Recensione 300

La grande arte di Frank Miller incontra il grande cinema nella versione cinematografica dell'apprezzatissima graphic novel sulla battaglia delle Termopili.

Recensione 300
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Arduo. A dir poco. Arduo raccontare 300, definirlo e tentare di darne una vaga idea. Utilità? Nessuna. Sì, perché chi cerca notizie su 300, il nuovo film di Zack Snyder, molto probabilmente ha già avuto modo di vederlo, e brama ora, nell’eccitazione che segue la visione, un po’ di sano cameratismo goliardico, che come sappiamo regala tante belle soddisfazioni. Oppure ancora è in attesa di gustarsi l’opera, sta attendendo il momento fatidico, e brama ora, nell’eccitazione che precede la visione, un po’ di sano cameratismo, possibilmente sempre goliardico. Insomma, si parla di un film che accomuna un po’ tutti. E dato il trailer, tanto ben studiato quanto ben realizzato, al punto che potrebbe esistere a prescindere dal film, non c’è da stupirsi del fatto che si sia creata un po’ di attesa...
La spettacolarità, i discorsi epici, le sublimi visioni come le visioni del sublime, i tempi distorti: tutto ciò, in quel di Hollywood, ricerca da sempre l’esaltazione, una delle poche sensazioni in grado di spianare le gibbosità delle opinioni nei diversi animi. Ma come ben sappiamo, forti dell’istruzione ricevuta da esimie compagnie che si occupano di pneumatici, la potenza è nulla senza controllo. Per meglio dire: nessuno degli elementi, o espedienti, sopracitati è in grado da solo di provocare alcuna reazione emotiva (e abbiamo qui, purtroppo, numerosissimi esempi), senza l’abile guida di una mente sapientemente ispirata da una sana eccitazione infantile, eccitazione che è massima esponente e piena conoscitrice di tutto ciò che è emozione. Zack Snyder possiede tale mente? Frank Miller, creatore di 300, decisamente sì. Quest’ultimo, reduce dalla trasposizione su celluloide della sua opera più famosa, Sin City, è divenuto sinonimo di garanzia in ambito cinematografico, oltre che fumettistico. Certo, più che garanzia, si potrebbe definire acqua fresca, in un panorama che vede i supereroi come unica possibile proposizione del genere, e che al contempo non offre, se non in rari casi, opere degne di nota.
Zack dal canto suo ci ha dato prova di buona volontà con il remake dello storico Dawn of the Dead di Romero. La prova del nove viene dunque con 300, opera nata nell’amore e nella cura di Frank Miller, cresciuta nell’impegno e nella visione di Zack Snyder, e beatificata ora nell’approvazione del pubblico.

Marciano. Trecento uomini liberi, trecento combattenti, marciano. Marciano incontro alla morte, ma nessuna esitazione alberga in loro. Un solo dubbio, una sola incertezza, e la formidabile macchina da guerra che rappresentano, forgiata da anni di selezione ed educazione votati al combattimento, alla rettitudine, alla forza e all’onore, si sfalderebbe inesorabile. Per questo Leonida, il re degli Spartani, l’uomo che più di tutti incarna l’ideale della loro patria, l’uomo che sta conducendo un manipolo di guerrieri scelti a bloccare l’esercito persiano che incombe sulla democrazia e la civiltà che i greci hanno conquistato, non può lasciarsi impietosire dal deforme spartano che li ha seguiti, e che, implorante, non chiede altro che poter combattere al loro fianco. Attacca con forza, ma la sua deformità gli impedisce di alzare lo scudo: pure, è nato per un’inosservanza dei suoi genitori alle regole di Sparta, regole che avrebbero esatto la sua morte ancora in fasce. Imperdonabile. Leonida lo rifiuta. Un uomo che sa attaccare, ma non difendere, non solo non gli è di alcuna utilità, ma sarebbe addirittura dannoso. Non esiste il compromesso, non esiste l’eccezione. Un solo punto debole, e il sistema collassa.
Eppure, dentro di sé, Leonida sa che lui stesso costituisce un'eccezione: lui per primo non ha rispettato le leggi della madrepatria, che imponevano alla città di non scendere in guerra. Quando, mesi prima, un ambasciatore di Serse, il Dio-Re, aveva preteso la sottomissione di Sparta, la scelta per Re Leonida era stata semplice. Le ginocchia Spartane non toccano il suolo per nessuno. Difficile, al contrario, fu partire: gli efori, arcani sacerdoti corrotti, forti del loro oracolo e del potere che esercitano tramite la superstizione, avevano intimato di non scendere in guerra. Abbandonare poi l’amata moglie, lasciandola sola a combattere una guerra silenziosa... Difficile.
Difficile, ma ancora nulla, di fronte alle prove che il gruppo di guerrieri dovrà affrontare: resistere in soli trecento contro un esercito talmente enorme da prosciugare i fiumi, un esercito governato con la paura e il pugno di ferro, composto da stregoni, strani mostri provenienti dall’est e soprattutto dai temibili Immortali, la guardia personale dello stesso Serse. Impossibile guardare a tale situazione sperando nella sopravvivenza, e Leonida ha abbandonato da tempo, se mai l’ha avuta, l’idea di poter rivedere la propria amata città. Tuttavia, per uno spartano, la morte sopraggiunta in battaglia è il massimo della gloria a cui aspirare: e i trecento valorosi difendono la strettoia naturale delle Termopili, dove i grandi numeri schierati da Serse perdono il loro significato, dove "un solo uomo libero che combatte per la propria casa è sicuramente più forte di dieci soldati mercenari". A Serse non rimane che una scelta: offrire tutto ciò che un uomo possa desiderare, offrire la vittoria in cambio della resa. Il massimo della contraddizione. Il massimo del compromesso.

