Recensione Battle of the Year - La vittoria è in ballo

Dal palcoscenico al grande schermo, ecco arrivare la BotY!

Recensione Battle of the Year - La vittoria è in ballo
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I film sulla danza, specialmente quelli su generi “che vengono dalla strada” come l'hip hop, negli ultimi anni hanno preso tutti la stessa piega. Trama esile se non inesistente, per lo più inutile, una storia d'amore tra la bella di turno e il fuoriclasse, magari con un passato doloroso e un presente difficile, la cui unica speranza è sfondare, tanto per accaparrarsi anche il pubblico femminile, coreografie mozzafiato da far schizzare gli occhi degli appassionati fuori dalle orbite. Racconti tutti uguali tra loro, che potrebbero quasi essere dei cataloghi sui passi più in voga di anno in anno. Non piacciono a nessuno, ma staccano i biglietti perché chi studia danza li va a vedere sempre. E poi vendono bene in DVD e possono essere assorbiti da canali satellitari ad alto tasso di ascolto giovanile.
È così che ci siamo approcciati a Battle of theYear - La vittoria è in ballo, pensando di trovarci dentro il solito plot scontato da filmetto sulla danza. Il punto è che Battle of the Year non è girato come un film sulla danza.

BotY - esiste davvero la Battle of the Year

Negli States è nato il B-boying, ramo di tutta quella cultura e movimento artistico che investe vari aspetti della vita che si chiama Hip Hop, di cui la Break Dance è un aspetto e il B-boying un sottoinsieme. Ma negli States non va più di moda, ha annoiato, la gente non ci crede quasi più e il più grosso campionato mondiale si è spostato in Francia, a Montpellier. Il raduno, durante il quale si sfidano senza esclusione di passi le crew più forti di tutti i paesi, si chiama Battle of The Year. E fin qui, non vi stiamo raccontando alcuna trama, è tutto vero, e anche l’Italia ha la sua crew in ogni edizione. Nell'edizione 2012, quella che è finita in molte scene del film, la crew veniva da Roma.
Il film diretto da Benson Lee, che fino al primo ciak non sapeva assolutamente nulla del B-boying, è tratto da un documentario proprio sulla BotY, e intorno gli sceneggiatori ci hanno costruito senza troppo sforzo una trama abbastanza trita, che come detto sopra non ha nulla a che fare con quella che di solito hanno i film sulla danza. Battle of the Year è pensato come un film sportivo, con buona pace di tutti coloro, compreso uno dei personaggi, fanno giustamente notare che la danza non è uno sport ma una forma d’arte.

Wonder Blake, che pensò il Dream Team come una squadra di basket

Dante Graham è uno che ha costruito un impero sull’hip hop. Diciamocelo: magliette, gadget, abbigliamento tecnico-sportivo, musica prodotta e dischi venduti. È da lì che proviene il vero guadagno. Però nel film vogliono farci credere che Dante ami davvero il lato artistico del tutto, dato che è stato un B-boy anche lui. Vuole riportare la BotY negli Stati Uniti e il primo passo per farlo è mettere su una crew che finalmente, dopo tanti anni, vinca la Battle. Per farlo chiama il suo vecchio amico Jason Blake, in passato detto Wonder Blake, per gli amici WB. Come ti sbagli, Blake ha perso moglie e figlio in un incidente e passa le giornate a ubriacarsi in un lurido appartamento di periferia. Basta una frase, nemmeno troppo ficcante, per farlo tornare in pista e convincerlo ad “allenare” quello che significativamente si chiamerà Dream Team. Perché Blake dopo il B-boying si è dato al basket, ha allenato una squadra assai sfigata e l’ha portata alla vittoria, ma ormai anche quella è acqua passata.
Licenziata la pigra crew titolare, Blake fa delle audizioni militaresche ai giovani talenti d’America. Un meltin' pot di primedonne che non fanno altro che litigare, e li vuole trasformare in una squadra. Uno gli fa notare che la danza non è uno sport e lui ribatte con Michael Jordan. Che magari a suo modo era anche un artista, ma la sua non era arte, era sport, giocato con il cuore e ai massimi livelli. Il che non lo rende meno degno di valore, solo diverso. Certo, un corpo di ballo si muove come un plotone: tutti insieme come fossero un corpo unico. E una crew non fa spiccare il singolo elemento, ma l’intera massa danzante. In una crew non c’è spazio per la creazione artistica individuale: si esegue quello che ha montato il coreografo. Si può assimilare un pochino a una squadra. Ed è questa la fondamentale differenza tra un ballerino di fila e un solista.

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Con tutti questi spunti, certamente discutibili, ma molto interessanti, ci piacerebbe poter dire che Battle of the Year è il film che getta uno sguardo nuovo sul B-boying, ma purtroppo non è così. Battute e cliché ai limiti del ridicolo, personaggi stereotipati fino al parossismo ti fanno sperare che alla fine tutto si risolva quantomeno in scene finali epiche con coreografie da urlo. A un certo punto poi devono essersi accorti che mancavano completamente le donne e hanno inserito Caity Lotz nel ruolo della coreografa. Lei, che davvero balla da quando era piccola, si è impegnata, ha studiato il personaggio, ha inventato passi e li ha inseriti nel film. E nel montaggio finale non c’è nulla di tutto ciò. Resta un film piatto dallo svolgimento prevedibilissimo e, aspetto peggiore dei precedenti, che non mette in risalto le coreografie e le capacità di questi B-boys. La regia che non sapeva nulla di B-boying o di danza si rivela per quello che è: incapace di filmare il movimento, cristallizzata su pose, salti, e altre mosse spettacolari. Paralizza il movimento, il che per qualunque forma di arte danzata è un crimine atroce.

E la tesi del film, far vedere al mondo che i B-boys americani non sono solo una massa di egoisti che tendono a primeggiare e sono incapaci di lavorare in una crew perché sono troppo individualisti mostra soltanto... una massa di egoisti che tendono a primeggiare e sono incapaci di lavorare in una crew perché sono troppo individualisti!
La parte migliore è quella filmata lo scorso anno a Montpellier, durante la vera BotY 2012, dove la produzione ha ripreso le vere crew e anche i veri giornalisti dai vari paesi (il nostro Francesco Castelnuovo di Sky ha un simpatico cameo nel film), ma non basta nemmeno per un appassionato, in quanto non si vedono neppure le coreografie intere.
Speriamo che il finale aperto, semmai dovesse esserci un sequel, porti all’ennesimo film bruttino, ma con coreografie mozzafiato e ben riprese. Almeno quei film lì hanno un senso per gli “addetti ai lavori”.

Battle of the Year Un film che perde tutto il suo fascino a causa di una regia a dir poco inesperta e un montaggio che cristallizza il movimento in pose stilizzate incomprensibili per i non appassionati. Trama scontata e battute infantili, peccato sprecare un cast dalle grosse potenzialità.

5

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