Recensione As the gods will

Il nuovo folle gioco al massacro di Takashi Miike

Recensione As the gods will
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All'interno della sua recente filmografia, il prolifico autore giapponese Takashi Miike ha avuto modo di raccontare una mattanza ambientata tra i banchi di scuola per mezzo di quell'Aku no kyôten che, internazionalmente conosciuto con i titoli Lesson of the evil e Il canone del male, pose in scena un insegnante impegnato a sterminare i propri studenti.
Facciamo questa piccola premessa perché anche Kamisama no iu tôri - anglicizzato As the gods will - apre tra le mura di un'aula di liceo, con gli alunni impegnati ad intraprendere insieme ad un Daruma parlante il gioco conosciuto in Italia come "Un, due, tre, stella"; differenziato dalla versione da tutti conosciuta, però, a causa del fatto che, nel caso in cui qualcuno dei concorrenti viene sorpreso in movimento, il suo cranio esplode inondando di sangue l'ambiente.
Quindi, come avvenuto in buona parte dei lungometraggi appartenenti al vasto curriculum del responsabile di Ichi the killer e Sukiyaki western Django, non sono certo abbondanti dosi di splatter a risultare assenti nel corso dell'operazione; ennesima che il cineasta mette in piedi partendo dal ricchissimo, tanto violento quanto grottescamente comico universo disegnato dei manga.

Miike... al cubo

Però, man mano che vediamo i protagonisti impegnati a fronteggiare un gigantesco Maneki neko (gatto di porcellana o ceramica che la cultura nipponica considera un portafortuna) mangia-umani, apprendiamo che il complesso in cui essi si trovano non è affatto un edificio scolastico, bensì un enorme cubo che sorvola Tokyo e che si pensa possa essere legato ad un attacco di matrice terroristica.
Allora, seppur con molta meno sensazione di claustrofobia presente, viene quasi naturale pensare ad una sorta di variante del Cube - Il cubo diretto nel 1997 da Vincenzo Natali; anche se, in realtà, è un gioco al massacro in un certo senso vicino alle dinamiche della gettonatissima saga Saw - a sua volta già debitrice nei confronti del citato cult firmato dal regista canadese - quello che provvede a prendere forma fotogramma dopo fotogramma.
Perché, proprio come negli stermini eseguiti dall'enigmista più famoso dei serial killer cinematografici d'inizio terzo millennio, le vittime aumentano con l'aumentare di diabolici meccanismi tirati progressivamente in ballo; dal gioco del Kagome kagome a quello della verità con un pericoloso orso bianco.
Ma, sebbene, appunto, il modus operandi delle uccisioni cambi di volta in volta, l'insieme non fatica ad apparire ripetitivo già dopo la prima mezz'ora di visione, rivelando ancora una volta il difetto che affligge buona parte dei lavori firmati dal cineasta nipponico: l'incapacità di rinnovare la sceneggiatura non appena si supera la folgorante primissima parte atta a trasportare lo spettatore nella folle idea di partenza.
Con la risultante di un prodotto esteticamente impeccabile come di consueto, che, oltretutto impreziosito da ottimi effetti digitali, non manca, però, di ritrovarsi stritolato nella morsa della ripetitività tirata eccessivamente per le lunghe.
E solo per ribadire che nella vita, in fin dei conti, occorre fortuna.

As the gods will Il prolifico Takashi Miike parte da un manga per mettere in piedi una sequela di massacri ai danni di giovani decimati attraverso un susseguirsi di pericolosi giochi, un po’ come avviene, di livello in livello, nelle avventure videoludiche. Con massicce dosi di umorismo nipponico e notevole cura estetica, però, quello che, inizialmente, può manifestare i connotati di divertente elaborato, finisce per mostrare la corda già dopo la seconda situazione proposta. E, nel proporre interrogativi sull’esistenza di Dio e ribadire che nella vita occorre fortuna, si riprende in parte nel conclusivo gioco che coinvolge matrioske e lattine... ma è un po’ troppo poco per strappare alla ripetitività e poter rendere sostenibili i cento minuti totali di As the gods will.

5.5

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