Recensione Chained

Al Torino Film Festival l'ultimo film della figlia d'arte Jennifer Chambers Lynch

Recensione Chained
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Non sono poche le donne registe che si sono messe dietro la macchina da presa per seguire le orme paterne. Basti pensare a Sofia Coppola (Lost in translation, Il giardino delle vergini suicide), che ha vinto anche un Leone d'Oro con il controverso Somewhere, o ad Ami Canaan Mann, figlia del grande Michael, recentemente nelle nostre sale con l'interessante Texas Killing Fields - Le paludi della morte. Anche Jennifer Chambers Lynch segue da annni la strada del padre David, maestro indiscusso di capolavori come Mulholland Drive e Strade perdute, con risultati però più alterni rispetto alle sue illustri colleghe. Giunta al quinto film, Chained, presentato in questi giorni al Torino Film Festival, la cineasta quarantaquattrenne sembra ancora alla ricerca di una sua visione personale nel mondo del cinema.

L'Orco e il Coniglio

Il piccolo Tim ha solo nove anni quando, dopo aver visto un film al cinema con la madre (Julia Ormond), prende un taxi per tornare a casa. Ma in realtà Bob (Vincent D'Onofrio), l'autista, non li conduce al focolare e si rivela un folle e sadico assassino: porta donna e figlio nella sua casa, isolata nelle campagne, uccide lei e reclude il bambino. Divenuto adolescente, Tim (Eamon Farren) è ormai lo schiavo personale dell'Orco: oltre ad essere legato perennemente ad una catena e a doversi cibare degli avanzi dell'uomo, deve anche aiutare il suo detentore nel seppellire le giovani donne che questi porta ogni sera a casa per seviziarle. E quando Bob pretende che Tim segua le sue orme...

Chained

Non c'è dubbio che dal padre abbia ereditato ben poco per talento e gusto per le atmosfere, ma ciò nonostante Chained, pur non privo di difetti, si conferma forse l'opera più matura di Jennifer Chambers Lynch. Una storia scioccante e a tratti gratuita (nonostante la maggior parte delle carneficine non siamo mostrate ma solamente udibili), che gioca ancora una volta sullo stereotipo del serial killer ossessionato dalle violenze subite nell'infanzia. Il film, nei suoi novanta minuti, vive senza dubbio di una palpabile tensione, smorzata però in parte dalla monotonia con cui si susseguono gli eventi, che regalano qualche sorpresa soltanto nel bel colpo di scena finale. Un racconto che colpisce duro, come sempre d'altronde quando si toccano temi sensibili come quello della violenza sui minori, qui mostrate in tutta la loro crudezza soprattutto psicologica, con un epilogo dal quale è difficile comprendere il futuro del protagonista. La pellicola è ambientata quasi interamente tra le quattro mura del sadico Bob, una sorta di classica topaia sporca e degradata che rispecchia il carattere del proprietario, e la cui inquietudine viene innalzata da una fotografia cupa che ben rispecchia gli stati d'animo dei personaggi. Se dal punto di vista del cast appare pressoché inutile il cameo di Julia Ormond (Il primo cavaliere, Il senso di Smilla per la neve), attrice che dopo un folgorante inizio carriera si è inesorabilmente inabissata verso un cinema di medio-basso livello (a parte qualche rara eccezione), e che qui resta sullo schermo per neanche cinque minuti, è invece ottima la prova di Vincent D'Onofrio (Full Metal Jacket, Ed Wood), credibile e spaventoso nell'interpretazione dello spietato Orco.

Chained Chained è un thriller che usa (e abusa) di un tema shock come quello della violenza sui minori e sulle donne per intessere una scia di tensione notevole, smorzata però da un'eccessiva monotonia e da una regia non ancora completamente matura. La figlia di David Lynch ancora deve farne di strada per trovare un suo stile: in questo caso a raggiungere la sufficienza la aiuta un convincente Vincent D'Onofrio, nei panni del sadico protagonista.

6

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