Chronicle, la recensione del sorprendente film di Josh Trank

Josh Trank e i suoi adolescenti con super poteri per un debutto clamoroso: la nostra recensione di Chronicle.

Chronicle, la recensione del sorprendente film di Josh Trank
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Andrew, Matt e Steve sono tre normalissimi studenti liceali. Andrew è timido e introverso, maltrattato a scuola e con diversi problemi in famiglia: la madre è molto malata, mentre il padre, dopo essere stato congedato dal corpo dei Vigili del Fuoco a seguito di un incidente, ha difficoltà a mandare avanti la famiglia, e affoga dispiaceri e scatti d'ira nell'alcol. Unico amico del ragazzo è il cugino Matt, appassionato di filosofia ma più estroverso, che lo introduce al mondo delle feste, in cui tuttavia non riesce ad ambientarsi. Andrew sfoga la frustrazione documentando il suo mondo tramite una videocamera di seconda mano, e proprio quella fornirà l'occasione ai ragazzi di fare amicizia con Steve, intelligente e sportivo, ma non per questo non incline al divertimento. Mentre documentano a video una strana scoperta archeologica notturna, i ragazzi vengono a contatto con forze sconosciute, che fanno loro perdere i sensi. Successivamente, i tre scoprono di avere sviluppato poteri telecinetici, potendo spostare gli oggetti con la forza del pensiero. Ma come si avvarranno tre ragazzini di un simile potere?

Un film che mette insieme alcune delle tendenze più forti ad Hollywood negli ultimi dieci anni può, in alcuni casi, far partire prevenuti. Ancora adolescenti coi superpoteri? Ancora un finto documentario? E un altro giovane regista che tenta di sfondare con queste tematiche? Domande prevenute, forse, ma anche legittime quando chi se le pone ha visionato decine di pellicole simili, negli ultimi anni, nate e cullate sulla moda del momento e poi, dopo un successo effimero, abbandonate e dimenticate dai più.
Eppure Chronicle è effettivamente diverso. Sarà il talento visivo del regista Josh Trank, o quello narrativo di Max Landis, figlio del mitico John di The Blues Brothers, Una poltrona per due e tanti altri miti anni '80. Sarà l'essere riusciti a prendere il meglio da questi generi, affrontandolo con un occhio 'realistico' che, per quanto palesemente 'controllato' nelle direzioni che vuole prendere, non si accascia mai su livelli di mediocrità narrativa o di indulgenza nei confronti dello spettatore.

L'idea di raccontare il tutto tramite nastri registrati, per quanto leggermente forzata in alcuni punti, dona efficacia alla narrativa e allo sguardo proprio dei ragazzi, non limitandosi, tuttavia, alla classica e alla lunga stancante visuale a spalla tipica del genere. Non sarà solo la videocamera di Andrew, difatti, a riprendere l'azione, ma anche altre 'ambientali', offrendo diverse visuali, oltre a quella ricavata dalla camera del ragazzo che, tuttavia, non è mai 'fissa', essendo controllata dal pensiero dello stesso e garantendo, così, soluzioni decisamente originali.
L'altra nota di merito è, come accennato prima, una concettualizzazione dell'uso dei poteri sensata e lontana dal buonismo manicheo e semplificato visto in altre opere simili. “Boys will be boys” come si suol dire, e un adolescente con superpoteri, nella realtà, userebbe il suo potere per prima cosa per divertirsi, senza stare troppo a pensare di diventare un supervillain o, al contrario, un supereroe.
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità? Nel mondo reale, di fronte a certi poteri, sarebbe una verità relativa. E allora ecco che i ragazzi, nonostante si diano delle regole, utilizzano le loro abilità unicamente per fare scherzi ai passanti e ai compagni di scuola, per goliardie in stile Jackass e per “farsi un giro” librandosi in volo come se fosse una normale corsa con lo scooter.
Ma l'incoscienza tipica dell'età, unita all'ebrezza del potere, può portare a gravi conseguenze: vendicarsi di un torto troppo a lungo subito può innescare, involontariamente, una spirale dal quale è molto difficile uscire...

Trank e Landis lo sanno bene, e testimoniano di aver recepito benissimo la lezione degli ultimi trent'anni di cinema e fumetto supereroistico, sia dal punto di vista visivo (con rimandi non solo alla scuola americana, ma anche ai manga, Dragon Ball Z in primis) ma soprattutto dal punto di vista delle tematiche, per l'occasione ribaltate, ma che riescono ancora a far riaffiorare nella mente i tipici dilemmi dei supereroi Marvel, e soprattutto il loro rapporto con la quotidianità e gli esseri umani 'normali'. Andrew, figura centrale della storia, passa dall'essere un novello Peter Parker al porsi come una sorta di Magneto, e i riferimenti sono davvero troppo palesi per non coglierli.
Ma anche le buone storie, se non vengono narrate a dovere, perdono di incisività: per fortuna non è questo il caso, anche grazie ai tre ragazzi protagonisti, sempre convincenti anche nelle scene più bizzarre (e si sa, la sospensione d'incredulità nei found footage è costantemente sul filo del rasoio).
Nota a parte per gli effetti speciali: il film è costato appena 15 milioni di dollari, che per un film di supereroi di una major è una bazzecola, eppure vanta diverse scene discretamente spettacolari, a fronte, tuttavia, di una minor resa delle scene iniziali. Non si capisce come mai gli FX visti nell'ultimo segmento della pellicola, in quanto più complicati, rendano meglio di quelli più semplici che si vedono all'inizio della stessa, come sassi o mattoncini LEGO levitanti. Ma poco ci importa, visto il risultato finale.

Chronicle Chronicle, nonostante sfrutti tematiche e stili di ripresa ultimamente abusati, riesce a dire efficacemente la propria grazie ad un approccio 'realistico' anche se, in parte, prevedibile, nonostante qualche spiazzante sorpresa. Le sequenze meno interessanti sono sicuramente quelle di vita scolastica, volutamente esagerate, ma contribuiscono a configurare il mondo in cui i protagonisti vivono e il disagio sociale provato da Andrew, prologo alle scene più forti (e migliori) del film. Sicuramente da vedere se vi appassiona l'ipotesi dei superpoteri vissuti (e utilizzati) da normali teenager.

7

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