il museo della cittadina messicana di Guanajuato un tovagliolo di carta con su riportata (con dedica vergata a mano) la prima versione di un celebre pezzo di José Alfredo Jimenez, vero mito musicale della musica ranchera messicana, che l'amico aveva custodito come un vero tesoro. Al netto degli acciacchi fisici e delle idiosincrasie acute che la loro età comporta, i tre ‘arzilli' amici partiranno così alla volta della loro meta, luogo ideale più che formale di riconciliazione con la loro terza età e (soprattutto) con la loro vita. Aneddoti, incontri imprevisti e speciali, accadimenti di ogni sorta segneranno e arricchiranno questo viaggio lungo il bordo frastagliato dei consuntivi di vita, quelli che superati gli ottanta hanno spesso il senso delle "ultime cose da fare", ma anche il valore delle cose davvero importanti da realizzare.

Ottanta e non sentirli...

Arzilli, ma non troppo, i tre protagonisti di Cinque Tequila si muovono buffi, scoordinati e doloranti attraverso il sentiero scosceso della vita, lungo il paesaggio multiforme di un Messico intimo, nostalgico, lontano da qualsiasi elemento di riconoscibilità. Jack Zagha Kababie, giovane regista messicano classe 1979, realizza dunque con Cinque Tequila una riflessione dolce-amara sul valore dell'amicizia e sull'importanza dei sogni, da coltivare anche quando la clessidra della vita sembra essere a pochi granelli dalla fine. Quel Messico spesso associato al cinema della violenza, della rivoluzione di frontiera, delle droghe, dei traffici, e in generale legato a storie dove la luce della speranza è sempre troppo flebile e i sogni sono quasi sempre infranti, si apre invece nell'opera di Kababie a una nuova identità. Attorno al concetto di una terza età che reclama a gran voce il proprio ruolo, Cinque Tequila ristabilisce il contatto con l'importanza dei simboli, dei gesti, di una meta da inseguire anche quando appare irraggiungibile. Armati di pazienza, bastoni, determinazione, passo lento ma spedito, i tre simpatici protagonisti dell'opera di Kababie sfilano infatti all'interno di una coreografia di alti e bassi, colpi di genio o di sventura che ristabiliscono il colore della vita, anche (e soprattutto) sulla soglia profondamente rivelatrice degli ottanta. Un on the road epifanico sostenuto dalla vulcanica simpatia dei tre protagonisti.

Cinque Tequila Dal Messico arriva una commedia dolceamara che segue l’on the road di tre ottantenni alle prese con un sogno da realizzare. Tra accidenti ed imprevisti, incidenti di percorso e pause fisiologiche, il messicano Jack Zagha Kababie costruisce in Cinque Tequila una riflessione delicata e sincera sul senso della vita, dei sogni, tutti filtrati nella prospettiva di un tempo che fugge e dell’età che avanza. Una commedia godibile alimentata da una buona mescolanza di humour e malinconia, e da un trio di “vecchietti” davvero amabili.

6.5

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