Arduo, dicevamo, parlare di 300. Un'opera che offrisse il fianco a varie stonature, che non si dimostrasse valida, paradossalmente sarebbe di facile trattazione: che dire invece, di un lavoro che si presenti impeccabile? Quando ritorna il vero cinema, le parole latitano, i concetti rifuggono. Il vero restare senza parole. Trattandosi di 300, poi, che fa dell’impatto un potentissimo mezzo comunicativo, il problema si complica ulteriormente. Descrivere a parole ciò che sullo schermo è dipinto, cercare di richiamare alla mente quell’affresco in movimento, fissato nella luce, immobile e dinamico, è impresa impossibile. Il solo comparto tecnico di questo film, dai punti di vista visivo e uditivo, basterebbe a giustificare l’enorme successo della pellicola: negli USA ha incassato più di 77 milioni di dollari in tre giorni di programmazione. L’utilizzo massiccio di effetti speciali, di filtri e di piani sequenza di grande dinamismo e l’uso quasi esasperante dello slow motion; la fotografia, curata al punto di regalare gioie per gli occhi ad ogni inquadratura, e i costumi minuziosamente confezionati, così come la scrupolosa prestanza scenica degli attori; un riguardo maniacale per l’opera illustrata di Miller, tale da poter raffrontare le due versioni scena dopo scena, e constatarne le similitudini: un insieme di fattori che disegnano l’opera, ma che certo non la esauriscono.
In 300 il dialogo è sotteso all’immagine, la forma subordinata alla sostanza. La maniacale preparazione fisica degli attori destinati ad interpretare i trecento valorosi non avrebbe avuto motivo di essere, se non per onorare la rappresentazione l’uomo puro, retto e integro nella figura dello spartano: e la deformità fisica diviene corruzione, incapacità e debolezza. L’integrità morale è il fulcro: non vi è compromesso, non vi è accettazione alcuna, e l’Uomo Libero non prende scorciatoie, ma antepone il rispetto per se stesso. E la gloria è da ricercarsi nella morte conservatrice, non più nella vita, che, se perseguita senza scopo, disgrega poco alla volta tutto ciò che nell’uomo è puro.
Compito arduo quindi, quello degli interpreti, nel tentativo di coniugare spettacolo e filosofia. Ciononostante non una sbavatura significativa è loro imputabile: e se Dominic West fatica un po’ più degli altri a risultare odioso, riuscendo comunque nello scopo, una menzione particolare non può non andare a Gerard Butler nel ruolo di Leonida, impeccabile in ogni sfumatura. Sarebbe alquanto ingiusto, tuttavia, dimenticare in questa sede l’ottima Lena Headey, una Regina Gorgo decisamente convincente, sebbene il doppiaggio italiano non le renda giustizia, e il capace Rodrigo Santoro nei panni di un Serse ambiguo, promiscuo e lascivo: un’ottima rappresentazione della paura, dell’inganno e della corruzione come mezzi di controllo, anteposti alla rettitudine, al rispetto e al valore.
Facile individuare, come già accennato, nel doppiaggio un’incrinazione a quella che è l’integrità dell’opera: inutile nasconderlo, il paragone con l’originale è impietoso. E ancora, l’aggiunta di alcune vicende integrative, assenti nel racconto di Miller, e alcune piccole differenze, potrebbero far storcere il naso ai puristi, fermo restando che il discorso in sé è affrontabile esclusivamente per via della maniacale adesione al fumetto: uno scoprire il fianco da parte del regista, che sicuramente ha guadagnato il diritto di lasciare il segno.

300 Un film da vedere. Non è un consiglio scontato, nemmeno aveste già in mano il biglietto: è un invito a osservare, a gustare, a sentire, a percepire. E a lasciarvi trasportare. Siate pronti, entrando in sala, perché questo è il film più massiccio dell’anno, e, probabilmente, tale resterà per parecchio... Accettate un suggerimento: se avete importanti questioni da discutere con i vostri amici, fatelo prima del film: dopo potreste non avere tempo. O per meglio dire: "fate colazione e gustate il vostro cibo, perché stasera ceneremo all’inferno".

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