Recensione Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

Un cast eccellente 'porta in scena' una caustica riflessione sull'ego e sul mondo dello spettacolo

Recensione Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)
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Dopo anni passati nell'ombra, Riggan Thomson ha deciso che è giunto il momento di risorgere dalle proprie ceneri. Trent'anni fa, Riggan era un attore di grido, divenuto celebre grazie ad un cinecomic di culto che ne ha segnato, nel bene e nel male, la sua carriera. Da allora, difatti, non è più riuscito a scrollarsi di dosso quel ruolo, nonostante di acqua sotto i ponti ne sia passata tanta, e sente che il ruolo che gli ha dato la notorietà gli ha anche rovinato la vita, non consentendogli di esprimere la sua arte al meglio. Lo stesso Birdman, il supereroe di cui ha indossato i panni e che ora gli “vive dentro”, gli sussurra dal fondo della sua coscienza, ma Riggan non riesce a scacciarlo, neanche ora che ha messo in gioco tutto se stesso per portare a Broadway una sua personale versione di “What We Talk About When We Talk About Love” di Raymond Carver. La sua vita va a rotoli, però... se la pièce andrà bene, lui sente che sarà l'inizio di una nuova vita. Ma tra le nevrosi sue e quelle di tutto il suo entourage non avrà vita facile: dovrà destreggiarsi tra una figlia/assistente con problemi emozionali, un co-protagonista eccessivo ed invadente, rapporti interpersonali allo sbando, problemi produttivi e, infine, della stampa, desiderosa di masticarlo e sputarlo a priori. Come reagiranno lui e Birdman a tanta pressione?

What We Talk About When We Talk About... Cinema

Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza) non è un film semplice, vi avvisiamo subito. La nuova opera di Alejandro González Iñárritu che ha fatto impazzire la critica d'oltreoceano vanta una sceneggiatura assai ponderata e ricca, che si basa su riflessioni più o meno profonde sul mestiere dell'attore e sul significato e il valore delle opere recitate, teatrali o cinematografiche che siano. È una (auto)critica feroce, che non risparmia niente e nessuno, e con coraggio si mette a nudo non temendo neppure di risultare, in alcuni frangenti, ridicola e ridondante. Birdman (il film) a turno si rivede nei ruoli e nelle idiosincrasie dei suoi personaggi, soprattutto quelli interpretati da Michael Keaton ed Edward Norton, con la loro voglia di sfondare, di portare la loro Arte a un livello superiore e i limiti a cui sono sottomessi, in un modo o nell'altro.
Iñárritu affonda stoccate a destra e a manca come un novello Cyrano, mettendo alla berlina lo star system hollywoodiano ma anche l'ambiente finto-chicchettoso di Broadway, il pubblico becero e i giornalisti idioti, il pubblico “colto-ma-non-troppo” e i critici che danno solo fiato alla bocca. È un po' come togliersi un sassolino dalla scarpa e, al contempo, sputare nel piatto in cui si mangia, consci che tanto ce ne sarà servito un altro ancora migliore. Il regista messicano fa tutto questo (e molto di più) affidandosi a piano sequenza di straordinario impatto e significanza, a una colonna sonora decisamente inusuale e a un comparto attoriale eccellente. La bravura con cui gli interpreti danno vita alle loro controparti è davvero fuori dal comune, e non ci riferiamo, naturalmente, solo ai già citati Keaton e Norton, ma anche a Zach Galifianakis, a Emma Stone, ad Andrea Riseborough... soprattutto mettendo inoltre in conto quanto si mettono in gioco dato che, nei loro personaggi, c'è anche, in molti casi, una parte di riferimento autobiografico piuttosto palese.

Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza) Straordinario sul piano tecnico (al di là di una scena con effetti speciali che, in verità, stona parecchio, per qualità, con il resto della pellicola) e molto profondo su quello teorico, il nuovo film del messicano Alejandro González Iñárritu si pregia di interpretazioni mastodontiche e cattura senza dubbio l'attenzione dello spettatore. Lo fa spingendolo alla riflessione ma prendendolo anche, più di una volta, in giro, “trollandolo” con aspettative e riferimenti a cui abboccare per poi essere puntualmente disilluso, in un continuo gioco di punti interrogativi che sembrano quasi voler minare l'amore per lo spettacolo (in qualunque sua forma) visto lo sguardo caustico rivolto ai suoi (perlopiù insopportabili ed egocentrici) fautori. Birdman fornisce più domande che risposte, oltre che un neppur troppo vago senso di inquietudine. Che questo sia un bene o meno, sta ad ognuno di noi amanti del cinema deciderlo. Ma, forse, arriverete a convenire che l'ignoranza è, effettivamente, una liberatoria virtù.

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