Intervista White God: Kornél Mundruczo

Chi è il Dio Bianco? Quali allegorie nasconde il nuovo film del regista di Tender Son - The Frankenstein Project? Ce lo racconta lui stesso, spiegandoci il parallelo tra uomini e cani

Intervista White God: Kornél Mundruczo
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Quello alla base di White God, il nuovo film di Kornél Mundruczó ora nelle sale per Bolero Film, è un provvedimento legislativo apparentemente innocuo, che mira a stabilire una maggiore disciplina nell’allevamento dei cani, ma dà invece luogo a una serie di eventi straordinari. Nel favorire i cani di razza, la nuova legge prevede infatti una gravosa tassa sui cani meticci, che vengono così abbandonati in massa, creando un sovraffollamento mai visto prima nei canili. Ma a tanti proprietari senza cuore corrispondono anche molti veri amici dei quattrozampe, come la tredicenne Lili, che lotta disperatamente per proteggere il suo amato Hagen dalle grinfie degli accalappiacani a cui vuole consegnarlo suo padre. Quando la povera bestiola finisce abbandonata sul ciglio di una strada, la ragazzina non si dà per vinta e cerca, invano, di ritrovare il suo amico, che nel frattempo vive numerose peripezie e si allea con alcuni suoi simili... i risvolti della vicenda potrebbero risultare drammatici: solo Lili potrebbe fermare questa insensata, promessa guerra tra uomini e cani.
Con White God - Sinfonia per Hagen Mundruczó firma una pellicola dal grande valore simbolico, incrociando il dramma con venature thriller quasi orrorifiche per portare avanti una riflessione sul difficile rapporto tra le società dominanti e le minoranze.

Who's the White God?

Chi è il Dio Bianco? Cosa significa il titolo del film?
Ho voluto collocare il film in una prospettiva in cui si capisca che il cane è il simbolo dell’eterno emarginato per cui il padrone è il suo Dio. Mi hanno sempre interessato le peculiarità di Dio. Dio è davvero bianco? Oppure ogni persona ha il suo Dio? L'Uomo Bianco ha dimostrato innumerevoli volte che è solo capace di dominare e colonizzare. Le due parole collegate del titolo nascondono molte contraddizioni ed è per questo che l'ho trovato così accattivante.

Quanto il presente politico dell'Ungheria ha inciso sul film?
Il film è più una critica dell'Ungheria di una volta e di quella del futuro, dove un’esigua minoranza domina su una massa più estesa. Questo sta diventando sempre più vero anche per l'Europa. Un gruppo dell'élite si riserva il diritto al potere mentre, come in un reality show politico, i politici sono star che noi decidiamo di eleggere o meno. Queste sono tendenze molto pericolose. Se non prestiamo attenzione, un giorno le masse si ribelleranno.

Quale aspetto di Budapest voleva rappresentare?
Volevo liberarmi da quel tipico senso di nostalgia dell'Europa dell'est post-sovietica che ha invece caratterizzato i nostri film negli ultimi decenni. L'Europa dell'est si trova in mezzo a un immenso caos, in un clima di cambiamento e instabilità; pianificare in anticipo è impossibile. Ho cercato spazi e immagini che potessero rappresentare tutto questo. Ho cercato di creare una nuova Budapest, che esprimesse una relazione attuale con la storia della città.

Com’è nata in lei l’idea di utilizzare i cani per rappresentare gli eterni emarginati? Che cosa ha ispirato la storia?
Nell'arte è sempre molto difficile trovare i mezzi per descrivere delle verità senza tempo in modo nuovo. L’incontro con la letteratura di Coetzee (John Maxwell Coetzee , scrittore sudafricano premio Nobel nel 2003, NdR) è stata un'esperienza rivelatrice. Il suo lavoro richiama l'attenzione sul fatto che c'è uno strato più basso anche di quello dei più emarginati, che consiste in un’altra specie di esseri intelligenti e razionali che possono essere sfruttati in tutti i modi possibili dall'uomo: gli animali. È qui che ho cominciato a chiedermi se fosse possibile girare un film con un cane. L'idea era tanto spaventosa quanto stimolante. Inoltre, è da un po' che volevo girare un film con una ragazzina come protagonista.

Diversi eppure complementari

Il film è costruito usando elementi presi da generi diversi. Fino a che punto il mescolare stereotipi del dramma, del film d'avventura e di vendetta è stata una decisione consapevole?
Non è stato propriamente un “mescolare”, ma più che altro un nuovo modo di interpretare. Nell’Europa dell’est, che va sempre più disgregandosi, questi generi sono presenti anche nella società. Le vite di alcuni di noi sono soap opera, altre, dei veri e propri thriller. Questi aspetti si alternano nella vita di ogni giorno con la stessa facilità con cui si cambia canale alla tv. Armonizzare questi generi in funzione di una grande idea era qualcosa di eccitante. È possibile fondere stereotipi con riflessioni reali? In alcuni momenti questi strati si intersecano l’uno con l’altro, il tutto tenuto insieme da un’unica grande idea. Non dovrebbe mai essere una parodia.

Che emozioni voleva suscitare nel pubblico che vedrà il film? Questo è un film fortemente morale, che pone interrogativi altamente morali, il pubblico di conseguenza deve giungere a conclusioni morali. Per me ciò che è più importante è riuscire a far battere forte il cuore.

Quali sono i suoi progetti futuri? Ci sono alcune cose che si porterà consapevolmente dietro anche nei suoi prossimi film?
Per me questo rappresenta l’inizio di una filmografia adulta, ma vorrei anche continuare a raccontare favole. Anche lo spirito di una nuova Europa dell'est è importante per me, perché la sua anima è rimasta la stessa, anche se tutto ciò che le ruota intorno è cambiato. Credo sia mio compito fare un resoconto di questo.

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