Recensione August Rush - La musica nel cuore

Una favola non troppo annunciata

Recensione August Rush - La musica nel cuore
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Il lato peggiore di Hollywood

Alla Warner Bros., questa volta, sembrano aver preso decisamente un abbaglio. Eppure, confezionare adeguatamente un film per famiglie, sulla falsariga del modello Disney, non sembra poi impresa così ardua. La maggioranza delle platee mondiali saprà già in che stato mentale porsi di fronte a produzioni di suddetto tipo, principalmente di dolce e melensa evasione con finale rigorosamente buonista all'insegna della bontà d'animo più ingenua e con uno splendente (soprattutto metaforicamente parlando), azzurro cielo sereno. Il fatto è che la musica di August Rush più che dal cuore sembra giungere direttamente da Marte, rovinando lo status di 'incredulità voluta' dello spettatore con alcuni snodi narrativi che definire imbarazzanti potrebbe risultare addirittura eufemistico. Il genio (non poi così ribelle) che oltrepassa le regole in virtù di innata dote naturale è un tema interessante ed assolutamente legittimo, purchè adeguatamente trattato e ricondotto entro certi limiti. Anche di quelli decisamente elastici di un'audience volutamente identificata come 'generalista'.

Vicende e personaggi

August Rush è la storia (anche se visti i toni sarebbe meglio parlare di 'super-storia') fortunella di un orfano musicalmente iper-dotato, figlio di due musicisti teoricamente agli antipodi: una graziosa, dolce e raffinata violinista di stampo classico con relativo padre-padrone a fungere da chioccia protettiva e severa, e un brillante ed estroverso cantante/chitarrista rock sicuro di sè, belloccio ed addetto alla vita da club a base di sballo (poco 'illegale' a dir la verità). I due una sera si trovano magicamente per caso in quel di Washington Square, lui seduce lei e fanno l'amore. L'aristocratica Lyla Novacek però resta incinta, contro i voleri del padre che malvede lo squattrinato musicista 'di strada' di nome Louis Connelly, intimandogli di lasciarlo. Lyla reagisce male fuggendo dal ristorante dove ha avuto luogo l'ultima, accesissima, conversazione sul tema e, presa dalla rabbiosa irruenza di chi sa di dover cedere giocoforza ai voleri di famiglia, finisce correndo sotto un'auto. Le fanno credere di aver perso il bambino, in realtà opportunamente spedito in un orfanotrofio, dove inizia l'avventura a base di 'oooohhhhh' e 'wow' del piccolo protagonista, che presto scopriremo purissimo talento musicale. Evan Taylor (questo il suo vero nome) finisce a dormire in una sorta di teatro abbandonato sotto la furbesca ed attenta supervisione di tale Maxell 'Wizard' Wallace (un Robin Williams un po' buffonesco), musicista fallito costretto alla sopravvivenza di quartiere più cinica che intravede nel ragazzo la classica gallina dalle uova d'oro. Il tutto naturalmente rapportato agli introiti di serata da locale di basso profilo. Evan tenterà più volte di liberarsi della sua limitante (anche se protettiva) presenza, girovagando a zonzo per New York e finendo addirittura nella prestigiosa Julliard School, dove un tempo studiò con profitto la madre. Qui entrerà in contatto con il mondo accademico della musica, imparando a leggere spartiti seduta stante e prodigandosi in allucinanti composizioni sinfoniche. Trattato con doveroso rispetto dai colleghi più anziani (nonostante alcune evidenti e poco accomodanti atteggiamenti), concluderà il suo ciclo di peripezie cinematografiche in un gran concerto per orchestra da lui scritto (rigorosamente in 'C Major'), dove confluiranno magicamente padre e madre nel frattempo messisi sulle sue tracce. La famiglia è ora riunita a suon di pompose note, champagne e fuochi d'artificio. Che dire... pazzesco.

Il film

Si sono volutamente calcati i toni nella sinossi della pellicola per apprestarsi in realtà ad evidenziare quelli che sono i suoi più grandi (e già menzionati) difetti: banalità ed insensatezza del plot, che gioca drasticamente con la realtà deformandola oltremisura anche per una produzione da 'volo di fantasia' (1); errata 'confezione' del prodotto, che viene presentato al pubblico quasi fosse tratto dalla classica 'storia vera' e si dimostra in realtà 'favoletta' per giunta poco credibile (2). Si aggiunga: non serve a nulla provocare la pelle d'oca con scene empaticamente e sentimentalmente 'forti' per poi rovinare tutto con tristissimi e decisamente risibili sviluppi affabulatori (vedere per [non] credere). La regia anonima della sicuramente brava Kirsten Sheridan fa il resto, non riuscendo ad emergere neanche nelle sequenze in teoria emotivamente più intense e cadendo spesso nella direzione 'di mestiere', magari finanche 'annoiata'. Riuscite invece le musiche (e diciamocelo, non poteva essere altrimenti vista la natura del 'movie') del chitarrista-pianista-cantante Mark Mancina, compositore molto attivo negli ultimi anni (soprattutto in ambito 'serial') che si lancia, creativamente parlando, in riuscite improvvisazioni strumentali melodicamente toccanti e di gusto, assolutamente in linea con tema e soggetto del lavoro a lui commissionato.

In sintesi

Caro August, hai sicuramente ragione quando nel finale affermi che la musica è tutta intorno a noi, basta solo saperla ascoltare o 'raccogliere': esclusivo dono, quest'ultimo, unicamente riservato ai grandi artisti (pre)destinati alla creatività (di successo). Permettici però una domanda: non è che in fondo, tra un'ellissi narrativa e l'altra, qualcuno ti ha DAVVERO insegnato a leggere e scrivere sullo spartito? Magari delle semplici lezioncine di orchestrazione. Ammettilo. Su, dai.

August Rush - La musica nel cuore Favola dell'oggi ingenua e fuorviante. E per questo sinistramente malsana. Con raziocinio ed accortezza maggiori in sede di sceneggiatura avremmo avuto tra le mani un prodotto disneyiano addirittura eccellente. Ed il soggetto ben si prestava ad un contenitore romanticamente destinato all'intrattenimento. Il voto avrebbe potuto essere più basso, ma in fin dei conti anche noi siamo convinti che la verità musicale risieda in un amorevole sintesi tra tradizione e innovazione, sacro e profano, formalismo e sperimentazione. Purchè non si esageri con i 'babbo natali'. Da vedere in buona compagnia come tassativa ultima scelta (della serata of course).

5.5

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