Recensione Bianca come il latte rossa come il sangue

Luca Argentero commedia adolescenziale e lacrima-movie

Recensione Bianca come il latte rossa come il sangue
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Il punto di partenza è Bianca come il latte rossa come il sangue, debutto letterario per il professore di liceo palermitano Alessandro D'Avenia, trasformatosi in un bestseller da un milione di copie e pubblicato in diciannove paesi stranieri.
Sotto la regia del Giacomo Campiotti autore, tra l'altro, di Come due coccodrilli (1994) e Mai + come prima (2005), ne è protagonista il Filippo Scicchitano di Scialla! (Stai sereno) (2011) nei panni del sedicenne Leo, per il quale, come il titolo stesso suggerisce, la vita ha solo due colori: il bianco e il rosso.
Il bianco, da evitare e che fa paura, è il vuoto assoluto, il silenzio, la noia; mentre il rosso è il sangue che pulsa nelle vene prima di una partita, ma anche il colore dei capelli di Beatrice alias Gaia Weiss, ragazza dei suoi sogni, del tutto ignara del sentimento che Leo prova per lei.
Infatti, affiancato dall'amica di sempre Silvia, interpretata dalla Aurora Ruffino de La solitudine dei numeri primi (2010) e confidente fedele di ogni suo segreto, lo seguiamo nei diversi tentativi di avvicinare Beatrice; fino al momento in cui viene a scoprire che l'apparentemente spensierata studentessa, in realtà, sta attraversando un grande dolore.

Malattia d'amore

Quindi, man mano che viene osservato come la scuola non possa essere altro che un inutile intervallo tra l'entrata e l'uscita e che i professori sono gli unici vampiri che agiscono di giorno, non è difficile intuire l'appartenenza della pellicola al filone giovanilistico-sentimentale caro a Federico Moccia; tanto più che, nel ruolo della madre del protagonista, nonché moglie del padre Flavio Insinna, troviamo la Cecilia Dazzi di Scusa ma ti chiamo amore (2008) e Scusa ma ti voglio sposare (2010).
Ma, sebbene, nel corso della narrazione, non venga dimenticato neppure di affermare che il torneo di calcetto è l'unica cura quando si soffre per amore ed il cuore si stringe, un po' come avvenuto in Almeno tu nell'universo (2011) di Andrea Biglione e Vorrei vederti ballare (2012) di Nicola Deorsola ci si sposta presto dalle parti dei lacrima-movie degli anni Settanta, che videro tra i loro titoli più conosciuti L'ultima neve di primavera (1973) di Raimondo Del Balzo e Il venditore di palloncini (1974) di Mario Gariazzo.
Perché, con la malattia che incombe e l'amore destinato a far sentire felici e stanchi, da un lato ci si comincia a convincere che i sogni non esistono e che la morte spazza via tutto, dall'altro che la vita è un po' come un incontro di boxe: l'unica cosa importante è non tirarsi indietro.
Messaggi, probabilmente, sentiti e risentiti nell'ormai smaliziato terzo millennio, ma che non fa mai male ribadire tramite la celluloide ai giovani cresciuti, per lo più, a suon di discutibili ideali egoistico-narcisisti assorbiti, in particolar modo, dal tutt'altro che educativo intrattenimento televisivo.
Tanto più che la sanremese Se si potesse non morire dei Modà, presenti all'interno della colonna sonora anche con altri pezzi, si rivela il perfetto commento di una non disprezzabile oltre ora e quaranta di visione, capace di dosare in maniera discreta leggerezza, romanticismo e dramma e di approdare a un epilogo che, nonostante l'argomento trattato, non appare affatto banale.

Bianca come il latte rossa come il sangue Nel ruolo di un professore piuttosto particolare e propenso a confrontarsi spesso con il protagonista Leo alias Filippo Scicchitano, abbiamo addirittura Luca Argentero all’interno del lungometraggio che Giacomo Campiotti - autore di Come due coccodrilli (1994) e Mai + come prima (2005) - ha tratto dall’omonimo romanzo di Alessandro D’Avenia. Tra stratagemmi assurdi per passare compiti in classe tra compagni sfuggendo al controllo degli insegnanti e convinzione che la motivazione è tutto sia nello studio che nel calcio, un atipico ibrido di teen-movie tricolore e dramma strappalacrime che non spinge certo a gridare al capolavoro, ma testimonia ulteriormente la capacità del cineasta varesotto di gestire su schermo vicende riguardanti l’universo giovanile nostrano.

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