Recensione Another Me

Un fallimentare viaggio all'interno di una misteriosa adolescenza

Recensione Another Me
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Quando ti ritrovi a un Festival, sai benissimo che non tutti i film in concorso possono soddisfarti e che qualcuno, irrimediabilmente, per quanto interessante possa sembrare sulla carta, ti lascerà con l'amaro in bocca. Another Me parte con tantissimi buoni propositi: un mistero da risolvere, atmosfere adolescenziali, un cast che, tra volti noti e nuovi talenti, incuriosisce e attrae lo spettatore davanti al grande schermo. E poi ha alle spalle un racconto di Cathy MacPhail discretamente interessante e una regista, Isabel Coixet, che in passato ha già dimostrato di avere un modo particolare e intimo di utilizzare la macchina da presa.
Another Me racconta la storia di Fay (Sophie Turner), un'adolescente come tante altre la cui vita perfetta si è trasformata nel momento in cui il padre si è ammalato. Tante cose sono cambiate da quel momento, soprattutto nel suo rapporto con la madre e con gli amici di scuola: tutto ciò raggiunge il culmine quando Fay sospetta di essere perseguitata da un suo misterioso doppio, che minaccia di rubarle non solo l'identità, ma la sua completa vita. Tra le prove della recita scolastica da preparare e l'appena nata storia con Drew (Gregg Sulkin), Fay si perde nella ricerca ossessiva di questo ipotetico stalker che tutti continuano a scambiare per lei.

Un’altra storia... come tante

Another Me parte benissimo: per i primi venti minuti ci si ritrova proiettati in atmosfere adolescenziali oscure e ricche di tensione, tanto che sembra essere tornati a quei film di genere che tanto andavano in voga negli anni Novanta. Strane apparizioni, luci che tremano, porte che sbattono, tutto segue uno schema ripercorso da anni e anni di cinematografia, una sequenza di eventi che già sappiamo porteranno alla rivelazione che deciderà il punto di svolta della storia, il climax narrativo. Ecco dove nasce il grande problema di Another Me. Quando finalmente viene svelato il fulcro dell'intero mistero, la reazione dello spettatore è la più sbagliata in assoluto: ridere. Perché, fin quando usati in modo sapiente, i clichè possono andare anche benissimo, ma a un certo punto Isabel Coixet perde completamente la presa sulla storia che sta raccontando e tutto il film si trasforma in un progetto ridicolo e assolutamente poco credibile. I vetri che si venano al passaggio della protagonista, le ombre che la seguono ovunque, persino i suoi crolli psicologici e i discorsi, idealmente profondi, con il padre convergono tutti verso la stessa idea di ridicolo, distruggendo tutta la tensione costruita a inizio film.
Un vero peccato, perché Another Me poteva essere un pretesto alternativo per raccontare i conflitti interni dell'adolescenza, sfruttando l'idea della persecuzione da parte di una diversa versione di se stessi per esplorare un'età sempre più complessa e oscura. E invece il tutto si trasforma in un filmetto da seconda serata, di quelli sui quali le televisioni pubbliche ci metterebbero un po' a decidere se applicare o meno il bollino rosso... e non bastano le riconosciute capacità attoriali, peraltro non sfruttate al loro massimo, di Jonathas Rhys Meyers e Rhys Ifans a tenere in piedi l'intero progetto.

Another Me Un cast di nomi conosciuti da diversi target di pubblico e una storia ricca di iniziale mistero: Another Me si limita a questo... ed è meglio così, perché ogni altro tipo di commento, purtroppo, si soffermerebbe ad analizzare il costante senso di noia e incredulità che accompagna la visione della pellicola, dove tutto sa di già visto, già raccontato, già fotografato... ma in modo migliore.

5

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