Recensione Away from Her

Sarah Polley e Julie Christie insieme per una struggente storia d'amore e morte

Recensione Away from Her
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Fiona (Christie) e Grant (Pinsent) sono sposati da più di quarant'anni ed abitano in un bel cottage vista lago in Canada. A Fiona però sarà diagnosticato il morbo di Alzheimer e, a poco a poco, comincerà a perdere contatto con il mondo e con suo marito. Con il progredire della malattia sarà necessario internare Fiona in una struttura specializzata, ma il distacco sarà incredibilmente doloroso, soprattutto per Grant. Come se ciò non bastasse, Fiona, nel pieno ormai della malattia, comincerà a nutrire strane attenzioni per un altro ricoverato (Murphy).

La Polley, già pluripremiata attrice, dirige il suo secondo film portando sul grande schermo il romanzo breve di Alice Munro, The Bear Came over the Mountain (inedito in Italia), costruendo una sceneggiatura pensata appositamente per Julie Christie. Evitando le pur facili tentazioni melense, la regista racconta con grande garbo una delicata storia di amore, malattia e morte, affidandosi, più che ai virtuosismi della macchina da presa, all'abilità dei suoi attori. Away from Her non è un film urlato, in nessun senso: la vicenda si dipana più attraverso gli sguardi che tramite le parole, su sfondi che riprendono (soprattutto nelle fasi iniziali) le suggestioni di un certo cinema nordico, con grandi spazi nevosi in un inverno che pare non finire mai. Altro punto molto interessante toccato dalla regista è anche quello del degrado fisico che colpisce le persone internate nelle case di cura: con il procedere della storia, infatti, Fiona regredisce non solo mentalmente ma anche in un senso molto più reale, smettendo di vestirsi bene, abbandonando il trucco ed usando il girello; si trasforma, insomma, da una bella signora sessantenne al prototipo dell'anziana "da ospedale". La scelta di mostrare il deperimento della protagonista anche da questo punto di vista così tangibile si rivela assai azzeccata, riuscendo a comunicare anche solo tramite un cambio di maglione tutta una serie di sentimenti e sensazioni.Se la Polley però riesce bene quando si tratta di raccontare il delicato legame che intercorre fra i due innamorati, scivola pericolosamente nel patetico al momento di dare al film un contesto coerente. I comprimari sono tratteggiati in maniera piuttosto superficiale, soprattutto per quanto riguarda i vari degenti dell'ospedale ed i medici che, in alcuni casi, sfiorano la parodia con comportamenti fin troppo stereotipati; inoltre, in un paio di sequenze, la regista tenta di dare al film un tono politicheggiante, mettendo in bocca a Fiona una inutile battuta sulla guerra in Iraq e ad un altro personaggio un pedissequo e roboante j'accuse contro il sistema sanitario americano. In entrambi i casi le scene non aggiungono nulla alla storia in sé ed anzi hanno l'unico effetto di spezzare il legame emotivo che era venuto a crearsi con gli spettatori. Anche altre scelte registiche sono opinabili e denotano l'impostazione fin troppo manieristica della Polley. Calcolando però che ci troviamo davanti ad un'opera seconda si può tranquillamente passare sopra a queste piccole pecche.

Tutto il cast offre un'interpretazione più che lodevole, a partire dalla Christie, che con la sua Fiona, sofferente e distaccata dal mondo, riesce davvero a toccare le corde più profonde dell'animo. Siamo dunque felici che sia stata candidata agli Oscar e, nonostante abbia di fronte candidate di ottimo rango (basti pensare alla Cate Blanchett di Elizabeth), crediamo abbia buone possibilità di portarsi a casa la statuetta. Ottimi anche i comprimari, a partire da Pinsent, fino ad arrivare alla Kung, che interpretano il proprio ruolo con la giusta dose di cuore e passione.

Away from her Away from Her è un bel film. Sarah Polley riesce a raccontare una storia facilmente classificabile nel filone degli sceneggiati televisivi in maniera arguta, facendo delle riflessioni non banali sulla malattia e sul senso dei ricordi. Straordinaria e struggente l’interpretazione della Christie che firma uno dei suoi ruoli migliori dai tempi del Dottor Zivago, ed ottima anche la scelta del cast di contorno. Peccato solo per certi svarioni politici che appesantiscono la vicenda e, a tratti, rompono il pathos creatosi fra pubblico e protagonisti.

7

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