Intervista The Hateful Eight: incontro con Quentin Tarantino e il cast

Quentin Tarantino, a Roma per presentare The Hateful Eight, in anteprima speciale a Cinecittà in versione estesa 70mm, ci racconta i retroscena del film in compagnia dei protagonisti Kurt Russell e Micheal Madsen e del Maestro Ennio Morricone.

Intervista The Hateful Eight: incontro con Quentin Tarantino e il cast
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L'uscita estesa in tutte le sale della penisola è prevista solo per giovedì quattro, ma intanto le anteprime in 70mm che si stanno tenendo a Roma, Bologna e Milano stanno avendo un grandissimo successo (potete scoprirne di più qui e qui): The Hateful Eight sta ricevendo una calorosa accoglienza, che Quentin Tarantino stesso sta certamente apprezzando. Presso gli studi di Cinecittà il mitico regista, insieme a due dei suoi interpreti di culto (Kurt Russell e Micheal Madsen, interpreti rispettivamente dei personaggi di John Ruth e di Joe Gage) e al Maestro Ennio Morricone -autore delle musiche- hanno risposto alle domande della stampa, avida di conoscere ogni dettaglio della lavorazione del film (del quale, vi ricordiamo, potete leggere la nostra recensione a quest'indirizzo).

Distinguersi

Quentin, un tratto distintivo delle tue pellicole è che c'è sempre qualcuno che fa finta di essere qualcun altro. Come mai ami così tanto questo espediente narrativo?
Quentin Tarantino: È innegabile. C'è sempre un tizio mascherato da qualcos'altro, e spesso lo fa per salvarsi la pelle. C'è in tutti i film, anche se in Pulp Fiction forse no, a parte un po' il personaggio di Bruce Willis. Non so perché, ma mi piace questo aspetto drammatico e mi piace metterlo alla prova in ogni scenario.

Scegliere di girare tutto il film in questo glorioso 70mm è quasi una battaglia ideologica, ed è quasi come se la pellicola rappresentasse i nativi americani, mentre il digitale sarebbe la cavalleria...
Quentin Tarantino: Be', diciamo che è un paragone sensato. Spero solo che la pellicola resista più a lungo degli indiani. Che, ad ogni modo, han combattuto e resistito tantissimo, vendendo cara la pelle.

Diversamente dagli altri suoi film, questo parte lentamente e con molta meno violenza del solito: come mai questo approccio?
Quentin Tarantino: È chiaramente dovuto all'origine e allo stile teatrale del tutto.

Si possono notare tante influenze, da Agatha Christie al western di Corbucci: sembra però di notare una chiara discendenza anche da La Cosa di Carpenter, dalla costrizione dei personaggi all'elemento coercitivo femminile...
Quentin Tarantino: Sì. I personaggi sono bloccati, in questo caso dalla neve... Diciamo che io vedo Hateful Eight come una sorta di versione western de Le Iene, e a sua volta Le Iene doveva molto a La Cosa...
Kurt Russell: Io mi ritengo un uomo molto fortunato ad aver lavorato sia con Quentin che con Carpenter.

Ultimamente c'è stata molta polemica sulle nomination mancate agli Oscar per gli attori neri. Le è dispiaciuto che Samuel L. Jackson non ne abbia ricevuta una?
Quentin Tarantino: Certo che sì. Se la meritava. Personalmente, comunque, non avrei boicottato gli Oscar se mi avessero nominato.

Altra sua particolarità è non fermarsi mai a un genere solo. Spesso parte in un modo e conclude in un altro.
Quentin Tarantino: Vengo ispirato, trascinato da un genere, all'inizio, ma so di non riuscire a dire tutto quello che voglio all'interno dei suoi paletti e spazio. Mi piacciono i film a cavallo tra vari generi e se riesci a farlo bene è un valore aggiunto per il pubblico, che tutto sommato è come se vedesse più film con un unico biglietto. Io stesso però non mi accorgo subito dei generi coinvolti: qui sono partito dal western, poi è arrivata Agatha Christie e infine mi sono ritrovato nell'horror.

Il personaggio prigioniero è sempre stato di sesso femminile? C'è un senso particolare per cui lo sia e per il quale c'è accanimento verso di lei?
Quentin Tarantino: Il prigioniero è sempre stato una donna nella mia visione. Ma poteva anche non esserlo. Il fatto che sia malmenata in quel modo non è un accanimento verso la donna ma verso il prigioniero, data la situazione e dati i personaggi coinvolti è normale che accada così. Di base non sarebbe cambiato nulla con un uomo al posto di una donna, ma un personaggio femminile complica le emozioni e le rende più interessanti.

Si è parlato molto del sottotesto politico di questo film, cosa ci dice a riguardo?
Quentin Tarantino: Bastardi senza gloria e Django Unchained sono nati come film politici. Qui io partivo semplicemente con l'idea di fare un western ma man mano che la storia veniva scritta e si cominciava a parlare delle problematiche post-guerra civile ho pensato al dibattito tra Repubblicani e Democratici, e collegavamo la finzione con l'allegoria della realtà.
Michael Madsen: Quentin coi suoi film tenta di dare una visione pacificatrice dei problemi, più che sollevarli e basta. Poi il pubblico è libero di vederci l'attualità, come abbiamo fatto noi sul set, o semplicemente l'intrattenimento.

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