Recensione A Cena con un Cretino

Il remake di La cena dei cretini è poco appetitoso

Recensione A Cena con un Cretino
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C'era una volta La cena dei cretini, commedia francese di Frances Veber che ha conquistato il pubblico di mezzo mondo. A dodici anni dall'uscita dell'originale, ecco arrivare anche il, purtroppo, immancabile remake hollywoodiano, che cambia leggermente il titolo italiano in A cena con un cretino. Al posto dei due straordinari interpreti del film francese, Thierry Lhermitte e il compianto Jacques Villeret, troviamo due dei più famosi membri del frat-pack, Steve Carell e Paul Rudd, mentre dietro la macchina da presa siede Jay Roach, regista della saga di Austin Powers e di Ti presento i miei. La prima domanda che viene in mente è: se ne sentiva veramente il bisogno?

Una cena particolare

Tim (Paul Rudd) ha un'avviata carriera lavorativa, ma potrebbe avere un vero e proprio slancio per il quale è pronto a tutto. L'occasione si presenta quando il presidente della sua società organizza la classica Cena annuale dove ogni invitato ha il compito di venir accompagnato da una "persona speciale" (eufemismo per non dire cretini) di cui tutti i presenti possano prendersi beffa, e chi porterà con se il più idiota verrà eletto vincitore con ovvii beneficii aziendali. Tim pensa di aver trovato l'uomo giusto in Barry (Steve Carell), conosciuto per un innocuo incidente in mezzo al traffico, individuo con la bizzarra passione di vestire dei topolini finti per ricreare Opere d'arte.

"C'ena" una volta...

Il confronto con l'ioriginale era di quelli ardui, difficili da sostenere anche per il regista più navigato. E infatti la sfida, pur non trovandoci dinanzi a una disfatta totale, viene persa. I meccanismi che rendevano La cena dei cretini una cavalcata esilarante e irresistibile, sembrano qui perdersi nel cinema di maniera tipico delle commedie yankee dell'ultimo decennio, rendendo forse la storia e i suoi protagonisti più concilianti ad un pubblico "abituato" alle scorribande del frat-pack, ma perdendo in buona parte lo spirito genuino e la spontaneità del film francese. Non mancano certo le risate, ma più figlie di una certa demenzialità tipicamente hollywoodiana che di un racconto di stampo teatrale come fu originariamente la sceneggiatura di Veber. Aggiornando la storia al 2010, si intravedono risvolti tecnologici e la storia soffre di una sorta di standardizzazione che non eleva la pellicola tra le tante commedie in stile Apatow che escono ogni anno in sala. Paul Rudd e Steve Carell non si fanno per nulla disprezzare, anzi, ma paragonarli a Lhermitte e soprattutto alla follia contagiosa di Villeret risulta un tantino fuori luogo per non dire addirittura blasfemo. A cena con un cretino è quindi il classico prodotto mainstream dedicato ai tanti appassionati del genere, ma chi ha già goduto dell'originale rimarrà sicuramente deluso, mentre chi ne fosse ancora ignaro, spenderebbe meglio il suo tempo a noleggiarlo piuttosto che vederne un remake all'acqua di rose. La cattiveria infatti è qui molto più "smussata", e pur non mancando di "bastardate" più o meno divertenti, vige una sorta di fastidioso e silente politically correct che impedisce alla vicenda di esplodere in tutta la sua potenziale ilarità.Vedere i tristemente teneri pupazzetti di topolini del personaggio di Carell per averne conferma.

A Cena con un Cretino Abbandonando l'area di impostazione teatrale dell'originale, il remake di Roach cerca di contestualizzare la storia in un' America apparentemente perbenista, incappando in situazioni e gag più superflee che necessarie, e neanche la discreta prova dei due protagonisti riesce a giustificare l'esistenza dell'ennesimo, inutile, remake che Hollywood continua a propinarci, certo che il grande pubblico, notoriamente accecato dal prosciutto sugli occhi, frutterà incassi milionari. Ma se qualcuno osa chiedersi se tutto ciò era necessario, la risposta è ovviamente un no.

5

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