Recensione Benvenuti al Nord

Siani nella Milano di Bisio

Recensione Benvenuti al Nord
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Dunque, cerchiamo di fare un po' d'ordine al fine di ripercorrere tutta la storia fin dall'inizio.
Nel 2008 abbiamo avuto Bienvenue chez les ch'tis di Dany Boon, divertente commedia d'oltralpe che, distribuita nel nostro paese da Medusa con il titolo Giù al Nord, vide lo stesso regista impegnato ad affiancare il responsabile di un ufficio postale di Salon-de-Provence con il volto di Kad Merad, il quale, per uno scherzo del destino, si ritrovava trasferito nel Nord della Francia, tra rozzi agricoltori, ubriaconi e, in generale, abitanti caratterizzati da un dialetto incomprensibile.
Poi, fu proprio Medusa, incoraggiata dal notevole consenso ottenuto al botteghino dalla pellicola di Boon, a decidere di metterne in piedi un remake tricolore sotto la regia di Luca Miniero, in precedenza autore - insieme al Paolo Genovese responsabile del dittico Immaturi - di Incantesimo napoletano, Nessun messaggio in segreteria e Questa notte è ancora nostra, concepiti tra il 2002 e il 2008.
Remake intitolato Benvenuti al Sud e che, ribaltando il concetto di base del lungometraggio francese, rispetto al quale risultò addirittura superiore, pose Claudio Bisio nei panni di Alberto, responsabile dell'ufficio postale di una cittadina della Brianza trasferito in un paesino della Campania, da lui ritenuta terra della camorra, dei rifiuti per le strade e dei "terroni" scansafatiche.

Su al Sud

Con il posto destinato a rivelarsi affascinante e caratterizzato da una popolazione ospitale, quindi, un successo cinematografico (quasi trenta milioni di euro) tutto italiano volto inevitabilmente a spingere la major berlusconiana a finanziare un immediato sequel, sempre a firma di Miniero - che si concede anche una breve apparizione - e con Alessandro Siani di nuovo al fianco di Bisio nel ruolo di Mattia, collega napoletano del protagonista.
Questa volta, infatti, in crisi con la moglie Maria alias Valentina Lodovini, è lui a passare dalla terra campana a Milano, dove, nel frattempo, si è definitivamente spostato anche Alberto insieme alla consorte Silvia, ancora una volta con le fattezze di Angela Finocchiaro e ora insofferente nei confronti delle polveri sottili e dell'ozono troposferico.
Ma anche la vita sentimentale di questi ultimi, con il marito accusato dalla moglie di trascurarla a causa del troppo lavoro, sembra prossima al disastro; man mano che Mattia impara da Alberto il senso di responsabilità e il secondo, invece, ritrova la leggerezza proprio grazie al supporto del primo.

Benvenuti al Sud parte 2 o reboot?

Perché, se nella pellicola precedente assistevamo all'incontro tra Nord e Sud dello stivale tricolore, con il timoroso Alberto costretto in seguito a ricredersi di tutti i suoi pregiudizi nei confronti degli abitanti della Campania, in questo caso la situazione si ribalta trasformandosi in un impatto Sud-Nord, tanto che Mattia parte per la caotica e frenetica Milano "armato" di giubbotto fornito di fendinebbia e sciarpa duble fas (riportante da un lato i colori del Milan e dall'altro quelli dell'Inter!).
E, mentre troviamo coinvolti anche il veterano Paolo Rossi nel ruolo del mega-direttore e la Katia Follesa di Vacanze di Natale a Cortina in quello di una tassista, la sceneggiatura - a cura stavolta dello stesso regista e del Fabio Bonifacci autore degli script del dittico Lezioni di cioccolato - invita lo spettatore a ridere già a partire dai primissimi minuti di visione; soprattutto dal momento in cui si assiste al colloquio di lavoro di un non vedente.
Quindi, come vuole la tradizione dei migliori sequel, si ripete bene o male la struttura del capostipite, con l'unica differenza rientrante nel fatto che le situazioni affrontate sono questa volta raccontate ricorrendo a un punto di vista esattamente inverso.
Del resto, il segreto per conquistare realmente il pubblico del cinema popolare è nascosto nel saper riproporgli gli ingredienti del film che ha amato, modificandoli, però, dove necessario (ne sono un perfetto esempio serie come Venerdì 13 o, rimanendo in tema di risate, Fantozzi).
Quasi un altro remake del film di Boon, per intenderci, ma capace di divertire in non poche occasioni perché ben giocato e non limitato a ricopiare pedissequamente i predecessori; rispetto ai quali, anzi, introduce perfino elementi demenziali (si pensi al tentativo di rianimazione del pesce rosso o al cane che si esprime tramite nuvoletta da fumetti).
Senza dimenticare un pizzico d'indispensabile poesia, al servizio di circa 110 minuti di visione (non pochi, dunque) resi altamente godibili, come sempre, dalla dinamica regia di Miniero, tra i migliori narratori di commedie italiane su schermo d'inizio terzo millennio.
Anche se la morale volta a convincerci che il Nord dello stivale non sia "freddo" come si dice va interpretata di sicuro come una favola; nella stessa maniera in cui andava interpretata quella di Benvenuti al Sud, con la sua Campania "pulita" e abitata solo da persone oneste.

Benvenuti al Nord Prima si è andati dal Sud al Nord della Francia (Giù al Nord, 2008), poi dal Nord al Sud d’Italia (Benvenuti al Sud, 2010). Ora, sempre nello stivale, si procede in maniera inversa, passando dal Sud al Nord, quindi spostando il pensiero “facilone” d’impronta napoletana nel caotico e altamente preciso universo milanese; con le immaginabili, grottesche conseguenze. E l’insieme, rimanendo fedele alla precedente pellicola tricolore, funziona, capace ancora una volta di divertire più che sufficientemente e di tirare in ballo, quando necessario, l’amore e l’amicizia; fino ai titoli di coda accompagnati da Nel blu dipinto di blu riletta da Emma. Qualcuno potrà lamentare la troppa mancanza di originalità, ma, in fin dei conti, si tratta di un sequel, quindi, meglio rimanere su binari già collaudati che spostarsi bruscamente su nuovi... che il più delle volte finiscono solo per portare fuori strada.

6.5

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