Recensione Adèle e l'enigma del faraone

Recensione del primo film della trilogia avventurosa tratta da Luc Besson dai fumetti di Jacques Tardi

Recensione Adèle e l'enigma del faraone
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"La casa editrice di fumetti Casterman aveva visto i miei lavori precedenti e mi aveva commissionato una serie per la quale dovevo trovare un protagonista. A dire il vero, in quel momento le idee scarseggiavano. Era la fine degli anni Settanta, all'epoca lavoravo soprattutto su storie uniche e non su serie, ma devo dire che l'idea mi allettava e quindi mi sono messo al lavoro. Ho cominciato facendo una sorta di censimento tra gli eroi dei fumetti - che erano quasi sempre personaggi maschili - tra cui c'erano piloti di auto velocissime, aviatori, soldati, cowboy e poliziotti con qualche raro personaggio femminile, tra cui Bécassine, una cameriera di provincia che non parlava mai, e Barbarella, che apparteneva però al genere più erotico. E' lì che ho avuto l'idea di una protagonista che avrebbe dovuto da sola battere tutti gli eroi maschili".
Classe 1946, è con queste parole che Jacques Tardi, vera icona del mondo dei comics d'Oltralpe, nonché fondatore del "Nuovo Realismo", racconta la genesi della figura della giornalista Adèle Blanc-Sec, la quale, pronta a qualunque cosa pur di raggiungere i propri obiettivi, approda sul grande schermo grazie all'interessamento dello Spielberg francese Luc Besson, che, dopo le avventure di Arthur, sembra intenzionato ad aggiungere al proprio curriculum registico una nuova fanta-trilogia.
Ed è la splendida Louise Bourgoin - passata dalle previsioni del tempo su Canal+ alla pellicola di Anne Fontaine The girl from Monaco - ad incarnare l'eroica protagonista, la quale arriva in Egitto per affrontare mummie di ogni forma e dimensione, mentre, conservato in una teca del museo di storia naturale, un uovo di pterodattilo di 136 milioni di anni fa si schiude improvvisamente liberando l'uccello preistorico che comincia a terrorizzare i cieli di Parigi.

Ci vedremo più Tardi

Eroica protagonista che Besson stesso ha giustamente associato a una risposta femminile a Indiana Jones, tanto che il mai disprezzabile Mathieu"Lo scafandro e la farfalla"Amalric, nei panni del malvagio Dieuleveult, sfoggia un trucco tutt'altro che distante da quello del maggiore Arnold Toht alias Ronald Lacey visto ne I predatori dell'arca perduta (1981).
D'altra parte, insieme ai riusciti effetti digitali, è proprio l'ottimo trucco a conferire una certa atmosfera fumettistica ed a rientrare tra i maggiori pregi dell'operazione, movimentata fin dall'inizio e i cui 107 minuti totali, immersi nella bella fotografia di Thierry Arbogast (collaboratore di Besson fin dai tempi di Nikita), si costruiscono sulla progressiva presentazione dei vari, grotteschi personaggi.
E, ovviamente, a mancare non è certo l'ironia indirizzata agli spettatori più giovani, soprattutto nelle spassose sequenze in cui il goffo ispettore Caponi, interpretato dal Gilles Lellouche di Nemico pubblico n. 1-L'istinto di morte (2008), si ritrova perseguitato dal pericoloso pterodattilo.
Quindi, tenendo in considerazione l'appena specificato, principale target di riferimento, ci si chiede per quale motivo siano presenti elementi decisamente più adatti agli adulti, dall'inutile nudo della protagonista agli accenni di cattiveria e violenza (basterebbe citare il flashback in cui viene mostrata la morte della sorella di Adèle).
Elementi che, paradossalmente, contribuiscono in un certo senso a rendere atipico il guardabile insieme, vicino nel look ai lavori di Jean-Pierre"Delicatessen"Jeunet e che, per meglio capire quanto sia fedele allo spirito dei fumetti, ci spinge ad ascoltare le parole di Tardi: "In linea di massima direi di no, ma come autore so bene che l'adattamento cinematografico è comunque una forma di tradimento e che va preso come tale. Inoltre, avendo personalmente realizzato l'adattamento a fumetti di tanti romanzi, so bene di cosa sto parlando. Quando cambi formato, cambi il mezzo espressivo e la maniera di raccontare la storia è diversa. Un fumetto è una serie di immagini immobili, di istantanee che raccontano una storia che puoi leggere tutta di seguito a velocità tua, soffermandoti a volte su una scena più che su un'altra. In un film è il regista ad avere il controllo, a stabilire il ritmo, a decidere se e quando mostrarti un volto o un oggetto in primo piano".

Adèle e l'Enigma del faraone Dopo la trilogia di Arthur, Luc Besson ne comincia un’altra trasponendo sullo schermo le avventure dell’eroica Adèle Blanc-Sec creata da Jacques Tardi. Con un finale lasciato appositamente aperto per il secondo episodio, il risultato è un prodotto divertente a sufficienza che, ricco d’azione ed effetti speciali, punta non poco su massicce dosi d’ironia rivolta al pubblico dei giovanissimi. Pur ricorrendo in parte a situazioni ed elementi che non sarebbero da ritenersi del tutto adatti a loro.

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