30 Giorni di Buio: Recensione del nuovo film horror

La speranza è l'ultima a morire. O forse no? Recensione di 30 Giorni di Buio.

30 Giorni di Buio: Recensione del nuovo film horror
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Barrow. Innocua e desolata cittadina dell'Alaska dispersa tra i ghiacci. Abitata da brava gente, un piccolo popolo di lavoratori altruisti e dal facile aiuto reciproco tendente al comunitario. Se non fosse per il burbero di turno che vive isolato nella sua baracca ai margini della folla, e che lo sceriffo Eben Oleson (un bravissimo Josh Hartnett) tenta di coinvolgere affettivamente nella vita del paesino con simpatiche multe, potremmo tranquillamente parlare di caloroso paradiso polare (scusate il gioco di parole tendente all'ossimoro). Peccato però che per trenta giorni all'anno l'avamposto umano sia completamente immerso nel buio di una notte sapor boreale. E peccato che proprio quest'anno Barrow sia stata scelta dal leggendario popolo vampiresco come succosa e deliziosa riserva di emoglobina. Gli eredi di Vlad però, questa volta sono davvero cattivi e affamati. Tanto affamati. Che la festa di sangue abbia inizio.

Arriva finalmente nelle sale di tutto il mondo la trasposizione cinematografica della graphic novel di culto a nome 30 Days Of Night (qui da noi 30 Giorni di Notte). Ed è un vampire-movie superbo, uno di quegli horror che lasciano il segno, che catturano dal primo all'ultimo minuto il pubblico in sala incollandolo alle poltroncine e sprofondandolo in un universo di terrore e coinvolgimento emotivo sinceramente inaspettato. Uno di quei film diretti con passione ed a questo punto crediamo da un fan evidente del fumetto, che pur non ricorrendo al tributo puro ed incontaminato mantiene intatto lo spaventoso spirito claustrofobico dell'opera originale, narrando di fatti e misfatti che è un piacere (sadico). Questa volta, insomma, Sam Raimi e la sua Ghost House Pictures i quattrini sembrano averli spesi a dovere, confezionando un entertainment di genere orrorifico dannatamente riuscito che ha già da oggi cominciato, ne siamo certi, la sua trionfale marcia mangia-botteghino a base di hype giovanile (con gli adolescenti eletti a principale target di riferimento produttivamente parlando).

30 Giorni di Buio coinvolge, c'è poco da fare. E coinvolge perché diverte, manifestando una sintassi narrativa molto buona e vecchio stampo. Diegesi lineare, ritmo distribuito con dovizia nel corso dei cento e passa minuti della pellicola e personaggi caratterizzati quanto basta sono i principali punti di forza del film. David Slade infatti, seppur privo di uno stile visionario e barocchistico, ‘intreccia' l'azzeccatissima fabula partorita da Steve Niles ricorrendo ad un vocabolario cinematografico essenziale ed efficace, non disdegnando la ricerca dell'inquadratura ad effetto ed utilizzando i movimenti di macchina dove e quando serve. Non ci sono i grandiosi pennelli rozzi, densi e materici di Templesmith a sottolineare alla perfezione l'atmosfera da incubo disturbato della mini-serie pubblicata da IDW, ma abbiamo a che fare con una storia raccontata con sapienza che vanta al suo interno alcuni dei mostri horror più cattivi e carismatici degli ultimi anni (facciamo lustri), lontani anni luce da certa e frequente connotazione aristocratica e seducente. I vampiri di Barrow sono oscurità pura, creature maligne arrabbiatissime e spietate oltre che esteticamente orripilanti. Merce più orientata al Grand Guignol che ai castelli diroccati dei Carpazi con tanto d'aglio e paletti di frassino a seguito. Linguisticamente incomprensibili (i dialoghi dei ‘nostri' sono sottotitolati), fungerebbero da slogan xenofobo assoluto e, ne siamo convinti, convincentissimo. Difficile affrontarli a luce spenta e avere la meglio. Alcuni ci provano, ma è roba da Herschell Gordon Lewis. Josh Hartnett, però, ce la farà. A caro prezzo.

Ulteriori cenni di merito vanno al comparto tecnico, che sfoggia un lussuoso sound design a base di layer sintetici evocativi e di glaciale atmosfera. La stessa suscitata da una fotografia fredda e tagliente, dalla qualità luministica metallica e costantemente tendente all'ultravioletto. Se buio deve essere, che buio sia insomma.

30 Giorni di Buio Semplicemente da vedere. Gran parte del suo merito non risiede però nell’alto tasso di sensazionalismo splatter/gore da horrorino di cassetta che 30 Giorni di Buio ha da offrire assieme a improvvisi picchi di paura vera. Laconicamente parlando, il film prende. E per quanto ci riguarda basterebbe questo a promuoverlo a pieni voti. Ora però vogliamo il seguito. E che sia all’altezza.

8

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