28 Settimane Dopo Recensione: Gli zombie invadono Londra

Dal regista di Trainspotting arriva 28 Settimane Dopo, zombie movie ambientato nella capitale inglese.

28 Settimane Dopo Recensione: Gli zombie invadono Londra
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Danny Boyle aveva rivoluzionato il genere degli zombie movie con lo splendido 28 Giorni Dopo, in grado di portare una ventata d'aria fresca ad una tipologia di film ormai inflazionata. Un virus capace di trasformare chiunque ne venisse a contatto in spietati mostri disumani, per di più potenziati nelle proprie capacità fisiche. Un grande successo di pubblico e di critica per il regista di Trainspotting. In molti avevano perciò storto il naso alla notizia che qui il buon Boyle avrebbe vestito solo i panni del produttore, affidando le redini della regia al semi-sconosciuto Fresnadillo, autore già dell'iberico thriller fantascientifico Intacto. Dubbi legittimi su questa scelta, che però a conti fatti sono stati cancellati da un sequel inferiore solo di poco all'originale.

A volte ritornano

28 giorni dopo: il film comincia nella stessa location temporale del primo. E ci racconta vicende escluse dal precedente episodio. Alcuni fuggiaschi sono barricati in una casa di campagna, chiusi lì dentro da giorni per la paura di essere contaminati. Ma ecco che anche la loro instabile pace viene interrotta dall'arrivo di decine di persone trasformate dal virus. Si salverà solo Don (Robert Carlyle, che aveva già collaborato con Boyle in Trainspotting), che vedrà assalire sotto i suoi occhi la moglie (Catherine McCornack, la Murron di Braveheart), ma riuscirà nella propria fuga. Passano intanto le settimane, il virus viene pian piano debellato, e comincia la ripopolazione di Londra ad opera dell'esercito americano. Si giunge così a 28 settimane dopo: l'arrivo in città dei due figli di Don, la giovane Tammy e il piccolo Andy, cambierà per sempre ogni cosa. Infatti il loro desiderio di tornare nella vecchia casa, in quel momento ancora in una zona inaccessibile ai civili, innescherà una reazione a catena che porterà il virus a diffondersi di nuovo, ancora più potente e contagioso di prima.

Codice rosso

Chiariamolo subito: momenti di vera e propria paura non ce ne sono. Chi è in cerca di un horror spaventoso e terrorizzante rimarrà forse deluso. Ma per tutto il film, al posto della paura, aleggia una tensione costante, un'inquietudine sotterranea che tiene col fiato sospeso fino all'ultimo, senza un attimo di tregua. E' questo il grande merito della regia di Fresnadillo, non cala mai in momenti di empasse, e se questo può far pensare a novanta minuti di sola azione, meglio chiarire subito che così non è. La paura dell'oscuro, dell'incognita di cosa accadrà due minuti dopo, ci fa immedesimare nella folle corsa dei protagonisti. Alla fine rimarranno nella ricerca della salvezza Andy e Tammy, una dottoressa dell'esercito e un cecchino scelto. Da soli a lottare contro una folla di zombie. E non solo. Infatti, per contenere il più possibile la diffusione del virus, l'esercito americano ordina in un primo momento di far fuoco su chiunque, non importa se già contaminati o meno, mentre in seguito arriverà al bombardamento della città, e all'uso di armi chimiche. Insomma, si può notare anche una velata critica antimilitarista, laddove pur di colpire i colpevoli si finiscono per uccidere anche gli innocenti. Non mancano poi eccessi splatter, sangue a fiumi in più di una scena, forse a tratti persino esagerando. Ma è indubbio il fascino di certe inquadrature, come la camera in movimento dietro la testa di Carlyle che mette in mostra richiami agli shoot'em up più avvincenti, o ancora la carneficina al buio più completo, laddove il panico e la confusione dilagano sovrani tra le vittime. E vedere ancora una volta Londra deserta non può che lasciare piacevolmente esterrefatti. Il film scorre alla grande per più di un'ora, rischiando a tratti di raggiungere la qualità dell'originale. Ma soffre di un grave difetto: la breve durata. Almeno mezz'ora in più sarebbe stata necessaria per sviluppare al meglio il carico d'azione che si sente necessario dopo metà film e, proprio quando si pensa di raggiungere il massimo del pathos, arriva la scritta fine. Questo avviene peraltro in modo più che prevedibile, con un sottofinale alquanto delirante, che lascia le porte aperte a più di un sequel. Probabile che Boyle non si faccia sfuggire una gallina dalle uova d'oro come questa, e sia già pronto a sfornare un 28 Mesi Dopo. Ci troviamo comunque davanti ad un ottimo film, entusiasmante per buona parte e capace di lanciare un regista dalle indubbie doti, che ci ha mostrato alcune delle scene più belle dei film di genere degli ultimi anni. Il prequel era senza dubbio superiore, ma questo non delude le attese. Da vedere.

28 Settimane Dopo A tratti ai livelli dell'originale, si perde in un finale fin troppo sbrigativo e "aperto". Fresnadillo alla regia non fa rimpiangere Boyle, regalandoci alcune scelte registiche di indubbio fascino. Non è paura, ma una tensione costante che tiene incollati alla poltrona per quasi tutta la durata del film. Per essere un sequel, è di ottima qualità.

7.5

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