Recensione A History of Violence

Viggo Mortensen è un tranquillo cittadino che, dopo aver ucciso due rapinatori in una sparatoria, si trova a fare i conti col suo passato in A History of Violence, noir-thriller di David Cronenberg.

Recensione A History of Violence
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Tom Stall è un tranquillo cittadino americano, felicemente sposato e con due figli, uno adolescente e una di pochi anni. Un uomo apparentemente come tanti altri che una sera, dopo l'irruzione nel diner di sua proprietà da parte di due criminali psicopatici, si ritrova ad improvvisarsi eroe per caso per mettere al sicuro l'incolumità dei suoi dipendenti. Dopo l'uccisione nel conflitto a fuoco dei due malviventi Tom finisce celebrato sulle pagine dei giornali e sui network nazionali per la dimostrazione di coraggio e sangue freddo. Oltre ai reporter però anche tre misteriosi e loschi individui fanno visita al suo locale, sostenendo di conoscerlo da lungo tempo e accusandolo di aver nascosto la sua reale identità a tutti i suoi compaesani, famiglia inclusa. Questo per Tom sarà soltanto l'inizio di un incubo che lo porterà a confrontarsi nuovamente con una lunga pagina del suo passato che considerava ormai morta e sepolta.

Un uomo tranquillo

Se già con Spider (2002) si potevano intuire gli aliti di un possibile cambio di rotta (o meglio di un'inesorabile evoluzione), tre anni dopo con A History of Violence David Cronenberg traccia una nuova personale via che lo porterà a modificare nello stile, ma non negli istinti più primordiali, la sua idea di Cinema. Questa trasposizione, con qualche variazione (finale incluso), dell'omonima graphic novel di John Wagner e Vince Locke vede un accantonamento delle coordinate dicotomiche uomo-macchina, che appartenessero o meno a contesti fantastici o reali, in favore di un nuovo controverso rapporto tra corpo e pensieri, qui incarnati dall'improvvisa trasformazione del protagonista da tranquillo cittadino in implacabile giustiziere / vendicatore. In un ribaltamento delle classiche legge morali che regolano la tipica "american way of life", i novanta minuti di visione ci trascinano in un crescendo emotivo e tensivo che trova ampia soddisfazione nell'esaltante componente action-noir che domina l'ultima parte, vera e propria resa dei conti tra Tom e i fantasmi del suo passato. Una figura ambigua che nasconde al suo interno sia aspetti positivi che negativi in una sorta di doppia identità / personalità dalla quale è difficile distinguere il vero dal falso e che trova nella sublime performance di un Viggo Mortensen a tratti espressivamente trasfigurato un vero e proprio punto di forza, perfetta incarnazione dei demoni interiori di un uomo pronto a tutto pur di proteggere la sua nuova vita. Il cineasta canadese ha impresso la sua visione darwiniana del mondo, facendone metafora della sopravvivenza del più forte ad ogni costo, evitando così i tipici moralismi retorici da banale revenge-movie e implementando nella sceneggiatura molteplici livelli di profondità emotiva, in una strenua battaglia tra la furia e la ragione che si trova ad esplodere, come già il titolo poteva suggerire, in sparute ma efficaci sequenze di rocciosa e secca violenza. Un'opera difficilmente identificabile nei canoni del mero thriller o del canonico dramma familiare, in cui la mutazione non è qui fisica ma mentale e, proprio per questo, ancora più spaventosa poiché contestualizzata nella realtà di tutti i giorni e in cui il passaggio che separa un eroe da un assassino si fa inquietamente labile.

A History of Violence Ed Harris, William Hurt e una sensuale Maria Bello sono i degni compagni di (dis)avventura di un magnetico Viggo Mortensen, qui figura dalla duplice personalità protagonista assoluta del nuovo corso cronenberghiano. A History of Violence segna definitivamente, nella forma ma non nei contenuti, lo stacco del maestro canadese dai suoi estremismi dicotomici, trasportandoli dal piano uomo-macchina spesso tendente ad atmosfere horror / fantastiche verso un percorso mentale che, se possibile, si fa ancora più terrificante nella sua plausibile aderenza al reale. Un'opera di rara concretezza, sia nei suo efficaci eccessi di azione violenta che nelle sfumature emotivo - psicologiche atte ad indagare nei meandri più oscuri e nascosti dell'animo umano, che si fa al contempo metafora di una società americana dominata dal mercato delle armi nonché esegesi darwiniana diretta e tagliente, il tutto in una messa in scena che nobilita, ribaltandoli in un gioco sopraffino ed ispirato, gli stilemi thriller e drammatici per portarli a nuovi livelli di ambivalente poetica interiore e non.

8.5

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