Intervista Sotto una buona stella

Carlo Verdone ci racconta la sua commedia 2014 insieme al cast

Intervista Sotto una buona stella
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La catanese Tea Falco l'avevamo vista, tra l'altro, in Io e te (2012) di Bernardo Bertolucci, mentre Lorenzo Richelmy è stato interprete de Il terzo tempo (2013) di Enrico Maria Artale. All'interno di Sotto una buona stella, nuovo lungometraggio diretto dal comico Carlo Verdone, li troviamo nei panni dei figli del protagonista, incarnato dallo stesso regista, appena rimasto vedovo e disoccupato, quindi costretto alla non facile convivenza con entrambi. Convivenza cui finisce presto per aggiungersi una piuttosto stramba vicina di casa con le fattezze di Paola Cortellesi.
In occasione dell'uscita del lungometraggio nei cinema, dove approda oggi 13 febbraio 2014 distribuito da Filmauro, i produttori Luigi e Aurelio De Laurentiis hanno incontrato la stampa a Roma insieme al cast, del quale fa parte anche Eleonora Sergio. Durante la conferenza, Verdone ha avuto anche modo di precisare: "Io ho cominciato le riprese nel peggiore dei modi, perché il mio assistente Ivo, che mi ha seguito per diciassette anni e al quale ho dedicato il film, è venuto improvvisamente a mancare; quindi, ho iniziato con un po' di depressione e malinconia, però penso che se Sotto una buona stella dovesse andare bene sarà anche merito del suo influsso positivo".

Benedetto il giorno che t'ho incontrata

Come è nata l'idea per questo film?

Carlo Verdone:
Questo film ha avuto un parto molto lungo, perché per trovare l'idea abbiamo lavorato molto; infatti mi ha ricordato Borotalco, per il quale impiegai dodici mesi nella ricerca del soggetto. Qui non sono stati dodici mesi, ma inizialmente non riuscivamo a trovare con il produttore qualcosa che fosse capace di metterci d'accordo. Alla fine, stremati, Pasquale Plastino si è ricordato di un plot iniziale che scrivemmo addirittura prima di Posti in piedi in paradiso, una paginetta piena di appunti che riguardava un po' la prima parte di questo film. C'erano due figli, c'era il personaggio interpretato da Eleonora Sergio, ancora non era delineato quello della vicina di casa e mancavano altre cose. Questo per me è un film di stampo prettamente teatrale, perché si svolge principalmente in due ambienti ed è girato a Cinecittà con bravissime maestranze. Ad un certo punto è diventato un film di persone alla ricerca di solidarietà, di affetto, di affidarsi a qualcuno, di essere abbracciati. Nella prima parte c'è un po' uno scontro generazionale, poi si apre con l'arrivo di Paola e il resto. Spero di essere riuscito a incanalare nel percorso della commedia argomenti seri, questa secondo me è una delle migliori troupe che io abbia avuto, devo dire un grazie non solo a tutti coloro che hanno collaborato a questo film, ma anche al direttore della fotografia Ennio Guarnieri, che è stato un alleato preziosissimo e mi ha stimolato molto.

Parliamo proprio della difficoltà di riuscire a far ridere tramite temi su cui non c'è nulla da ridere...

Carlo Verdone: Questa è una grossa sfida, se io non osservassi la realtà e certi dettagli non saprei più cosa raccontare. Spesso tante idee vengono anche dalla lettura di un quotidiano, quindi, dovendo raccontare il periodo che sto vivendo non posso fare a meno di raccontare certe emergenze per convogliarle in un discorso di commedia. È molto difficile questo, ci vuole un grande equilibrio e senso della misura, ma io senza realtà non so lavorare, questo è il cinema che so fare.

C'è qualcosa di autobiografico nella tematica della ricerca dell'affetto?

Carlo Verdone: Fortunatamente no, mi sono ispirato a tante situazioni che purtroppo vivono tanti amici e che sono presenti in molte case. Sento che c'è un grande bisogno di affetto, perché questo è un momento di grande solitudine, lo avverto io e credo lo avvertiate anche voi.

Paola Cortellesi può parlarci del suo personaggio e di Carlo Verdone regista?

Paola Cortellesi: Io non desideravo altro che lavorare con Carlo, è stato ancora più bello di come me lo aspettavo. Conoscevo Carlo da tempo, mi aveva fatto tempo fa pubblicamente e simpaticamente una promessa e l'ha mantenuta. Poi, per chi fa questo mestiere ed ama un certo tipo di registro, Carlo Verdone è chiaramente il maestro. Per me, quindi, era un sogno lavorare con lui e dire che mi sono trovata bene è poco, perché la sensazione, quando lo fai con lui, è quella di lavorarci già da anni. E ciò mi ha reso tutto facile, non ho sentito in alcun modo il peso del personaggio che ho sempre ammirato, poi Carlo è molto rigoroso.

Carlo Verdone:
Potrà sembrare banale, ma con lei ho trovato veramente un bel feeling dal punto di vista dei tempi recitativi, non ho faticato a dirigerla. Ci sono tanti attori ai quali devi stare molto attento, mentre lei non ricordo neanche di averla diretta, perché era già nella parte, aveva una naturalezza incredibile, non capisci se è bravissima nell'essere naturale o se è veramente così. Io la vedo crescere, come vedo crescere Eleonora, che sta facendo sempre di più sia in televisione che nel cinema; Tea è stata una splendida scoperta di Bernardo Bertolucci, ha un primo piano molto particolare e dei tempi tutti suoi che rappresentano la sua originalità, è fuori dagli schemi; Lorenzo ha un gran volto, ha dei bellissimi tempi e io sono convinto che loro avranno un bel futuro che li aspetta.

