Recensione Chiamata Senza Risposta

Spirito inquieto versione mobile

Recensione Chiamata Senza Risposta
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Premessa

E così quella grande ed insaziabile centrifuga miliardaria che è il cinema statunitense nella sua variante più spiccatamente mainstream, cioè rivolta ad un pubblico quanto più ampio possibile con l'obiettivo di incassare quanta più grana possibile, miete un'altra vittima j-horror, andando questa volta ad assorbire per poi risputare con connotati decisamente occidentali uno dei lavori minori dell'outsider giapponese Takashi Miike, quel The Call diretto (pare) su commissione che andava dritto dritto ad inserirsi in una sequela di titoli del terrore asiatici tutti a base di spiriti inquieti, rancori irrisolti e tecnofobia. D'altronde il blob dello spettacolo stelle e strisce funziona così e quando fiuta l'affare, piuttosto che sottotitolare o doppiare preferisce rifare sboroneggiando la propria superiorità congenita di capitali e in un certo qual senso 'culturale'. E se a volte il risultato può dirsi apprezzabile e riuscito (ricordiamo con piacere il primo The Grudge, peraltro firmato dallo stesso Shimizu, autore del corrispettivo Ju-On), in altri appare decisamente superfluo per non dire 'scadente'. E' purtroppo il caso di questo Chiamata Senza Risposta...

Cenni narrativi

Un'affascinante studentessa di colore è concentrata sullo studio di quello che sembra un libro di anatomia nella sua bellissima villa orientaleggiante, con tanto di 'autunnale' piscina-stagno a seguito. E' in compagnia del suo gatto e del suo fido cellulare, che dopo la rituale conversazione con un'amica ripone sul tavolo per tornare a concentrarsi sulla lettura del 'mattone'. Qualcosa però non quadra... La sua micetta improvvisamente sparisce tra un fotogramma e l'altro, intervallati da una rapida occhiata di controllo... La tensione thrilling ha ufficialmente inizio... E verrà rilasciata solo in concomitanza della morte della ragazza...

Considerazioni

Chiamata Senza Risposta non comincia esattamente così, ma la sequenza sommariamente descritta segue il brevissimo prologo e dà il via alla serie di morti più o meno violente aventi come unico comune denominatore un'inquietante suoneria da telefonino e vari effetti speciali di carattere CGI... Anzitutto piccola premessa: il detective figaccione Jack Andrews (Edward Burns), che dà alla pellicola quel tocco da poliziesco sovrannaturale che mai guasta, somiglia decisamente a Ben Affleck, così come Leann Cole (Azura Skye), vittima numero due dell'entità monella che ha simpatia per i cellulari, presenta fattezze molto vicine a quelle di una certa Drew Barrymore... Scelta di casting voluta? Chi lo sa, ma una risposta affermativa farebbe storcere ulteriormente il naso... Sì perché il film, nonostante alcune sequenze discretamente costruite, è a conti fatti un giocattolo orrorifico abbondantemente a ridosso della media, la cui struttura narrativa, peraltro assimilabile ad un'infinità di altre pellicole a tema omicida di carattere seriale, poggia la sua ragion d'essere su un concept di fondo che poteva magari avere un senso sulle gotiche sponde del lontano Giappone tutto spiriti e divinità naturali, ma che una volta trasportato sui materialistici lidi di ponente risulta assolutamente risibile per non dire altro. Sinceramente un bamboccio ectoplasmatico, dispettoso, incappucciato ed asmatico che annuncia il suo arrivo da Grande Mietitrice utilizzando dispositivi mobile non impressiona e spaventa nessuno. Semmai il contrario. E difatti alcune sequenze sfiorano il comico involontario, anche per altre ragioni. Su tutte quella relativa alla morte 'in diretta' di una delle protagoniste all'interno di una chiesa sotto l'invasata supervisione del conduttore televisivo Ted Summers (un Ray Wise probabilmente a corto di quattrini ed ormai condannato a vita al ruolo di Leland Palmer). Se poi si vuole andare oltre e spostare la lettura della pellicola su di un piano connotativo ulteriore ragionando sulla metaforica condanna delle nuove tecnologie del duemila (che in Oriente, ormai l'abbiamo capito, sono considerate alla stregua di veri e propri demoni), c'erano sicuramente altri modi per farlo e dirlo meglio all'interno del genere di riferimento. Interessante invece l'interpretazione della bella Shannyn Sossamon (già vista in Catacombs), il cui personaggio risulta addirittura dotato di un certo spessore psicologico per via dell'oscuro passato che emerge ripetutamente dall'inconscio della protagonista scavando nella sua infanzia. Ma questo, naturalmente, non basta a salvare One Missed Call dalla bocciatura.

Chiamata Senza Risposta Se la 'chiamata senza risposta' si riferisce al mancato ingresso in sala dopo opportuno 'invito' mai titolo fu più azzeccato. Il consiglio è infatti quello di lasciar decisamente perder la visione di questo nuovo 'porting' stelle e strisce che attinge dalla new-wave asiatica del terrore, e metter da parte i soldi, magari, per il nuovo Shyamalan.

4.5

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