Recensione Ciliegine

L'opera prima di Laura Morante in una rivisitazione umana dei personaggi schulziani

Recensione Ciliegine
Articolo a cura di

Dopo sette anni di ‘gestazione' Laura Morante dà alla luce il suo primo film da regista (nel quale veste anche i panni di protagonista, sceneggiatrice e produttrice) prodotto e girato in Francia ma coprodotto anche con l'Italia. Si tratta di Ciliegine, titolo che traduce il più esaustivo La cerise sur le gâteau (la ciliegina sulla torta), ovvero l'immagine dal quale il film della Morante prende corpo per parlare di un tema da sempre assai chiacchierato come quello della diversità di percezione e di comportamento che intercorre tra il sesso maschile e quello femminile. Perché se è vero che gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere, è pur vero che sul pianeta terra la distanza ‘spaziale' tra i due sessi sembra spesso tradursi in una lontananza mentale non sempre facilmente colmabile. Contaminato di situazioni e sensazioni che prendono spunto dall'osservazione del mondo reale, Ciliegine affronta in tono parodico la suscettibilità femminile rapportata a un mondo maschile che vive i rapporti in modo decisamente più svagato e meno pignolo. Pur debitore in qualche misura delle idiosincrasie alleniane (qui tradotte e coniugate al femminile) la vera ispirazione di Ciliegine è però (per ammissione della stessa Morante) il mondo a un tempo romantico e crudele dei personaggi disegnati dal celebre fumettista Schulz. Ed è infatti proprio nell'incarnazione di una Lucy così idealisticamente romantica da apparire scontrosa e quasi inavvicinabile che Laura Morante plasma il personaggio di Amanda, fondamentalmente incapace di scendere a compromessi con le mille ‘pecche' del relazionarsi perché ancorata a un'idea romantica inverosimilmente applicabile alla realtà.

L’androfobia di Amanda

Amanda (Laura Morante) è una bella cinquantenne con una cronica difficoltà ad avere rapporti con l'altro sesso, del quale registra senza alcuna moderazione tutte quelle imperfezioni e deficienze che poi non fa che ricondurre al latente egoismo o (peggio) al dichiarato menefreghismo dell'attuale (o potenziale) partner. Così facendo la sua vita sentimentale è inesorabilmente pregiudicata dalla diffidenza e dal malinteso; un approccio all'universo maschile segnato da una tale insofferenza che Hubert (eccentrico psicanalista e marito di Florence, migliore amica di Amanda) ha 'professionalmente' etichettato come androfobia, ovvero la sostanziale paura degli uomini. Aneddoto emblematico di questo malessere relazionale è rappresentato da una serata trascorsa in compagnia del compagno Bertrand, in occasione del loro anniversario, durante la quale l'uomo inghiottirà (sconsideratamente) l'unica ciliegina candita che guarnisce la fetta di torta consacrata alla ricorrenza. Quel gesto apparentemente innocuo e fin troppo banale risveglierà in Amanda un senso virulento di frustrazione e insoddisfazione che sembra contraddistinguere tutti i suoi rapporti. Eppure, qualche sera dopo, recatasi (malvolentieri) a un veglione di fine anno organizzato da una collega di Florence, Amanda si ritroverà a interloquire e a relazionarsi amabilmente e senza paletti con Antoine (Pascal Elbe). Convinta infatti (per via di un malinteso) che Antoine sia omosessuale, Amanda instaurerà con l'uomo un rapporto privo di sovrastrutture e muri, sentendosi libera dalla minaccia di ‘relazione'. Così senza saperlo e, soprattutto, senza rendersene conto si metterà (forse) per la prima volta davvero in condizione di aprirsi alla vulnerabilità dell'amore.

Tra percezione e realtà

Briosa e sostanzialmente leggera l'opera prima della Morante corre sui binari di un registro romantico idealizzato e innervato dalla percezione per certi versi ‘alterata' della protagonista Amanda, disposta a vedere le luci di un cielo stellato e la bellezza delle cose solo se posta in una condizione emozionale di ‘non implicazione'. Molto attento a centrare attraverso l'esasperazione di certi atteggiamenti il divario esistente tra l'ostilità riservata ai soliti partner e la naturalezza dedicata all'unico uomo che Amanda ritiene ‘innocuo', Ciliegine rimane fluido ed efficace nella rappresentazione di una mente femminile che analizza i rapporti fino a ridurli inesorabilmente a brandelli, e di un'indole maschile che invece tende ad abitare la nave-rapporto senza indugi fino (e magari oltre) a naufragio avvenuto. Pur caratterizzata da una seconda parte meno incisiva in cui gli snodi narrativi appaiono troppo finalizzati a giustificare il corollario-psicanalitico di base, la Morante riesce a innervare la pellicola di una densa trama percettiva, che al di là della opinabile verosimiglianza della storia, schiude tutto l'attrito tra il bisogno d'amore e di comprensione dell'essere umano e la sostanziale paura che questa necessità venga disattesa (o peggio) calpestata.

Ciliegine Primo film da regista per Laura Morante (nella molteplice veste di attrice, regista, sceneggiatrice e produttrice, affiancata nelle varie fasi di realizzazione del film dai tre uomini-mariti della sua vita), Cilegine fonde il romanticismo melanconico del cinema francese con la stilizzazione di personaggi ispirati a un ideale (o imperfetto) mondo dei sentimenti. La Morante è brava a tratteggiare con disincanto e dedizione la sua bivalente Amanda-Lucy, sostenuta nel compito da un cast affiatato che include Pascal Elbe nel ruolo di Antoine e Isabelle Carré nel ruolo della solare amica Florence. Un film che si perde un po’ nella sovrabbondanza narrativa della seconda parte, dove l’incastro delle tante chiavi toglie al film un po’ di quella sognante genuinità.

6.5

Che voto dai a: Ciliegine

Media Voto Utenti
Voti: 11
6.2
nd