L'impressione è che il baricentro del film sia proprio il personaggio di Paola Cortellesi...

Carlo Verdone:
Noi abbiamo scritto il film pensando proprio che Paola ne dovesse essere il baricentro. Entra in ritardo, diciotto minuti dopo l'inizio del film. Il produttore era molto preoccupato di questo, ma io dovevo raccontare prima tutte le mie disavventure lavorative ed il mio rapporto difficile con i figli.

Compagni di Paola

Quanto ha messo del suo Paola Cortellesi nelle gag con Carlo Verdone?

Paola Cortellesi:
La sceneggiatura si segue con precisione, poi, certo, quando ci siamo trovati a provare delle scene con Carlo, ognuno ci ha messo del suo. Per esempio, nella scena degli amplessi, quella della tazzina o quella in cui faccio l'operaia.

Il titolo vuole spingere a pensare che possa esserci un po' di speranza per l'Italia e per i giovani?


Carlo Verdone: Tea nel film fa un discorso giusto dicendo che questo non è un paese per giovani e, purtroppo, è vero, non lo è, perché è occupato da tante persone anziane che non si spostano, quando arrivano a settantotto anni c'è il problema di dove ricollocarle. Dovrebbero andare via e lasciare il posto ai giovani che si sono preparati, è una delle cose che più mi addolorano, perché vedo che anche i miei figli stanno perdendo tutti i loro amici, i quali se ne stanno andando tutti all'estero. L'Europa è vecchia, ma si dovrebbe ridisegnare attraverso dei ricambi generazionali, però è difficile. In realtà l'Italia è uno Stato più feudale che repubblicano, perché sembra tanto unito, ma non è unito niente, è una perenne riunione condominiale dove l'amministratore di condominio è il presidente della Repubblica, al quale, tra l'altro, non mi sento di dare tutte queste colpe.

Tea Falco: Io penso che i giovani oggi debbano spostarsi per forza dall'Italia, perché è come se non fosse rimasto più niente da prendere, infatti anche io me ne sto andando (ride), però si torna sempre qui con la speranza di creare qualcosa di positivo.

Lorenzo Richelmy: Il fatto è che ci avete levato tutto, anche perché qua nella sala vedo persone molto grandi. Io vedo che anche molti miei amici che fanno l'università non hanno più niente da prendere, quindi è tragica manco poco la situazione. Carlo è un maestro e, quindi, riusciamo a riderci sopra, ma non è vero che tutta l'Europa è così, solo l'Italia è così, perché a Berlino guadagnano più i venticinquenni dei quarantenni, in quanto sanno che i venticinquenni hanno una mente talmente veloce e preparata che fanno guadagnare molto di più alle aziende. Qui non esiste, non so quale sia il problema, quindi ci troviamo a dover scegliere tra l'Italia e l'estero, ma nessuno, in realtà, è contento di andarsene, perché la maggior parte degli italiani è innamorata dell'Italia. Ma come si fa in questo paese a mettere su famiglia, a trovare una casa adesso a trent'anni? Ora vedo che la situazione sta migliorando, ma queste migliorie non vengono da noi, vengono da fuori, dalla globalizzazione.

Aurelio De Laurentiis: Ragazzi miei, voi avete sbagliato la voce del verbo, perché anziché pronunciare la voce del verbo prendere, avreste dovuto pronunciare voce del verbo dare. Io nella vita sono sempre stato considerato un grande rompiscatole perché mi comportavo sempre da ragazzo che contestava il mondo degli adulti, poi, per me sarebbe facile prendere ed andare in America, ma che senso ha? Io, contro il parere contrario di tutti quelli che mi conoscono, sono rimasto qui, ho affrontato una città difficile come Napoli, però ho un altro carattere: se tu non ti metti con me, sono io che mi metto con te, nel senso che la mia generosità non pretende mai qualcosa in cambio. Io credo che se ognuno di noi potesse seminare senza chiedere nulla in cambio verrebbe fuori un raccolto straordinario. Cosa è che va contestato? L'apparato politico, ma quello dipende solo da noi.

Vedremo un film di cui Carlo Verdone sarà solo regista?

Carlo Verdone: Abbiamo un contratto che contempla anche questo. Sono pronto per fare un film solo come regista e, se dovesse capitare, anche per prendere parte al film di un altro autore, come accaduto ne La grande bellezza. Però è chiaro che io nasco nella commedia e finirò nella commedia.

Temete la concorrenza di Monuments men di George Clooney, che esce lo stesso giorno del vostro film?

Aurelio De Laurentiis:
Avete citato il film di Clooney, che è un grande regista, ma si tratta di due pellicole completamente antitetiche, quindi c'è spazio per tutti. Leggevo i dati di una perdita di spettatori nell'Europa occidentale ad eccezione dell'Italia, che ha un +6% insieme a Russia e Ungheria, per cui credo che questo freno a un'emorragia continua di spettatori sia dovuto anche a una presenza di commedia. Per rispondere a chi prima parlava di fatti drammatici, la commedia nasce dal dramma in Italia, è sempre così, la capacità dei grandi registi italiani dagli anni Sessanta in poi è stata proprio quella di raccontare le cose drammaticissime attraverso la commedia. Ed è proprio attraverso le cose drammaticissime che nascono le risate che rimangono, perché sono complementari per approfondire degli argomenti che ci riguardano tutti quanti.

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