Intervista Radu Mihăileanu

Radu Mihăileanu ci parla de La sorgente dell'amore

Intervista Radu Mihăileanu
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Abbiamo incontrato a Roma il disponibilissimo e acuto Radu Mihăileanu, che dopo il grande successo del magnifico 'Il Concerto' è di nuovo in arrivo nelle sale cinematografiche con la sua nuova opera, La sorgente dell'amore. Vi proponiamo, dunque, la nostra intervista, sicuramente ricca di spunti interessanti.

Ci sembra di capire che il messaggio del film sia che se i popoli non aiutano le donne, questi stessi popoli rimangono indietro, poiché le donne sono parte integrante del progresso.
Le donne non devono essere semplicemente aiutate: piuttosto il film invita le donne a esprimere il proprio pensiero e a farsi valere, perché se lo meritano. Non è un film contro la religione, ma contro il fondamentalismo e le folli interpretazioni, che vogliono la donna come fonte del male perché ha istigato l'uomo con la 'mela'. Quello che è fondamentale è che ovunque le donne acquisiscano i diritti necessari per partecipare attivamente alla vita politica e amministrativa, o altrimenti il mondo moderno potrebbe andare incontro allo smarrimento. È un po' di questo che parla il film.

Il film afferma sul finale che “La sorgente della donna è l'amore; la sorgente della donna è il suo uomo.” È chiaro che la lotta di cui si parla nel film non è all'uomo, ma è per la semplice indipendenza delle donne. Ma ci chiarisca meglio la frase, perché sembra di tornare al punto di partenza, ad una sorta di dipendenza, una sottomissione della donna all'uomo.
La lotta narrata nel film, difatti, non è contro l'uomo come essere umano, ma contro la stupidaggine della visione maschilista. È a favore dell'equilibrio di forze maschili e femminili. L'equilibrio è la fonte dell'amore, e di conseguenza della vita.

L'utilizzo della musica nei suoi film è importante: è come se fosse un vero e proprio personaggio. Che approccio usa per 'caratterizzarlo'?
È vero, la musica in tutti i miei film riveste un'enorme importanza. Amo moltissimo la musica, è la forma di espressione artistica più vasta e immediata che c'è. E la musica è importante anche per la connotazione di un popolo. In questo film la tradizione ha una certa importanza, e con essa la musica, che esprime tradizione e attualità al contempo. Il canto e la musica sono anche una forma indiretta per non offendere gli interlocutori pur parlando di qualcosa di importante. Quindi utilizzandola volevo da un lato esprimere la gioia di vivere, di cantare insieme, che noi occidentali abbiamo forse perso e dall'altro questa volontà, questo particolare tatto di trovare un modo per non offendere l'interlocutore pur proclamando una verità.

Lei è abile nel mixare commedia e drammaticità nei suoi film. Questa nuova pellicola è forse meno ilare de Il Concerto, ma questa sua alternanza è comunque sempre vivida. Qual è la ricetta per questo felice connubio, così difficile da vedere in molte opere ma in cui lei riesce così bene?
[ride] Non ho una vera e propria ricetta. Forse bisognerebbe ringraziare Ceausesku che ha fatto sì che io crescessi sotto la sua dittatura e quindi in un ambiente, in un'atmosfera, drammatica e pericolosa. Tuttavia, per sdrammatizzare ci trovavamo sempre a scherzare, a riderci sopra: è una reazione naturale dell'uomo, una sorta di forma di difesa che aiuta a superare queste situazioni. Ho poi scoperto che anche i prigionieri dei campi di concentramento si comportavano così. Più i carcerieri cercavano di svuotarli della loro umanità e più loro la affermavano tramite l'umorismo. Tutti i miei film partono da un elemento tragico, ma poi mostrano che l'essere umano ha la risorsa della propria gioia di vivere innata, che gli da' modo di reagire alla morte, alla barbarie, alla stupidità. È la vita che presenta questo dualismo ed è anche così che io vedo le cose dal mio punto di vista, un po' pessimista ma anche al contempo ottimista, riguardo alle nostre possibilità.
Vi faccio un esempio di questa mia visione della vita, che secondo me contempla il lato buffo anche nella stupidità e nella tragedia. Quando ho fatto il servizio militare, l'ufficiale istruttore una volta ci disse di imparare a distinguere, in caso di necessità, tra due tipi di bombe atomiche, per le quali c'erano più probabilità di sopravvivenza sdraiandosi, a seconda dei casi, con la testa o con i piedi in avanti. Chiaramente è una cosa insensata: in caso di lancio di un'atomica non potremmo certo riconoscerla 'al volo', e sdraiarsi in un modo piuttosto che un altro cambierebbe ben poco. L'idiozia, così, alimenta la comicità, che combatte la tragedia.

Questo film è più realistico, più drammatico dei precedenti, in molti casi. Una scelta voluta o obbligata?
In realtà il film ha presentato naturalmente delle difficoltà, tra cui la mia volontà di restare in un ambito realistico e rispettoso, senza deformare la cultura d'origine come capita in molti film. Ma d'altro canto volevo un racconto che decollasse. La storia è ispirata a un fatto vero, ma non è facile parlarne in modo realistico perché è sicuramente una storia particolare: come ad esempio in 'Vai e vivrai' ho dovuto alternare realismo e respiro epico.

Il film, come abbiamo detto, è realistico nel suo approccio, ma ha riferimenti da fiaba, come dopotutto è riportato anche nell'incipit e nei vari riferimenti a Le Mille e una Notte. Ci spiega meglio il riferimento a questo classico?
Le Mille e una Notte è stato un essenziale testo di riferimento per due ragioni: la prima per ricordare la grande e millenaria cultura araba popolare, con la sua sensualità che si esprime in tantissimi ambiti culturali arabi, dalla letteratura alla danza fino ad arrivare al cibo; l'altra ragione è la metafora diretta della storia alla base dell'opera, secondo la quale il sultano non uccide Shéhérazade a condizione che ogni notte ella gli racconti una storia che sia di suo gradimento. Shéhérazade ha il potere di procrastinare un destino infausto e di prendere in mano il suo futuro, se solo lo vuole, ed è il messaggio che voglio condividere con tutte le donne. Le donne devono avere il coraggio di rendersi consapevoli del potere della propria parola, che può essere salvifico per loro stesse e per l'intera umanità.

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