Recensione A hard day's night

La prima volta dei Beatles davanti alla macchina da presa

Recensione A hard day's night
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Il titolo italiano, in quel lontano 1964 che ne rappresentò l'anno di produzione, fu Tutti per uno, probabilmente per richiamare alla memoria il motto dei quattro moschettieri di cui i protagonisti non sembravano altro che una moderna versione.
Del resto, dietro la macchina da presa c'era il Richard Lester che, allora dal curriculum prevalentemente legato al piccolo schermo, diresse nove anni dopo proprio I tre moschettieri interpretato da Oliver Reed e Michael York.
A cinquant'anni dalla sua realizzazione, A hard day's night, primo lungometraggio interpretato dalla band britannica dei Beatles nel pieno del suo successo, torna nelle sale cinematografiche in versione originale sottotitolata in italiano (anche se qualcuno ne ricorderà già una ridistribuzione risalente alla prima metà degli anni Ottanta dell'edizione doppiata) impreziosito da un restauro digitale curato dalla Criterion Collection.
Un restauro eseguito ripristinando il film - candidato al premio Oscar per la migliore sceneggiatura e il migliore adattamento musicale - dal negativo originale in trentacinque millimetri incompleto e recuperando il materiale mancante dai due interpositivi; per poi scansionare le immagini in 4K con uno scanner Scanity e trattare accuratamente i dati grezzi usando una varietà di strumenti digitali utili a rimuovere lo sporco, i graffi, lo sfarfallio e altri danni.

Tutti per uno

Quindi, come c'era da aspettarsi, si comincia con la storica hit che da anche il titolo all'operazione, nel corso di titoli di testa che, tra finzione e realtà, mostrano i Fab 4 inseguiti per le strade dalle loro agguerrite fan.
Ma, dal momento in cui si passa alla sequenza ambientata su un treno in viaggio, comincia ad emergere quella certa venatura surreale che finisce per accompagnare i circa ottantasette minuti di visione, culminanti con l'attesissima, emozionante esibizione in pubblico del quartetto impegnato ad eseguire le splendide Tell me why, If I feel, She loves you e I should have known better.
La stessa I should have known better che, come pure If I feel, ascoltiamo anche nella prima parte del film, rappresentando insieme a Can't buy me love - che accompagna sia una sequenza di gioco su un prato che l'inseguimento pre-finale con la polizia - gli unici pezzi sfruttati per due volte all'interno della colonna sonora.
Colonna sonora comprendente, tra le altre, All my loving, And I love her e I'm happy just to dance with you, man mano che prende forma un elaborato di celluloide decisamente innovativo ed atipico per l'epoca in cui venne realizzato, in quanto non banalmente costruito su una storia lineare con protagonista il musicista (in questo caso i musicisti) di turno, ma costituito da una sequela di situazioni non strettamente legate da un filo logico e finalizzate solo a contornare i momenti in cui il gruppo prende in mano gli strumenti per suonare.
Un modo di fare cinematograficamente quasi anarchico che, probabilmente, era stato influenzato dall'anticonformismo diffuso tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio del decennio successivo tramite i primi lavori della Nouvelle vague; comunque contraria alle leggi del commercio, alle quali era invece legato il film di Lester, concepito proprio per anticipare l'uscita dell'omonimo trentatré giri.
E, tra sala prove, incontri con i giornalisti, un improvviso vagabondaggio intrapreso da Ringo Starr e John Lennon pronto a sfoderare un ironico atteggiamento a suon di battute e freddure, è il veloce montaggio di John"Frenzy"Jympson a contribuire in maniera fondamentale a rendere decisamente incalzante un insieme che, con l'immancabile George Harrison alla seconda chitarra, tira in ballo anche Wilfrid Brambell negli esilaranti panni di un nonno di Paul McCartney (molto divertente la gag al casinò).

A Hard Day's Night In occasione dei cinquant’anni trascorsi dall’anno della sua realizzazione, il 9, 10 e 11 Giugno 2014 torna nelle sale cinematografiche italiane in versione restaurata A hard day’s night (1964) di Richard Lester, ovvero il primo lungometraggio interpretato dai Beatles. Quindi, non solo l’occasione per i fan dei quattro di Liverpool di riassistere sul grande schermo al periodo dell’esplosione del loro successo, ma anche quella di riscoprire una tipologia di produzione su celluloide decisamente atipica per la prima metà degli anni Sessanta, in quanto mirata ad alternare situazioni comico-surreali ed esibizioni musicali senza sfruttare un plot ben preciso. E, ovviamente, da A hard day’s night a She loves you, provvedono le hit dei Fab 4 a fare il resto.

7

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