Recensione Basta poco

Andrea Muzzi co-dirige insieme a Riccardo Paoletti una moderna favola tricolore in cui veste i panni di un quarantenne senza un impiego stabile che, convinto di aver avuto un'idea geniale, apre un'agenzia mirata a vendere la felicità alle persone.

Recensione Basta poco
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Anche co-regista del lungometraggio insieme al Riccardo Paoletti autore della non disprezzabile favola dark Neverlake (2013), Andrea Muzzi - attivo sullo schermo dai tempi di Zitti e mosca (1991) di Alessandro Benvenuti - veste in Basta poco i panni del quarantenne senza un impiego stabile Sergio, per la cui evoluzione del personaggio i due cineasti raccontano: "Un paio di anni fa, leggendo un quotidiano, ci saltò all'occhio la notizia dell'avventura imprenditoriale tentata da due giovani romani: avevano aperto un'agenzia che risolveva i problemi più personali della gente. Un marito non ha il coraggio di lasciare la moglie? Ci pensano loro. Un ragazzo non sa come confidare ai genitori di essere omosessuale? L'agenzia l'avrebbe fatto al posto suo. La storiella era riportata come una curiosa idea per sbarcare il lunario, in realtà pensiamo che rappresenti ben altro: racconta una crisi che non è solo economica, ma è anche di sicurezza, e di mancanza di certezze. Da qui l'idea di prendere da questa notizia lo spunto per fare un film. Guardandoci intorno, abbiamo pensato che oltre a problemi personali, ma comunque molto pratici, l'agenzia poteva concentrare la sua attività su qualcosa di astratto, ma assolutamente ricercato e prezioso: la felicità".

Finalmente la felicità?

Infatti, superato un avvio ambientato nel 1976, il protagonista, ai giorni nostri, si convince che alla gente piace essere illusa e che attualmente la depressione è la malattia più diffusa del mondo, arrivando ad aprire insieme all'amico Fulvio alias Massimiliano"N (Io e Napoleone)"Galligani un'agenzia che vende felicità: "Felici & contenti", il cui obiettivo è esaudire i desideri più disparati delle persone.
Persone comprendenti, tra le molte, una vigilessa denominata "Attila", interpretata dalla Annalisa Aglioti della trasmissione televisiva Colorado café, e l'Edoardo che, con le fattezze di Paolo Hendel, possiede un costoso telefono cellulare ultratecnologico, ma è afflitto dal fatto che nessuno lo chiami.
Mentre i veterani Marco Messeri e Daniela Poggi concedono anime e corpi a due atipici vicini di casa, Sergio porta avanti una rivalità con il norcino Marco, ovvero Ninni Bruschetta, nuovo compagno della moglie, e spara al figlioletto la balla di essere amico del mitico ex portiere della nazionale di calcio tricolore Dino Zoff.
E la sequenza in cui finge di telefonare a quest'ultimo ricorda, in un certo senso, quella che vide Enzo Salvi far finta di contattare Francesco Totti davanti al figlio in Un'estate al mare (2008) di Carlo Vanzina, nel quale, tra l'altro, Muzzi ebbe anche una parte.
Del resto, man mano che viene osservato come i calciatori odierni - con cresta e tatuaggi - vestano strani e che non risultano assenti neppure temibili visite da parte della Guardia di Finanza, pur trattandosi di un'operazione a basso costo e completamente diversa da quelle concepite dal figlio di Steno non è difficile intuirne un'influenza - sicuramente involontaria - per quanto riguarda, soprattutto, la voglia di mettere in scena una favola italiana volta ad attingere dall'attualità.
Favola italiana che avrebbe sicuramente potuto osare di più per quanto riguarda la sceneggiatura (a firma dello stesso Muzzi con Tommaso Santi e Ugo Chiti) e che non appare esente da difetti (l'amaro e riuscito momento del quiz televisivo perde di necessaria tensione a causa della sua brevità), ma capace, in ogni caso, di rivelarsi gradevole nel ribadire che la felicità si dona mantenendo promesse, non regalando bugie.

Basta poco La felicità è un diritto fondamentale? Andrea Muzzi e Riccardo Paoletti ci costruiscono sopra una commedia interpretata dal primo insieme a un cast di attori decisamente in parte. Si sorride quanto basta senza volgarità e, pur senza eccellere, viene fuori una favoletta tricolore a basso costo che, attraversata dallo spettro della crisi e non priva di un certo retrogusto alla Francesco Nuti, si mostra capace di testimoniare che Basta poco, in fin dei conti, per confezionare un gradevole spettacolo da schermo.

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