Recensione C'era una volta un'estate

Dagli autori di Paradiso amaro un nuovo racconto di formazione sull'estate che cambia una vita

Recensione C'era una volta un'estate
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E' indiscutibile il fascino esercitato dalle storie ambientate nei parchi di divertimento della provincia americana, dai racconti di decine di estati che migliaia di teenager ci hanno trascorso a lavorare. La scuola che finisce, magari mentre il college si avvicina, la città che si svuota e gli amici che partono. Passare l'estate a lavorare in un lunapark e ritrovarsi alla fine un po' più adulti. Ormai si tratta di un vero e proprio topos, come attestato anche dall'instancabile Stephen King con Joyland, forse il più bello dei suoi ultimi libri, un coming of age di cristallina dolcezza capace di emozionare con quella semplicità giusta e mai banale. Ma il discorso non si esaurisce certo alla carta, come dimostrano l'ottimo Adventureland di Greg Mottola e questo C'era una volta un'estate, nei quali l'esperienza lavorativa in un parco estivo torna a giocare un ruolo chiave nella crescita personale del protagonista. Lo schema in questi racconti è sempre lo stesso, e passa per due fasi. La prima è l'arrivo, l'assunzione delle prime responsabilità, la scoperta di un rifugio in cui nascondersi dai drammi familiari e ritrovare a sorpresa una famiglia di lavoratori affiatata e un po' isolata dal mondo, per poi chissà imbattersi anche in un primo amore. La seconda fase, immancabile, è invece l'addio, la fine dell'estate, il momento in cui trasformare le esperienze vissute nel coraggio necessario ad abbandonare quella nuova casa, per ritornare nel mondo un po' più forti e cresciuti.

dalle parti di joyland

Presentato nella sezione Festa mobile del Torino Film Festival a pochi giorni dalla sua uscita in sala, C'era un volta un'estate segna il debutto alla regia di Nat Faxon e Jim Rash, gli scrittori di Paradiso amaro di Alexander Payne, con il quale hanno condiviso l'Oscar per la miglior sceneggiatura originale. Volti noti per chi segue il mondo delle comedy americane (specie Rash, ovvero l'irresistibile Preside Craig Pelton di Community), i due registi recuperano quell'approccio umanista e classico già usato nel film di Payne per raccontare una nuova storia di crescita personale, semplice ma non semplicistica. Protagonista della vicenda è Duncan: quattordici anni, timidezza patologica, genitori divorziati e in viaggio per l'estate con la madre Pam e il suo nuovo compagno, Trent - interpretato da un inedito Steve Carell, davvero grande nel restituire la sgradevolezza del suo personaggio ad ogni inquadratura. Meta delle vacanze è Cape Cod, placido posto di mare in cui Duncan finirà presto a fare da tappezzeria ai festini alcolici dei suoi genitori, persi in una movida estiva che mal nasconde i peccati di Trent e le debolezze di Pam. Accantonato dalla madre e troppo timido per fare nuove conoscenze, Duncan troverà la sua salvezza in Owen, l'infantile e goliardico manager di Water Wizz, che lo assumerà nel suo parco acquatico prendendolo in simpatia.

coming of age

A differenza di Adventureland e Noi siamo infinito, probabilmente i migliori racconti di formazione sfornati dall'indie americano negli ultimi anni, C'era una volta un'estate non fa leva sulla nostalgia, ambientando la sua storia ai giorni nostri, e abbassa l'età del suo protagonista, non più ex liceale pronto al grande salto ma quattordicenne alle prese con le prime crisi d'identità. Sballottolato da madre e compagno come fosse un bagaglio (viaggia proprio assieme ai bagagli nel retro della macchina), Duncan è nel pieno di quella fase adolescenziale in cui non ci si sente né carne né pesce, in cerca di un posto nel mondo e soprattutto di una figura che possa dare sicurezza e direzione. La madre Pam però è altrettanto sbandata, e al contrario del figlio ha ceduto, per insicurezza e solitudine, al fascino di un uomo apparentemente forte e deciso ma sotto sotto soltanto prepotente. Il modello da seguire allora sarà Owen, lo strambo e sconsiderato proprietario del parco acquatico, che calandosi nel ruolo di fratello maggiore gli insegnerà il valore della diversità, dell'euforica stranezza che gli adulti sembrano non comprendere e ghettizzare,  riuscendo a farlo sentir finalmente un po' più sicuro di sé stesso. Almeno quel tanto che basta da convincerlo a provare a baciare la bella ragazza bionda che abita accanto a casa sua...
Privo dello spessore registico che anima il film di Mottola e soprattutto quello di Stephen Chbosky (tra tutti il migliore, una vera perla), C'era una volta un'estate compensa le sue immagini un po' piatte e la banalità di alcuni passaggi con una scrittura intelligente e giusta, grazie alla quale è difficile non affezionarsi a Duncan e seguirne le avventure con una punta di nostalgia. E quando un racconto di formazione riesce a farci sentire la mancanza di qualcosa che in realtà non abbiamo vissuto, significa che ha fatto le cose per bene.

C'era una volta un'estate Dagli sceneggiatori di Paradiso amaro arriva un nuovo racconto di formazione sul connubio estate + parco giochi. Il risultato è semplice ma non semplicistico, sorretto da una bella scrittura che fa passare in secondo piano la mancanza di originalità e la regia poco incisiva.

7

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