Recensione Blind Detective

L'ultimo film di Johnnie To, un piacevole miscuglio di generi in concorso a Cannes 2013

Recensione Blind Detective
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Regista, sceneggiatore e produttore, Johnnie To è davvero un caso più unico che raro nel panorama cinematografico mondiale. Raggiunto ormai da una decina d'anni il circuito dei festival internazionali, e da lì quella notorietà critica e di pubblico che lo hanno reso uno dei registi orientali più riconoscibili e considerati, To è infatti un uomo di cinema a trecentosessanta gradi, capace, con la fondazione della sua casa di produzione Milkyway, di trasformare il suo personalissimo stile in un vero e proprio brand, un marchio di fabbrica che in un modo o nell'altro si può ritracciare in tutti i prodotti passati per la "via lattea". To è del resto la più grande sorpresa regalataci dal cinema di Hong Kong dopo John Woo, e al contrario di questi ha fino ad ora resistito alle lusinghe di Hollywood, portando avanti un personale percorso produttivo inattaccabile per lucidità e coerenza. Profondamente consapevole della natura industriale (e quindi necessariamente commerciale) del cinema, To infatti alterna da anni ai suoi noir più personali e stilizzati opere apertamente commerciali, spesso commedie condite da grandi e appetibili star, il cui successo al botteghino gli permette poi piena libertà nei progetti cui è veramente interessato. Ecco così uscire nel vicino 2012 due opere così diverse come Romancing in Thin Air e Drug War, rispettivamente una commedia dall'ottima confezione ma senza troppe pretese e un capolavoro noir dal nichilismo struggente e disperato. Tuttavia To non è certo un regista dalle facili semplificazioni, e a dimostrare come i due approcci non siano proprio strade parallele che non si toccano mai arriva nel 2013 questo Blind Detective, che seppur facente parte del filone alimentare di To si rivela una vera e propria sorpresa, un caleidoscopico viaggio attraverso i generi cinematografici più amati dall'autore.

una strana coppia di detective

Portato in concorso a Cannes nel 2013, Blind Detective rispetta la regola alimentare del cast dal forte richiamo e schiera come duo protagonista la coppia di assi formata da Andy Lau e Sammi Cheng, di nuovo assieme dopo il lontano Infernal Affairs e ancora uniti da una perfetta alchimia. Come preannunciato dal titolo, il detective impersonato da Lau è il terzo eroe di To (dopo i protagonisti di Mad Detective e Vendicami) a bilanciare una grande capacità intuitiva con una forma di handicap fisico, in questo caso la vista. Johnston Chong See è infatti un ex poliziotto costretto alla pensione da una cecità totale, sopraggiunta all'improvviso nel mezzo di un caso; da allora tuttavia continua a modo suo l'attività di detective. A coinvolgerlo in una misteriosa indagine sarà la giovane collega Ho Ka-tung, intenzionata a rintracciare una sua amica di infanzia cui negò al tempo aiuto e che risulta scomparsa da allora. Tuttavia quella che sembra una semplice sparizione si rivela pian piano un caso complesso e ramificato, non privo di lati oscuri che spingono i due detective a scoprire retroscena a dir poco inquietanti, mentre il film scivola sempre più dentro i temi e le atmosfere dark consone al suo autore.

danzare sui generi cinematografici

Incentrato su una coppia di inconsapevoli innamorati animati da una gestualità slapstick e una recitazione ammiccante e sopra le righe, Blind Detective è indubbiamente una commedia romantica di stampo commerciale, non priva di qualche caduta nel melenso e di tutte le concessioni per il grande pubblico che è lecito aspettarsi. Le battute spesso volano sul registro del demenziale, e sullo schermo arriva ad un certo punto anche il più classico gioco degli equivoci, tra lui, lei e l'altro. Tuttavia c'è qualcosa che rende Blind Detective diverso da precedenti prodotti alimentari come Don't Go Breaking My Heart e Romancing in Thin Air. Anzitutto il film è un denso calderone che raccoglie tante delle ossessioni e dei temi tipici di To, dall'amore per la cucina al rapporto (esplicitato) tra cinema d'azione e musical, passando ovviamente per il poliziesco, ancora una volta il genere di riferimento che fa da canovaccio a tutta la storia. Questa tra l'altro è fortemente improbabile, ed ostenta apertamente la propria scarsa plausibilità con vertiginosi volteggi narrativi che ruotano su loro stessi lasciando lo spettatore in totale balìa degli eventi, come se stesse assistendo ad un effettivo musical animato da costanti rigiri di trama e situazioni al limite. Nei suoi passi di danza Blind Detective diventa così un film in constante movimento, denso di eventi e situazioni rimarcati dalla regia ancora una volta dinamica e avvolgente di To, ma soprattutto capace di trascolorare con naturalezza da un genere all'altro, passando con estrema disinvoltura da toni slapstick a scene sanguinose degne di un horror. E in questo To è ancora una volta magistrale, nel suo portare a contatto toni apparentemente opposti senza che si disinneschino mai a vicenda, anzi il contrario; in un attimo si passa così dalla risata al brivido, dalla tenerezza all'ansia, sempre più consapevoli di essere a bordo della giostra del grande cinema, che anche se punta al mero intrattenimento non rinuncia a farlo con gran classe.

Blind Detective Con Blind Detective Johnnie To torna al versante più commerciale del suo cinema, anche se il film presentato a Cannes 2013 offre comunque delle gradevoli sorprese, da un'ottima coppia di protagonisti ad un approccio da musical che porta la storia a danzare attraverso vari generi, dalla commedia romantica al poliziesco passando per l'horror.

7

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